mercoledì 18 dicembre 2024

Qual è la specie animale più intelligente del pianeta?
La risposta non è così scontata, e non è affatto detto che la domanda abbia senso. Ma noi filosofi siamo così, ci facciamo le domande più insensate, perché è sempre meglio che lavorare (io lo dico qui una volta sola, poi non ve lo dico più: “diffidate di un intellettuale che non abbia mai fatto l’operaio”).
Sembra chiaro che homo sapiens è attualmente la specie dominante sul pianeta (se escludiamo qualche virus e batterio particolarmente combattivo).
E se definiamo l’intelligenza la capacità di dominare il pianeta, è abbastanza ovvio che siamo la specie dominante, con buona pace dei virus. Ma non è affatto detto che dominare il pianeta sia sinonimo di intelligenza. Cioè, lo è, se intendi proclamarti la specie più intelligente del pianeta e quindi elimini tutte quelle che possano contraddirti. Non è così che definiamo l’intelligenza oggi (cioè, alcuni sì, in effetti, ma in genere non le persone che studiano queste cose).
Il problema di noi homo sapiens è che per millenni non siamo riusciti a trovare una definizione convincente di “intelligenza” (e questo già dovrebbe suggerirci qualcosa) e ormai si parla di diversi tipi di intelligenza (qualsiasi cosa questo voglia dire).
Tra l’altro ci siamo sforzati di non riconoscere agli altri animali alcun tipo di intelligenza (spesso nemmeno ad altri homo sapiens), perché sarebbe stato troppo frustrante ammettere che le specie che dominiamo sono più intelligenti di noi.
Storicamente quindi abbiamo misurato l’intelligenza con dei test che si riproponevano di replicare quello che facevamo noi homo sapiens e che gli altri animali non fanno spesso, tipo usare numeri, astrarre, associare forme, trovare simmetrie.
Che è un po’ come se i frigoriferi facessero dei test per vedere chi tiene meglio i cibi freddi e, sorpresa, vincessero i frigoriferi.
Per un po’ abbiamo creduto che la scala Wechsler o la Stanford–Binet potessero darci quella patina di superiorità rispetto agli altri animali, perché riuscivamo molto bene in quei test.
Poi però abbiamo inventato il computer, e ci siamo accorti che i computer fanno quei test molto meglio di noi, quindi abbiamo cambiato idea.
Oggi fra le definizioni possibili di intelligenza, le più comuni sono: la capacità di adattamento, la capacità di risolvere problemi, la capacità di imparare dall’esperienza.

Se definiamo l’intelligenza come adattamento, scopriamo che noi non ci siamo mai adattati al nostro ambiente, piuttosto lo abbiamo modificato.
Siamo adattivi, ma solo a patto di modificare le cose come stanno bene a noi (e non mi sembra una definizione ottima di adattamento).
Voglio dire (lo so che faccio sempre gli stessi esempi) i dinosauri hanno dominato il pianeta per 65 milioni di anni e poi con tutta probabilità li ha fregati il cambiamento climatico causato da un meteorite.
Noi dopo neanche duecentomila anni il cambiamento climatico ce lo stiamo fabbricando da soli. Se questo è adattarsi, parliamone.

Se definiamo l’intelligenza come risolvere problemi, scopriamo che ci sono specie animali che sono bravissime, anche a fare quello che facciamo noi.
Delfini, polpi, corvidi, hanno tutti dimostrato qualità sorprendenti nella risoluzione di problemi in laboratorio.
C’è un celebre esperimento in cui il ricercatore mette del cibo dentro un tubo trasparente in modo che il corvo non riesca a prenderlo, e lascia (in modo apparentemente causale) un piccolo bastoncino vicino al tubo.
Il corvo si fa due calcoli, poi prende con il becco il bastoncino e lo usa per spingere il cibo fuori dal tubo, finché non esce.
Poi, per una frazione di secondo guarda il ricercatore e pensa: “ma perché cazzo l’hai messo lì dentro, brutto imbecille?”, e si mangia il cibo.
Questo dimostra definitivamente che non siamo l’unica specie capace a risolvere problemi, ma siamo probabilmente l’unica specie capace a crearli.

