mercoledì 9 dicembre 2015

ho un’immagine di me a quattro anni, in cortile, con un cappotto da femmina* e un passamontagna rosso.
fosse stato adesso, avrei potuto essere scambiato per un terrorista islamico nano, con la cintura esplosiva sotto il cappotto. ma erano altri tempi e con tutta probabilità mi scambiavano per una brigatista nana.
credo che l’idea fosse proteggermi dal freddo, come se da un momento all’altro dovessi partire per la campagna di russia, e preservarmi da ogni male.
ovviamente sono diventato uno di quei bambini che, per non sbagliare, prendeva ogni malattia possibile: broncopeste, malaria, tisi, malattie esantematiche, raffreddori cronici, tonsille arroventate, otiti e laringiti a giorni alterni: i virus, probabilmente, tenevano delle riunioni in cui magnificavano i vantaggi che avrebbero ricevuto nel frequentarmi.
questo ha giovato molto alla mia cultura enciclopedica, ma molto meno all’irrobustimento del mio fisico.
nonostante abbia praticato molto sport, universalmente considerato un naturale antidoto alle malattie (non so bene su quali basi), con il tempo, non è che le cose siano cambiate granché: la mia coordinazione motoria è tuttora decisamente superiore alla media, ma il mio fisico resta gracile e delicato, e ho continuato a collezionare nuove e appassionanti sfide con diverse discipline mediche.
per ovviare parzialmente allo stato delle cose, ho dato una svolta netta alla mia alimentazione, passando all’uso dello zucchero di canna.
lo zucchero di canna è diventato per me uno strumento insostituibile per una corretta alimentazione, indispensabile per una vita sana e felice, e per nessun motivo al mondo potrei ritornare allo zucchero raffinato.
l'apporto fondamentale che lo zucchero di canna dà alla mia salute fisica e mentale si può riassumere con un'unica argomentazione: a prima vista, riesco a distinguerlo dal sale.


* quello passava il convento. è quella linea sottile fra l'essere poveri e l'essere trendsetter

mercoledì 25 novembre 2015

ho portato la macchina a rifare la frizione.
la prossima volta la porto da un parrucchiere, che mi costa meno.
due giorni dopo, mentre seguo da non troppo vicino una daewoo targata glarona, nell’abitacolo comincia a sprigionarsi un deciso odore di chiacchiere* e si materializza al mio fianco un’entità pandimensionale travestita da mediano del ferencvàros che mi preconizza l’arrivo di un fronte freddo.
il mattino dopo, mentre sto cercando il raschietto per il ghiaccio sul parabrezza, si materializza la stessa entità, solo che ora ha assunto le sembianze di un inuit ubriaco di birra giapponese che mi indica ridendo e mi saltella intorno continuando a urlare “asahi paraflu”.
io capisco che l’universo non è un luogo ospitale, specie da novembre a maggio.
non è solo una questione di latitudine: secondo pavel izmailov**, docente di strutture dissipative e processi irreversibili presso la pacific university di anchorage (alaska), la vita si è sviluppata in un universo inospitale e si è adattata a delle pessime condizioni solo perché è molto testarda e non è abituata a pensare sul lungo periodo (in realtà non è abituata a pensare affatto). questa mancanza di razionalità iniziale è decisiva, se solo si fosse fermata un attimo a pensare, avrebbe lasciato perdere.
la sera torno a casa, mi metto in spalla in calorifero (i caloriferi a zaino della eastradiator, mi sento di consigliarli), controllo che non ci siano ufi sotto il letto e mi chiudo nell'armadio.


* le chiacchiere non sono quelle che si fanno fra amici: questo blog ha un tasso massimo di surreale che per contratto non può superare. la parola chiacchiere si riferisce ai dolci tipici di carnevale che voi chiamate bugie se venite dalla liguria, cenci o strufoli se venite dalla toscana, cioffi se venite dall’abruzzo, frappe se venite da roma, galani se venite dal veneto, meraviglias se venite dalla sardegna, kwqjyqqerwtrsk se venite alpha centauri (è un dolce molto più comune di quanto crediate).
** da non confondere con l’omonima canzone di mell tillis

