martedì 25 settembre 2018

- come ti vedi fra 5 anni?
- boh, usando uno specchio?

io quella cosa di fare dei progetti, programmare la propria vita, avere delle aspettative, delle ambizioni, delle direzioni da prendere, ecco, non l’ho mai capita.
voglio dire, mi piacerebbe, ma ogni volta che mi fanno quella domanda il mio cervello entra in modalità “mucca guarda treno” e richiama una subroutine di afasia standard.
credo che il problema in realtà sia che tutto quello che voglio, dalla vita, è scomparire.
eppure ogni volta che controllo, sono sempre lì.
è per quello che non faccio mai quelle cose epiche o picaresche che succedono nei romanzi di formazione, quando la gente vuole ritrovare se stessa.
io non ho bisogno di ritrovarmi, sono già lì, non riesco mica a scomparire.
il mio maestro di smaterializzazione dice che il problema di base è che ormai è entrata nella vulgata popolare quella boiata galattica che, se vuoi, puoi.
cioè quella roba che se lo vuoi davvero, lavori duro e fra cinque anni diventi imperatore dell’universo, patriarca di costantinopoli, superman, basta volerlo e crederci abbastanza.

- ehi, ma tizio voleva quella cosa lì, ed ora ce l’ha fatta, vedi? se vuoi puoi

- ma certo, è lo stesso motivo per cui tutti possono vincere la lotteria, no? infatti sono tutti ricchissimi e nati a krypton, basta volerlo abbastanza.
il mio maestro di smaterializzazione dice che non basta volere fortissimamente una cosa perché poi accada davvero.
puoi fregare il tuo cervello, ma non puoi fregare la realtà.
quindi devo lavorare sulle cose alla mia portata, se non posso scomparire, posso almeno cercare uno step intermedio, tipo diventare invisibile. sei sempre lì, il che è una grossa rottura di balle, ma almeno la gente non ti vede.
per adesso mi sto esercitando nei locali affollati: quando voglio bere qualcosa, mi avvicino al bancone e mi viene benissimo.

martedì 18 settembre 2018

è un periodo un po’ così.
pieno di coordinate (x, y, z, con i calzini abbinati alla camicia) e paratassi (è un mestiere difficilissimo, anche con i guantoni, perché dopo essere presi a calci i tassi si arrabbiano moltissimo).
è notte fonda e io sto cercando di redigere un manuale di addestramento dal pretenzioso titolo “criceti per principianti” quando mi appare il vescovo engelberto con la spada alzata e mi costringe a mettere in atto il piano kalenji, che prevede di sostituire tutto il guardaroba nel tuo armadio con vestiario comprato da decathlon.
per recuperare un briciolo di equilibrio mentale passo le successive due ore a ritagliare triangoli di sierpiński con delle forbicine da unghie, ma tutto quello che riesco ad ottenere è che il mio cervello si rifiuta di dormire e trasmette a reti unificate il coro dell’antoniano che canta “vola mio minipony, vola” per trentasette minuti di fila.
l’unico risultato positivo è che al trentacinquesimo minuto ho un illuminazione e finalmente capisco perché la gente va a vedere le corse dei ciclisti: è perché chiudono tutte le strade per un giorno intero e non puoi andare da nessuna altra parte.