Se definiamo l’intelligenza come capacità di imparare dall’esperienza, beh, anche qui abbiamo dei grossi problemi.
Perché per imparare impariamo, ma solo le cose che ci fanno comodo (esattamente come tutti gli altri animali). Tipo usare una forchetta (ci fa comodo, impariamo a usarla), non rompere i coglioni alla gente (non ci fa comodo, troppo difficile da imparare), costruire un aereo (ci fa comodo, impariamo), sterminare popolazioni più o meno inermi (niente, è complicato).

Una delle cose che mi ha sempre affascinato dell’intelligenza di homo sapiens, è che è esplorativa.
Siamo l’unica specie che ha trovato interessante provare a lasciare il pianeta, e questo è un fatto che mi riempie di meraviglia ed ammirazione (dico sul serio).
Ma non sono convinto sia un’idea particolarmente intelligente per alcuni motivi.
Il primo è che andare su un altro pianeta vuol dire che potresti pensare che il tuo non ti sia più utile, e non è mai una buona idea.
Il secondo è che devi arrivare su quel pianeta per primo, sennò sei il solito immigrato che ruba il lavoro agli altri, e può essere che ti trattino da schifo, anche se non hai fatto niente di male.
Il terzo è che farsi notare nell’universo, dove potenzialmente ci sono specie più intelligenti di noi (ma anche più bellicose) può non essere una buona idea sul lungo periodo.
È intellettualmente stimolante sapere che tu magari ti reputi molto importante, ma una specie più intelligente di te non è d’accordo su questo particolare.
Però c’è un’alta possibilità che sia uno stimolo intellettuale molto breve.

mercoledì 13 novembre 2024

al ventesimo giorno di antibiotico (tre diversi, non uno solo che sarebbe monotono) il mio cervello realizza che forse abbiamo un problema.
forse dovremmo smettere di affidarci a un medico di base, e cercare invece un medico di altezza.
se facessi le analisi del sangue in questo momento, mi troverebbero sicuramente più medicinali che alcolici e questo è il sintomo dell'avvenuta catastrofe.
non è questione di età, (il dente del giudizio che sta uscendo ed è virtualmente intoglibile se non da un ospedale sta lì a ricordarmi che sono giovane) è semplicemente il mio fisico che si sta sgretolando, pezzo dopo pezzo, e questo può diventare un problema perché già il cervello non era un granché.
ad ogni modo, sono fermamente contrario a questa dicotomia fra fisico e cervello (è tutto fisico, honey, non darti tutta questa importanza), è solo per capirci.
diciamo che c'è un processo irreversibile (che noi chiamiamo vita) che sta facendo il suo corso, ed è straordinario già così.
incidentalmente, un grumo di neuroni e recettori vari si è aggregato dando l'illusione di essere una coscienza.
un'illusione forte, indomita, permanente che serve a renderci funzionali.
in effetti funziona.
anche se non sono sicuro sia stata una buona idea

mercoledì 16 ottobre 2024

mi hanno diagnosticato un disturbo dello spettro autistico.
gli spettri autsistici sono dei fantasmi che ti svegliano tutte le notti allo stesso orario (sono abitudinari e affezionati a comportamenti ripetitivi) ma non riescono a comunicare, conversare e riconoscere le loro emozioni; una volta che ti hanno svegliato ti evitano e non cercano di stabilire un contatto.
i disturbi da spettro autistico sono molto complessi da risolvere, perché non si riesce a stabilire una relazione con lo spettro, e difficilmente smetterà di svegliarti.
nel frattempo, piove.
piove da tempo immemore, piove da secoli, piove da eoni, piove come se tutte le acque dei bacini lacuali (quelle piccole effusioni che ci si scambia in riva al lago) dovessero conquistare il mondo, lentamente ma inesorabilmente, più del denaro, più delle merci, più degli avverbi.
le rare volte che smette di piovere, parlo con i caprioli.
li osservo dalla finestra, l’altro inverno erano due, ora sono in tre, sbucano all’improvviso, la mattina, al limitare del prato, quando sanno che non ci sono cani in giro, e io li saluto sempre, e a volte gli sussurro cose.
non che i caprioli rispondano, in genere sono molto riservati, ma occhei.
essere riservati è una qualità che mi disturba solo per i tavoli dei ristoranti.