giovedì 5 novembre 2015

insomma, è ora di smetterla con questi stranieri, prendiamo atto che non possiamo accoglierli.
ormai siamo al collasso, si accalcano alle nostre frontiere, intasano le nostre strade, occupano i nostri parcheggi.
certo, fuggono dalla tristezza delle loro terre, ma non possiamo farci carico di tutti, basta con questa invasione di svizzeri e tedeschi liberi per le strade oltre frontiera.
che a me gli svizzeri e i tedeschi stanno un sacco simpatici, che, solo per fare un esempio, trasmettono lo sport, ma proprio tutto lo sport, e ci hanno telecronisti intelligenti, tipo nicolò casolini e christoph fuss, e chiunque abbia mai sentito un telecronista italiano sa cosa intendo.
e poi sono quasi tutti educati, mica voglio parlarne male.
però alla fine ti drogano il mercato, che sono disposti a pagare settecento euro un etto di prosciutto crudo e trentacinque euro una bottiglia di vino, e allora nei nostri supermercati i prezzi si adeguano alla domanda.
e li comprano pure se il prosciutto crudo in realtà è fatto con il tamburato della brianza e il vino è imbottigliato da una cantina sociale del burkina faso, così oltre ad avere prezzi proibitivi, la qualità dei nostri supermercati tende leggermente verso il basso.
ma soprattutto sono leeeeeeeeeenti.
che tanto loro stanno in ferie o in pensione, che gli frega.
invece tu arrivi alla cassa (che adesso il carrefour ha fatto questa cosa intelligentissima che la fila è unica, ti dicono loro dove devi andare, e non puoi scegliere tu, perché così “la fila è più rapida e mai più nessuno ti passerà davanti mentre sei in coda”), e ti trovi davanti una coppia del baden-württemberg che ha comprato così tanta roba che la densità nel carrello è tipo quella di una stella di neutroni, e in prossimità del carrello si curva lo spazio tempo.
e non hanno ancora messo niente nel nastro trasportatore della cassa perché non hanno ancora deciso se vogliono dei sacchetti e quanti, ma soprattutto perché non hanno idea di come si dica sacchetti in italiano.
allora la cassiera, che è abituata ad avere a che fare con i turisti stranieri, che qui alla fine ci sono solo turisti stranieri, per agevolarli gli dice "avete mica la tessera?"
loro sorridono, annuiscono, e rispondono "quattro, grazie".
la cassiera, comprensiva, dice "no, la tessera è una sola, possibile che non ce l'abbiate? non è che putacaso vorreste farla?"
e a questo punto inizia un dialogo serrato che può durare anche delle mezz'ore, e tu improvvisamente capisci dove deve aver preso l'ispirazione samuel beckett.
nel frattempo tutti quelli che erano dietro di te nella intelligentissima fila unica hanno già pagato, sono già usciti dal supermercato e alcuni stanno anche già cenando a casa, mentre tu sei lì, dietro i tedeschi, con una confezione da sei di acqua naturale e due spinacine, fino a che le altre cassiere smontano dal turno e il supermercato chiude con te e i tedeschi dentro.

venerdì 23 ottobre 2015

esco dall’ufficio e vago per le vie del paese in cerca della macchina.
da quando sono diventato socio di maggioranza e amministratore delegato di amnesy international, devo mantenere un ruolo istituzionale ben preciso.
durante il giorno alterno tentativi di suicidio mediante freecell con dei cicli di studi su una setta di albigesi medievali, che sopravvissero alle persecuzioni fronteggiando e respingendo le truppe cattoliche e per questo vengono chiamati dagli storici i catari frangenti.
per il resto, mi accorgo che sta arrivando il freddo perché al supermercato un giapponese travestito da inuit cerca di vendermi della birra urlando “asahi paraflu”, e all’ultimo controllo degli esami del sangue mi hanno estratto del freon.
mi sto convincendo di essere diventato ectotermo.
la sera arrivo a casa, accendo il camino, metto sullo stereo i capolavori di astor piazzolla (libertango, lexotango, orangotango) e mi infilo nella lavastoviglie.


leggendo qua e là, sull’internes, mi accorgo che sta per uscire questo libro. io non l’ho ancora letto, ma voi, sulla fiducia, compratene una copia

lunedì 21 settembre 2015

esco sul balcone dell’ufficio mentre i tecnici stanno installando la nuova cascata modello niagara falls, ma hanno un problema con la corrente.
rientro, e c’è philipp kohlschreiber* travestito da nano da giardino che mi sorride da dietro la fotocopiatrice. poteva andarmi peggio.
verso sera chiudo l’ufficio e torno a casa sotto il diluvio, grato all’universo per il clima gioioso ma soprattutto per il fatto di non avere un ombrello.
quindi salgo in auto grondante acqua come neanche nadal dopo una semifinale a flushing meadows**, arrivo sotto casa, spengo lo stereo e rimango in auto, aspettando che smetta di piovere.
dopo tre ore prendo in considerazione l'idea di bagnarmi.
dopo sei ore mi guardo in giro per vedere se trovo noè, e se in caso ha un ombrello da prestarmi.
dopo nove ore provo a farmi crescere le branchie o, in alternativa, trasformarmi in un organismo euribate.
dopo dodici ore mi viene sonno e mi abbiocco sul sedile.
dopo diciotto ore mi sveglio e constato che ancora non mi sono cresciute le branchie
alla fine giro l’auto e torno in ufficio

*per i tedeschi è semplicemente “kohli”, per tutti gli altri “escherichia kohli”
** ma meno ossessivo compulsivo


interno notte. buio. la tv è sintonizzata sulla rsi che trasmette la telecronaca di andrea mangia di fiorentina basilea

andrea mangia: i renani ora sembrano più reattivi
xx: chi sono i renani?
io: dei sovrani molto bassi
xx: …

giovedì 3 settembre 2015

non sarò certo io a dovervi spiegare che spazio e tempo non sono assoluti, ma dipendono dal sistema di riferimento dell’osservatore.
il mio sistema di riferimento insiste che è sabato. da più o meno sei settimane.
secondo alcuni fisici contemporanei, lo strumento matematico che consente il cambio di sistema di riferimento sono le trasformazioni di lorentz (in cui lorentz può assumere i valori di: matematico, giardiniere, numismatico, scoiattolo, mazinga zeta, mazinga altre lettere dell’alfabeto, suricato, divinità egizia, casalinga, rosa luxemburg, re di roma), ma sfortunatamente ora lorentz è in ferie.
però al suo posto c’è clara zetkin che distribuisce opuscoli informativi sulla seconda internazionale, in cui si prevede l’esonero di mancini e una trattativa per acquistare karl liebnecht da far giocare all’ala sinistra.
nel frattempo il mio cervello è impegnato in una sessione di lotta svizzera sul brünig mentre il mio corpo rimane in uno stato quantistico, fino a che non vengo misurato. a quel punto collasso sul divano.
fuori piove da due giorni, alternando temporali a spaziotemporali.
secondo alcune indiscrezioni, non dovrebbe smettere prima di marzo.

