sabato 24 luglio 2021

anche voi (dico voi come se esisteste fuori dalla mia testa: non so se effettivamente esistiate ma, nel dubbio, fate come se) quando preparate il pollo al curry cantate “curry, curry, things they change my friend, whoa oh”?
beh, io lo faccio.
credo lo facciano tutti, anche se non ne sono del tutto sicuro.
nel frattempo piove.
non che faccia meno caldo, c’è un’afa da far invidia alla stagione delle piogge nel mekong, ma insomma, meglio il caldo del freddo.
mi sono aperto una bottiglia di spinelli (il montepulciano, non la sostanza psicotropa: un vino da supermercato che rappresenta un buon compromesso fra qualità e prezzo, tipo il pelagus), in attesa di gustarmi un superalcolico a scelta, prima di svenire da qualche parte (tendenzialmente sul pavimento, o comunque su una qualsiasi superficie quasi orizzontale).
con il caldo, direi che berrò qualcosa con molto ghiaccio, che so, un irish mist, un cuarenta y tres, un san simone e tonica, un rum e cola, un bombay e tonica. ci starebbe anche gelato e whisky, ma se uso il glenmorangie o l’highland park per il gelato temo che la polizia del whisky possa venire ad arrestarmi.
non che abbia bisogno di incentivi per dormire, ormai mi addormento ovunque, tranne che in auto (anche perché guidare da addormentato non è una scelta intelligentissima (non che io sia intelligentissimo, ma fin lì ci arrivo)).
il lavoro procede benissimo.
finora mi hanno tirato una bicicletta, una testata (non nucleare), un paio di manate (ma mi sono sempre tolto in tempo, quindi nessun danno fisico se si esclude lo stomaco chiuso e la voglia di morire, dico. ma quelle forse c’erano già da prima), e insultato in maniera varia ma, devo ammettere con amarezza, non molto creativa.
trovo che la creatività sia parecchio sottovalutata, ultimamente. è un peccato.

lunedì 12 luglio 2021

mi sveglio e sono le quattro e venti del mattino.
cerco confusamente di capire per quale buffo motivo la mia sveglia ha deciso di suonare a quell’ora, poi provo a rimettermi a dormire.
a quel punto mi ricordo il motivo per cui ho messo la sveglia alle quattro e venti, ed il motivo è che effettivamente mi devo alzare per andare al lavoro.
contemplo le gioie di avere uno stipendio mentre una parte del mio cervello continua a riflettere sulle peculiarità del governo di teodorico il grande, ma senza dimenticare i suoi due successori, teoionico e teocorinzio.
mi verso del succo di mirtillo e spalmo della marmellata sulle fette integrali, mentre martinanavratilova mi guarda con aria interrogativa. poi passo casualmente davanti a uno specchio e mi guardo con aria interrogativa pure io.
per stare sveglio ripasso la formazione dell’italia della finale del 1982 (eh, oh, quella del 2021 non la conosco), saluto il fantasma di rosa luxemburg installato nel terzo ripiano del frigorifero (non mi ricordo mai se i ripiani si contano dall'alto o dal basso) e mi preparo mentalmente per il lavoro, che essenzialmente consiste nell’essere insultato dalle persone.
non è un cattivo lavoro, almeno finché nessuno cerca fisicamente di picchiarti. 
al corso di difesa personale il maestro ci ha tenuto a dirci che l’obiettivo è rimanere vivi, anche se non ci ha spiegato esattamente come (il corso dura due ore, non è che può proprio spiegarti tutto), ma io trovo che rimanere vivi non solo sia sopravvalutato, ma sia anche, soprattutto sul lungo periodo, una scelta irrazionale.
forse dovrei trasferirmi in un universo con un sistema evolutivo basato sulla sopravvivenza del meno adatto, ma sarebbe obiettivamente una scelta troppo intelligente per le mie possibilità.
ho anche molto meno tempo per scrivere, essenzialmente perché svengo non appena arrivo a casa, ma ci tengo a sottolineare che questo lavoro non mi ha cambiato.
continuo ad essere empatico al limite dell’autolesionismo (per facilitare il compito del mio interlocutore potrei iniziare a picchiarmi io: questo effettivamente dissuade la maggior parte dei potenziali aggressori), avere la mente confusa e a indulgere nell’uso smodato di parentesi e di avverbi di modo, quando scrivo.