mercoledì 15 maggio 2024

sta succedendo tutto nella tua testa.
e questo, lo ammetterai, ha dei risvolti particolarmente interessanti.

mercoledì 7 febbraio 2024

io e il mostro stavamo cercando di aggiustare una connessione di rete fino a quando il mostro non ha fatto cadere la tastiera del pc rompendo il tasto spazio.
io ero molto contrariato perché, al limite, avrei rotto il tasto tempo. ma alla fine non è che possa sempre star lì a lamentarmi.
per rilassarmi ho provato a praticare le figure più importanti del tai chi antico: la ragazza che striglia il giaguaro, il bue muschiato che mette la pentola sul fuoco, l'elettricista che spinge il sondino.
da un po' di tempo il mio cervello riceve solo informazioni frammentate, come se fossero lampi di pochi secondi, e tutto il resto fosse un lungo e irreversibile coma vigile urbano.
quindi tutto quello che posso fare è cercare di focalizzare le mie sensazioni corporee, che quelle almeno sembrano funzionare bene. il cervello è molto sopravvalutato.
cioè, non ho niente contro il cervello, ha degli innegabili vantaggi, ma fa sempre un sacco di grandi casini.
ad esempio, continua a sostenere cose contro ogni evidenza. tipo il fatto che noi siamo molto diversi dagli animali, il fatto che esista un io fisso e immutabile, il fatto che lui non sia corporeo (ehi, honey, se non sei corporeo, spiegami il mal di testa).
ma insomma, alla fine è una scelta evolutiva opinabile, ma con cui bisogna fare i conti. compagni che sbagliano.
fuori fa molto freddo ma, come tutte le cose, non durerà.
a volte è una fortuna.

lunedì 17 luglio 2023

di ciò di cui non si può dire, è meglio fare, baciare, lettera e testamento
(manifesto, punto 7)


in mezzo alla canicola si percepisce appena un miagolare pallido e assorto.
il che è contro intuitivo, perché per coerenza si dovrebbe percepire abbaiare, ma non facciamoci domande.
io sono sulla tolda con una krombacher da 66, degli ufi di passaggio hanno sullo stereo la sonata 43 di kaspersky (detta la global security), piccettino e il mostro sono sdraiati di fianco a me e scrutano l’orizzonte con un certo fastidio esistenziale.
mentre rifletto sull’ontologia dell’insalata di riso (e del perché esistono i piselli medi ma non piselli persiani), il mio cervello parte con la sigla dell’eurovisione e mi smaterializzo in una nuvola di fumo.
la sigla dell’eurovisione è, infatti, una delle sette tecniche segrete di smaterializzazione che mi hanno insegnato da piccolo, e a volte mi succede ancora di farlo senza accorgermene.
noi (intendo noi come homo sapiens, ma è un po’ una generalizzazione) in genere pensiamo che gli inizi siano sempre più belli delle fini.
non vale necessariamente per i romanzi, ma in generale è sempre vero.
questo perché culturalmente siamo portati a concepire gli inizi come portatori di novità ed entusiasmo, aspettative e rinascite, e invece non concepiamo gli inizi nell’unica maniera intelligente, ossia come cose che hanno già incorporata la fine.
ha i suoi lati positivi e i suoi lati negativi.
nel frattempo ha ripreso a piovere.
nel senso che gli dei del clima devono aver ricevuto le mie invocazioni tutte insieme e per due anni non ha praticamente mai piovuto. a parte qualche tempesta estemporanea che le divinità mandano per punire i miscredenti e i selezionatori del personale*, e se nel frattempo devono radere al suolo interi paesi abitati da brave persone, chissenefrega.
ora però ogni tanto si ripresenta la pioggia normale, quella che dici “ah, occhei piove” e non quella che dici “moriremo tutti. vabbè, ma anche chissenefrega”.
quando non piove, vado da solo nel bosco.
mi piace molto andare da solo nel bosco perché posso parlare con i miei amici immaginari e fargli un sacco di domande retoriche, a cui loro non rispondono, perché sono ottimi amici.
ogni tanto invece vado al lago, perché tanto, anche se piove, ti bagni lo stesso.