mercoledì 22 luglio 2015

io ed alcuni ufi di passaggio stavamo disquisendo dell’utilità di gente come astronauti, fisici teorici, astrofisici, nell’economia del pianeta terra.
voglio dire, tutti quei soldi sprecati per gente che va nello spazio solo perché ancora non è capace di andare nel tempo, gente che passa una vita intera a cercare il bosone di higgs, quando basterebbe stare più attenti a dove si mettono le cose, gente che manda una sonda su plutone quando evidentemente bastava inviare un sms.
insomma, gente che distrae tempo e risorse da quel grande progetto di estinzione della specie che homo sapiens sta portando avanti da secoli con grandi sacrifici. è quantomeno irrazionale.
poi finalmente ha smesso di piovere ed è arrivato il caldo (qui dura una settimana, tipo).
io cammino garrulo per le strade in pantaloncini e maglietta, socializzo con i cavedani durante brevi bagni al lago, e in genere sono felice così (a parte un tardo pomeriggio in cui ho cercato di inumarmi in un fusto della birra. ma non sono del tutto sicuro avesse a che fare con il caldo), perlomeno finché dura.
l’unico problema è che ultimamente non riesco a far capire a piccettino alcune regole base della normale convivenza civile e abbiamo iniziato una disputa sotterranea per la conquista del territorio.
non sono molto certo di poter vincere, anche perché io e un team di esperti comportamentisti siamo convinti che l'autorità, perché sia realmente efficace, non deve essere imposta, ma negoziata.
quindi vado su da www.usefultools.com e mi scarico una subroutine weberiana chiamata "carisma" direttamente nella ghiandola pineale. poi provo a installarla ma mi dà sempre errore di sistema.
per consolarmi la sera giro per le fiere e mi diletto con pratiche divinatorie leggendo il futuro nei fondi dell’autan.

mercoledì 24 giugno 2015

mi sveglio e sono insolitamente felice. forse perché il sole splende, forse perché per un po’ ho finito di farmi bucare varie ed eventuali parti del corpo ma forse anche perché ho passato i quarti di finale ai campionati di bestemmia creativa contro un ragioniere di oslo.
è un ottimo risultato per chi non è competitivo (se sei molto competitivo viene più facile, perché quando stai perdendo in genere ti arrabbi molto).
capisco che ad alcuni animi poco sensibili l’idea dei campionati di bestemmia creativa possa sembrare una cosa orribile, monotona e, in ultima analisi, blasfema.
niente di più lontano dalla realtà: i campionati sono molto vari e divertenti (ci sono moltissime divinità da insultare), si socializza molto, c’è da bere e comunque in genere nessuna divinità se la prende ad essere insultata.
voglio dire, è una divinità, no? mica si fa mettere in crisi da un essere insignificante qualsiasi, sennò che divinità sarebbe?
è un po' come se io sfottessi messi per come gioca a calcio

- leo, il tuo dribbling fa schifo
- oh no, mi hai ferito, ora vado nella mia cameretta a piangere! ma prima farò in modo che tu passi l'eternità in un campo da calcio in asfalto dove subirai falli da pasquale bruno fino alla fine dei tempi

siamo seri, su.
in effetti in realtà moltissime divinità si divertono. insomma, chi può apprezzare la creatività più di una divinità? ognuno di loro si è cimentato con una creazione, prima o poi.
certo, può essere che a volte alcune divinità in effetti se la prendono, ma questo significa solo che devono ancora lavorare molto sulla propria autostima.

ad essere sincero, lo spunto per questo grandissimo exploit (il ragioniere era molto quotato dai bookmakers) me l’hanno dato le persone che sono scese in piazza in difesa della famiglia naturale, così come voluta da dio.
allora ne approfitto per ringraziarli e dire a queste persone un paio di cose.
prima di tutto fate pace con il cervello: o è voluta da dio oppure è naturale. sono due cose diverse, a meno che non sosteniate che dio e la natura sono la stessa cosa. ma se il vostro parroco sa che siete spinoziani secondo me non la prende bene.
la seconda cosa che volevo dirvi è che mi sembra chiaro che su questo pianeta abbiamo un problema con la natura (in effetti chiamiamo “tonno al naturale” una scatoletta, non so se mi spiego).
allora vi farò una breve lista di alcune cose che non sono naturali:
i vestiti, gli occhiali, le automobili, gli ascensori, i computer, i coltelli, i soldi, i matrimoni (ebbene sì: a differenza di quanto credono alcuni, in milioni di anni di processi evolutivi nessuno ha mai visto crescere spontaneamente atti di matrimonio su piante di matrimonio).
se le cose innaturali vi innervosiscono, sono sicuro che troverete alcune caverne di montagna in cui inoltrarvi, coperti di pelli di animali, senza che nessuno vi infastidisca.
volevo però informarvi che la natura è una cosa molto complessa, e prevede la possibilità per gli esseri viventi di accoppiarsi sessualmente (o anche asessualmente) in molte maniere differenti, e che gli esseri umani sono naturalmente attratti da altri esseri umani, indipendentemente dal loro sesso.
quindi forse dovreste prendervela con la natura (o con dio, al limite), e in questo modo vi state tirando doppiamente la zappa sui piedi (zappa che in natura non esiste, comunque, quindi forse è occhei).
l'ultima cosa che volevo dire a queste persone è che, detto questo, preferirei comunque non avere mai a che fare con loro. certo, se mi rispondessero, se provassero a convincermi di aver ragione, forse arriverei alla finalissima molto facilmente. ma nella vita bisogna anche saper perdere.

mercoledì 17 giugno 2015

il meteo di questi giorni (la meteo, se siete svizzeri) alterna piogge a forti temporali con piogge violente, oppure brevi temporali di media intensità con piogge nella norma (un’opera di bellini) alternati a tempeste dove tutto piove in orizzontale (tranne i fulmini, che piovono un po’ come pare a loro), con alcune brevi pause di mezz'ora in cui smette di piovere e l'umidità ne approfitta per bussarti alla porta di casa e chiederti se hai da accendere, e dopo dieci giorni così non vedo l'ora di rifugiarmi in una foresta pluviale per avere un po' di clima secco e soleggiato. (lo so, è un periodo brutto e lungo. in effetti dura da dieci giorni, volevo rendere l’idea).
tutto questo mi ricorda che recentemente ho visitato un nuovo continente, per la precisione il terzo, in ordine di visita.
per chi non lo sapesse: comunemente è accettato che i continenti siano cinque.
gli studiosi in genere concordano di ignorare altre terre emerse o perdute, che alcuni chiamano continenti, come: la zona dei ghiacci australi (antartide), la zona detta dei deagostini (atlantide), la zona delle mucche (mu).
ci sono andato per un convegno su reti internet e autocrazia, organizzato da un gruppo di ufi rotanti* intitolato significativamente “l'header maximo”.
ci troviamo il mattino presso il molo di kadıköy, e usiamo un tool di monitoraggio del trasporto pubblico su nave fra le due rive del bosforo (i ferry del mestiere) per valutare il flusso passeggeri come un sistema caotico che inspiegabilmente si stabilizza intorno ad un attrattore strano a forma di gatto.
nel tardo pomeriggio degli ufi concorrenti mi abducono** una gamba, con il risultato che, ovviamente, cado.
perdere sangue sulle mura di costantinopoli in altri tempi sarebbe valso una medaglia, o per lo meno il comando di una goletta. oggi si vince al massimo del disinfettante e una pomata antibiotica, io ve lo dico.
a causa di questo incidente, decido di ritirarmi dal congresso e passo del tempo a girovagare per la città.
capisco che per la ricerca scientifica questo possa essere un brutto colpo ma, come dice il proverbio, chi è causa del suo mal pianga i primitives.


* è una confraternita esoterica dell’ufismo (in arabo “tasavvuf”).
** non dovete confondere abdurre (italiano) con abduction (inglese). la confusione dei due termini può generare incomprensioni, espressioni da vittima di rapimenti (abduck face), spostamenti di significato che causano l’effetto torre di babele*** (dal nome del re abducodonosor).
*** lo so che molti non se ne rendono conto ma, babele e babilonia, sono la stessa cosa. già non erano d’accordo sul nome, era inevitabile che succedesse tutto quel casino.

mercoledì 20 maggio 2015

esco di casa verso le otto, ci sono 10 gradi e il cielo è coperto ma, se devo dire la mia, non è l’unico che ha freddo.
salgo in auto, accendo lo stereo, giro la chiave di avviamento.
il motore parte con un suono sommesso, esita qualche secondo, perde potenza (ma probabilmente vince campobasso), poi si spegne soddisfatto.
dallo stereo parte old dan tucker dal tributo di bruce springsteen a pete seger, che infonde entusiasmo. io rimango dubbioso, ma mi fido di bruce e penso che valga la pena fare un tentativo.
provo a riaccendere.  il motorino di avviamento gira, ma l’auto non parte.
provo a riaccendere.  il motorino di avviamento gira, ma l’auto non parte.
provo a riaccendere.  il motorino di avviamento gira, ma l’auto non parte.
incomincio a pensare di avere un problema.
sfoglio mentalmente il calendario delle divinità disponibili, ma mi tengo sul vago.
provo a riaccendere.  il motorino di avviamento gira, ma l’auto non parte (ad libitum).
prendo il cellulare per chiamare un meccanico, il capo, la nasa (ok, la nasa forse è esagerato, ma meglio essere prudenti).
lo sfondo del cellulare mi guarda interrogativo ma il cellulare non parte.
incomincio a pensare di avere due problemi.
rivaluto quella cosa delle divinità, poi spengo il telefono e riaccendo. fortunatamente il telefono si riprende (ha una telecamera).
chiamo il meccanico.

io - la macchina non parte, il motorino gira ma niente
meccanico - da come descrivi la cosa è sicuramente la pompa della benzina, bisognerà cambiarla
io - occhei, quindi?
meccanico - eh, porta qui la macchina, no?
io - …

valuto quanto ci vuole a fare 10 km a spinta, cerco di convincere un gatto a trainarmi, poi chiamo il call center dell’aci.

il cortesissimo ragazzo del call center aci mi chiede nome, cognome, numero di tessera aci.
poi l’età dell’auto, il modello, i km percorsi totali, il ricovero notturno, l’allestimento, il colore dei sedili, cosa indosso in quel momento (ehi, non sono abbinati!), le previsioni del tempo, lo schema tecnico e la posizione attuale di voyager 2 (lo sapevo che dovevo chiamare la nasa).

io - le servono veramente queste cose per mandarmi un carro attrezzi?
call center aci - in realtà no, ma ce li fanno chiedere per tenerci attivi
io - …
call center aci - dove le mando il soccorso?
io - come cercavo di spiegarle mezz’ora fa, a casa mia
call center aci - comune?
io - non ha a schermo la mia anagrafica?
call center aci - sì, ma poi la telefonata si abbrevia
io - …
call center – va bene, ho fatto. riceverà un messaggio che le dice a che ora arriva il carro attrezzi
io - ok.

due minuti dopo ricevo un sms che mi dice che è stato bello parlare con me, e che il carro attrezzi arriverà alle 9.39.
infatti il carro attrezzi arriva puntualissimo alle 11.05.
io arrivo in ufficio giusto in tempo per la pausa pranzo, poi mi dedico ad attività improduttive per il resto della giornata.
se vogliamo vedere il risvolto positivo della faccenda, a fine serata ho camminato un sacco a piedi, e il meccanico mi ridà l’auto funzionante (anche se esala un lieve odore di benzina che immagino evapori entro il 2017).
se vogliamo vedere quello negativo, il meccanico per ridarmela ha voluto un sacco di soldi.


mercoledì 13 maggio 2015

l’illuminazione richiede tempo, gran parte del quale passato ad aspettare gli operai dell’enel
(manifesto, punto 2)

io e il mio maestro di visione alternativa (un coniglio che abita in una vetrina qui vicino e ama indossare l’eskimo) stiamo cercando di acquisire dei grafici di un sistema caotico da visualizzare nello spazio delle fasi.
esistono molti modi possibili di acquisire dati sui sistemi lontani dall’equilibrio, ma pare che quello di più facile attuazione sia sgambettare i turisti tedeschi che passeggiano per il mercato.
è un lavoro ingrato, ma nessuna ricerca è mai stata portata a termine senza sacrifici.
l’obiettivo è implementare delle nuove metodologie scientifiche in grado di svecchiare l’insegnamento nelle scuole.
secondo jonas karvesson, docente di storia della filosofia alla mittuniversitetet di östersund (ma solo durante la pausa estiva, il resto dell’anno lo passa a fare delle importantissime ricerche nei bar sulle spiagge di fuerteventura) molti manuali di studio andrebbero rivisti alla luce delle nuove ricerche scientifiche.
karvesson riporta l’esempio classico per cui alcuni libri di testo riportano il curioso aneddoto per cui gli abitanti di königsberg regolavano gli orologi sulla passeggiata mattutina di immanuel kant.
secondo gli studi di karvesson, la maggior parte degli abitanti di königsberg non aveva affatto un orologio.
per questo motivo, con il consueto spirito pratico prussiano, hanno costruito un sistema olistico formato da strada, casa, carrozza a cavalli con filosofo incorporato affinché segnasse il tempo.
il che significa che kant non era un essere umano, ma semplicemente un ingranaggio dell'enorme orologio progettato da hans blumberg, borgomastro di königsberg, perché i suoi concittadini potessero sapere l'ora.
se ci fate caso, infatti, immanuel kant viene rottamato dopo la costruzione del nuovo campanile di königsberg, nel 1804.

martedì 21 aprile 2015

finalmente è arrivata la primavera. le piante mettono i fiori, le strade mettono le mercedes dei tedeschi, e il termometro della farmacia segna 35 gradi.
ma chissenefrega, il termometro della farmacia è rotto da due anni.
per celebrare degnamente il ritorno della bella stagione, mi sta colando dal naso anche il cervello (o perlomeno come se ne avessi uno) e io starnutisco come se ci fosse un domani, ma fosse pieno di pollini.
provo a chiedere un breve consulto a un branco di cavedani che passano di lì per caso, ma tutto quello che ottengo è che nuotino in modo da formare la scritta “bella zio, ti saluta enki”*.
verso sera una delegazione di ufi venuta a negoziare una partita di idromele mi chiede se può parcheggiare l'astronave in giardino (pare ci fossero problemi con le pastiglie dei freni di uno sprinter**, ma sospetto sia un modo per evitare l'alcol test intergalattico).
visto il nobile scopo decido di assentire e, siccome il saggio dice che nessuna buona azione resterà impunita, il pomeriggio del giorno dopo mi esplode il pc di casa (che in realtà è (era?) un pc portatile. forse è solo che non sapeva come definirsi e ora è entrato in terapia. non è facile non avere un’identità) (non è facile neanche usare le parentesi, se è solo per quello).
dopo aver messo in dubbio le virtù di una nota popstar statunitense e la competenza operativa di alcune delle maggiori divinità del pianeta, scelgo una linea di basso profilo e recito alcuni nam shub di tranquillità, tipo “ci resto di stucco, è un barbatrucco” e “sopra la panca la capra avvampa, sotto la panca la crepa arranca”*** prima di inumarmi dentro una vasca di antistaminico.


* gli adepti di enki ultimamente hanno preso una piega piuttosto modernista
** non credo serva spiegarvi cos’è un sprinter, ma posso dirvi che si tratta di un modello piuttosto datato, il carliuis
*** se non siete abituati alla meditazione è pericoloso, non fatelo a casa. poi non dite che non ve l’avevo detto

mercoledì 8 aprile 2015

verso le sette e trenta del mattino mi sveglio perché il vento di tramontana sta bussando alle finestre. lo trovo incredibilmente maleducato da parte sua.
io e martina navratilova attiviamo l'ecoscandaglio interstellare alla ricerca di forme di vita intelligenti o, in alternativa, anche solo comprensive. è un programma di ricerca che funziona come il seti (diminutivo di "se ti becco") ma è rivolto anche a un target planetario, per lo più non umano.
una delle linee guide dei protocolli attuativi prevede ifnatti l'estinzione di homo sapiens come unica via alla serenità dell'universo.
dopo colazione scelgo il mio superpotere quotidiano da sfoggiare all'evenienza (quello di oggi è: poter svenire tranquillamente quando ne sento il bisogno) ed esco per andare in ufficio.
l'unica consolazione della settimana lavorativa è il corso di atarassia motivazionale  (è l'unico corso in cui chi non frequenta ottiene una promozione al livello avanzato, nel frigorifero del ristorante bar barchet*).
il corso è tenuto il mercoledì dalla reincarnazione del maestro beda (detto "il venerabile", poiché amante di un liquido basico di colore verdognolo prodotto dal fegato) presso il monastero di san paolo a vermuth**.
nella sua vita precedente, il venerabile beda è stato maestro di ikebana neuronale, ma fu osteggiato da una frangia oltranzista del gattolicesimo locale, che ha emanato una formale condanna di alcune dottrine radicali come l'unità dell'intelletto agente, l'eternità del mondo, e l'eternità dell'attesa al call center trenitalia, tesi poi passate alla storia come le proposizioni beda-bloccanti.
nel caso vi interessi, la posizione filosofica dell'attuale incarnazione del maestro beda (che lui stesso sostiene essere una pallida e perfettibile immagine di quella che dovrà venire e quindi una sorta di "versione-beda") è che la filosofia non risolve i problemi, li abita. ma se è prima casa non ci paga l'imu.


* tripadvisor lo classifica come ristorante difficile da raggiungere, ma famoso per non discriminare i balbuzienti
** i monaci, talvolta, hanno una visione del mondo sorprendentemente moderna

giovedì 19 marzo 2015

è un periodo che ho questa idiosincrasia per i false friend che mi ritrovo ovunque, tipo quando i telecronisti (specie nel rugby, ma pure nella pallavolo) usano "prova a contestare la palla", che io mi immagino sempre il giocatore che si mette in piedi e comincia "eh no, signora palla, non è il modo di fare questo, ma guardi, non si permetta", ma sento che in questa specifica battaglia di civiltà non ho l'approvazione dell'universo.
in nessuna, veramente, ma chi sta a contare.
la mattina mi sveglio e inspiegabilmente, non piove.
in compenso il mio apparato respiratorio è congestionato come la salaria all'ora di punta e io respiro come darth vader, ma perlomeno ho il vantaggio di non avere il casco.
è una sindrome influenzale che inizia il giovedì e finisce la domenica, credo sia una variante settimanale della febbre terzana, che mi permette di entrare in sintonia con il creato e induce fenomeni di glossolalia, ma solo applicata alle bestemmie.
saluto il team di esperti del cern di ginevra che mi segue da tre giorni (sono coinvolto in un esperimento scientifico volto a vagliare la possibilità di rinominare l'effetto pauli* come effetto eddie) e mi avvio garrulo verso l'ufficio.
sulle scale incontro alano di lilla travestito da signora delle pulizie in versione etnica (non capisco quello che dice, in compenso ha la tabella dei caratteri unicode appesa al collo e li indica alternativamente con lo spazzolone; fa l'effetto di una seduta spiritica teosofica, ma funziona) e parliamo del più e del meno, ma anche di altre operazioni matematiche a caso.
per un po' parliamo del tempo, poi del tempo supplementare della partita di champions, poi del tempo come categoria a priori kantiana, poi del tempo nella relatività speciale einsteiniana e della perdita dei concetti di causalità e contemporaneità nell'economia delle equazioni fondamentali dell'universo, poi del tempo come misura di processi irreversibili, perlomeno finché non finisce l'effetto dell'ammoniaca.
la sera torno a casa, metto sulla tv la maratona law and order, e cerco di suicidarmi affogandomi nel tachiflu.

* l'effetto pauli, al contrario di quello che crede la maggior parte degli svizzeri, non è quello che ti costringe a parlare come pauli schönwetter, e non va confuso con il principio di esclusione di pauli, che si riferisce invece a quando i suoi amici evitavano di invitarlo alle feste

venerdì 6 marzo 2015

please disappear here
io e alcuni membri dell'associazione "fuori di tesla" ci stavamo alternando* in alcuni studi di dinamica dei flussi in un dim sum di den haag quando avverto una perturbazione nella forza, come se milioni di siu mai gridassero terrorizzati e a un tratto si fossero zittiti.
questo mi porta ad alcune riflessioni sulle interconnessioni fra cibo, monosillabi e e dinosauri** che mi terranno occupato per qualche tempo.
nel frattempo, mi sto immergendo negli studi di cimatica: ho installato un tonoscopio di janny nel lavandino per captare la morfogenesi delle vibrazioni ambientali.
una delle scoperte più importanti è che quando qualcuno suona il citofono, sulla membrana del tonoscopio appare darth vader.
ho deciso che dovrei brevettare un paio di accorgimenti che ho usato per migliorare la morfogenesi dei suoni, ma potrebbe nascere qualche intoppo, visto che una cordata di giapponesi ha appena lanciato un'opa sul mio cervello.
qualche giorno dopo, in una bier fabriek di wezen, nella costellazione del cane maggiore***, mi imbatto in un esponente dell'esistenzialismo quantistico, in pratica una corrente esistenzialista innestata sull'immortalità quantica postulata dall'interpretazione a molti mondi della meccanica quantistica.
l'assunto di base è che non solo la vita è uno schifo, ma provate ad organizzare un suicidio quantistico, se ci riuscite.

* non poteva essere altrimenti
** questa cosa di pensare che il cervello funzioni in maniera lineare non vi porterà da nessuna parte
*** è stata recentemente proposta una promozione per meriti sul campo, e presto potrebbe diventare la costellazione del cane tenente colonnello


lunedì 23 febbraio 2015

esco dall'ufficio che sto litigando con me stesso. 
il che è oltremodo fastidioso, perché riesco a perdere anche quando litigo da solo.
dunque, ho messo il mio nuovo telefono in carica. è al 44%, e mi dice testualmente "in carica" fin qui tutto bene. poi aggiunge "18 ore al termine".
io credo di avere un problema.
ma non con il telefono, pensavo più con l'universo.
nel frattempo ho finito le divinità.
se avessi un soldino per ogni insulto a divinità più o meno famose sul pianeta terra (da àtrantor a zoroastro, anche se non in rigoroso ordine alfabetico: ho anche io le mie preferenze) probabilmente sarei sulla copertina di forbes tutte le settimane (lo so che è bisettimanale, sennò era troppo facile).
le quattro soluzioni che mi vengono proposte sono: 1. rimandare indietro il telefono, 2. andare in assistenza*, 3. andare a lourdes, 4. lasciare che si scarichi completamente e ricaricare, per due volte di fila.
ovviamente provo la soluzione più sensata delle quattro (l'ultima: le altre tre prevedono che rimanga senza telefono per un periodo indeterminato di tempo ma, inspiegabilmente, vorrei evitare) e incredibilmente funziona.
ho sempre pensato che lavorare nell'ingegneria informatica moderna lasci sempre uno spazio aperto al pensiero magico: sai che alcune cose funzionano, anche se non hai la minima idea del perché. la fede di queste persone mi commuove.
durante i festeggiamenti valuto se mettere sullo stereo a love supreme (che è un capolavoro, ma le frequenze del sax di coltrane mi fanno vibrare l'incisivo sinistro, scheggiato durante una lezione di krav maga con un bradipo) e alla fine ripiego su un greatest hits di louis jordan and his tympany five, poi torno a farmi domande sui grandi interrogativi dell'universo tipo le motivazioni dell'esistenza del cheddar.

* credo intendessero quella del telefono, ma non ne sono del tutto sicuro

mercoledì 4 febbraio 2015

fenomenologia del furbofono (stralci e appunti)

da una settimana sono diventato un garrulo possessore di furbofono.
sono ufficialmente entrato nel terzo millennio dalla porta principale, e mi sono deciso principalmente perché mi ero rotto di spiegare a chiunque perché non ne avessi uno.
quello che ho scoperto è che praticamente i vantaggi di avere un furbofono sono che posso registrare martina navratilova, farmi i selfie con piccettino e mettere come schermata iniziale del telefono la scritta "sogno o son desktop", e questo temo la dica lunga sulle potenzialità dei furbofoni in generale.
in ogni caso non vi dovete immaginare selfie in pose scomposte, il nostro ruolo istituzionale ci impone un certo understatement. giusto ieri ne abbiamo fatto uno che con tutta probabilità finirà sulla nostra tessera di governatori occulti della galassia e su quella dei membri onorari dell'associazione salati di mente (una variante del mensa ma meno insipida)*.
quindi sono entrato nel loop dei sistemi operativi (per contratto si chiamano tutti come delle merendine per adolescenti, perché in realtà svolgono la medesima funzione sociale), perché appena comprato già mi ha chiesto 32 volte se volevo aggiornare il sistema.
ho anche scoperto che l'aggiornamento in realtà è desideratissimo da tutti, mica perché funzioni, ma perché è una cosa nuova.
cioè, in realtà potrebbe essere pure un sistema operativo che va a valvole o un'involuzione del sistema frenante di un autoarticolato iveco del 1972, ma ehi, è nuovo! installiamolo subito!).
alla fine, preso dallo sfinimento dei messaggi informativi, decido saggiamente di aggiornare il tutto.
il primo messaggio che esce sul telefono è il file nelson_muntz.wav.
poi si materializzano dei preziosissimi avvisi che mi informano alternativamente che l'aggiornamento verrà scaricato in 172 minuti. 15 minuti. 136 minuti. 7 giorni e 5 minuti. 45 secondi. giusto il tempo di un weekend a saint tropez, poi vediamo. le faremo sapere. in ogni caso la chiamiamo noi.
io decido di andare a pranzo.
al mio ritorno, quando finalmente il furbofono si riavvia, succede quello che succede ogni volta: la grafica è peggiorata, la logica del sistema si è involuta e ci sono icone nuove che fanno le stesse identiche cose che facevano le icone vecchie, ma che ci metterai due anni a riconoscere.
in compenso sono comparse applicazioni completamente inutili, fra cui due identiche. ma se provi a disinstallarne una a caso ti esce un alert di stampo terroristico che dice che se la disinstalli poi le altre applicazioni vengono a farsi esplodere sotto casa tua, e di questi tempi è meglio andarci cauti.
il fatto è che la maggior parte di chi progetta queste cose, invece che farle testare alle scimmie (che, a pensarci, costano anche meno), le fa testare a della gente che di mestiere guarda se hanno un bel colore e che ignora pervicacemente il principio del rasoio di ockham applicato alla logica: "se funziona semplice, non complicarlo".
voglio dire, caro programmatore, se hai avuto una botta di inspiegabile culo e una cosa funziona, diobono, lasciala stare.
io ho sempre pensato che il genere umano debba inevitabilmente estinguersi, ma ultimamente penso che è meglio che lo faccia in fretta.
dopo aver letto delle recensioni su internet (di qualsiasi cosa, dico: application, alberghi, libri, ristoranti) mi sono convinto che il top sarebbe se si riuscisse a raggiungere l'obiettivo entro lunedì prossimo.
decido di prenderla sul personale, quindi cerco vagamente di ripristinare le impostazioni che avevo scelto e tornare a una situazione quantomeno accettabile. anche perché so che con tutta probabilità per lunedì prossimo non c'è da sperarci troppo.
in realtà questa diffidenza verso gli esseri inanimati è solo la manifestazione del mio lato semiparanoide, quello che pensa che tutti gli esseri viventi mi vogliano bene e tutte le macchine mi odiano; il che è palesemente falso, perché razionalmente è ovvio che ci siano anche degli esseri viventi che mi odiano (per quanto non riesca a farmene una ragione).
la cosa che più mi lascia basito non è solo è che sto cercando di far funzionare una cosa che già funzionava. la cosa che mi lascia più basito è che anche quando funzionava, non serviva a un cazzo.
sfruttando un po' meglio il tempo che sto intelligentemente perdendo per far funzionare una cosa che già funzionava probabilmente avrei ottenuto il nobel per la fisica.


* sta nel solito posto

lunedì 26 gennaio 2015

la mia non è una fuga dalla realtà, la definirei piuttosto una ritirata strategica

io e il mio maestro di ricognizione emotiva (un suricato che sta prendendo l’abilitazione per fare il giudice di sedia agli australian open) stavamo cercando di stabilire se i nazgul, tecnicamente, fossero cacciatori di frodo. immaginiamo che la cosa abbia delle implicazioni legali, anche se non sappiamo bene quali.
nel frattempo, nel mio cervello, un coro di nani da giardino vestiti alla zuava sta cantando shosholoza.
so che i nani da giardino hanno il loro perché, ma al momento mi sfugge quale sia (esiste però una categoria di nani da giardino da guardia che, effettivamente, svolge una funzione di una certa utilità sociale).
prima di rientrare in ufficio mi fermo a bere un caffè in un locale con delle vetrine che danno sulla quinta avenue.
seduto in macchina fuori dal bar il vice procuratore jack mccoy mi osserva da dietro il parabrezza.
attivo il mio dispositivo di occultamento e fuggo silenziosamente verso casa prima di accorgermi che in realtà avrei dovuto fuggire in ufficio, ma sun tzu e sun mycrosystem insegnano che una volta presa la direzione giusta, è inutile guardarsi indietro. e comunque, come al solito, ho il torcicollo.
la sera dopo, io e un clone di mc gyver partecipiamo a un seminario sulla costruzione delle scale armoniche.
purtroppo il dibattito si è arena quasi subito perché una fazione sostiene l’inutilità delle scale armoniche a scapito di un più moderno ascensore armonico, mentre un’altra fazione sostiene che sotto la quarta non è un vero intervallo.
io valuto le probabilità che ho di intervenire sulla questione, poi decido di provare ad uccidermi con una rivella.

martedì 13 gennaio 2015

vladimirko joseffson, docente di antropologia culturale presso la mensa dell’università di jönköping (småland), nel terzo volume della trilogia sul divino “l’onnipotenza è nulla, senza controllo” * seziona il tema dell’onnipotenza divina sulla base di profonde ricerche sul campo**.
l’assunto di base è che le divinità (vladimirko joseffson è convinto che siano molte perché, argomenta, se ce ne fosse una sola, avrebbe sicuramente trovato un modo migliore per comunicare con gli esseri umani e avrebbe evitato la proliferazione di divinità in soprannumero***) non siano affatto onnipotenti come la tradizione vorrebbe far credere.
l’argomentazione a priori riflette sul paradosso dell’onnipotenza nella variante di thomas müntzer (un dio onnipotente può creare un masso così pesante che lui stesso da non riesca più a smuovere?) e le implicazioni logico-ricorsive della computabilità autoreferenziale.
l’argomentazione a posteriori è che se le divinità fossero davvero onnipotenti, in effetti forse potrebbero fare un po’ meglio di così.
del resto, sostiene joseffson, neanche i fedeli pensano realmente che la loro divinità sia onnipotente, infatti mica aspettano che venga la divinità a giudicare chi è empio e chi non lo è, fanno direttamente tutto loro (il rischio, in effetti è che debbano aspettare per un bel pezzo).
infatti, secondo i fedeli, la divinità prende spesso decisioni avventate, oppure è pigra, e insomma, ha sempre bisogno di un aiuto dagli esseri umani. il che non fa che denotare la scarsa stima che i fedeli abbiano dei propri dei****.
la tesi conclusiva del libro è dunque che l’onnipotenza in sé non esista, e che sia una cosa che hanno inventato gli abitanti dell’onnibasilicata.

* puoi acquistare i primi due volumi della trilogia del professor vladimirko joseffson “non hai ancora trovato dio? hai già guardato nell’armadio?” e “dio si nasconde in tutto il creato: timidezza o vergogna?” dal tuo libraio di fiducia.
** è stato anche allenatore di una squadra di calcio di un campionato minore.
*** questa posizione è conosciuta presso gli studiosi come “se ti degnassi di guardare vedresti che oggi ockham ha la barba”.
**** secondo vladimirko joseffson questo è il motivo per il quale le divinità tendono ad essere depresse, egocentriche, vendicative e, in definitiva, soffrono tutte di insicurezza cronica.