* le divinità del clima odiano i selezionatori del personale. nessuno ha mai capito perché, anche se io un paio di idee ce le avrei
** lo so che in questo post non si trovano da nessuna parte i due asterischi, ma volevo salutare alice e il suo gruppo di ascolto di cecina (li), e allora approfitto degli asterischi. ciao alice, ciao tutti.

domenica 11 dicembre 2022

- come va il lavoro?
- adesso molto bene. peggiora moltissimo solo quando ci vado

inaspettatamente, sono ancora vivo.
ma è una cosa temporanea.
forse dovrei dire: gli impulsi elettrici generati all’interno del cervello, interagendo con le differenti parti del corpo e con l’esterno, che creano la sensazione di avere una unità qui e ora (e quindi organizzata nello spazio e nel tempo, un modo più o meno funzionale in cui questi impulsi hanno deciso di organizzarsi assecondando la spinta evolutiva) così apparentemente vivida da chiamare autocoscienza, sono momentaneamente ancora attivi.
non so se sia un bene o un male.

giovedì 14 aprile 2022

ogni volta che vedo un casolare diroccato nel cuore della pianura padana, circondato da campi e cascine, penso che lì io potrei abitarci (al netto che io di mio non saprei sistemare neanche un muretto, dico).
sarà il fascino della pianura, mi dico, che puoi vedere tutto come se fosse vicino, però realmente vicino a te non ci sta nessuno, e poi i campi a perdita d’occhio, e le fattorie, e qua e là, un incrocio con una chiesa.
però anche quando vedo un casolare diroccato nei boschi, circondato da alberi e verde penso che sarebbe bello sistemarlo e abitarci, solo io e gli scoiattoli, e, in fondo al sentiero, il promontorio da dove si vede il lago.
poi però quando vedo un casolare abbandonato sul ciglio di una montagna, con tutta quella vista e le rocce intorno, e la vegetazione bassa e quel profumo di malga penso che, insomma, avete capito.
quindi non capisco se mi piace la pianura, il bosco, la montagna, oppure mi piacciono solo i casolari abbandonati in mezzo al nulla.
probabilmente il fatto è che il casolare abbandonato è l’unica maniera in cui, in qualche modo, riesco a percepire le potenzialità del futuro.
nel frattempo, visto che il clima collabora e le giornate tendono ad essere meno fredde, ho ricominciato a fare qualche passo intorno a casa.
ho scelto un sentiero breve ma ripido (un’ora a salire e 500 metri di dislivello), e questo forse è stato un errore.
nonostante la spirometria di gennaio asserisse che la mia capacità polmonare sia in un'opera di bellini (nella norma) mi sono ritrovato a boccheggiare come se avessi un debito di ossigeno pari al debito pubblico lordo nazionale.
dopo pochi minuti ho cominciato con le visioni mariane.
la madonna della giazera con in mano un rosario e lo sguardo verso l'alto come per dire "me stessa, come ti sei ridotto".
poi è arrivato san michele per tenermi in equilibrio squillandomi delle trombe da stadio nelle orecchie, alternando destra e sinistra, a seconda del lato dove stavo per cadere.
ma sapevo che su mi aspettava qualcuno con una bottiglia di barbera e della polenta, quindi è stato per una buona causa.
animali visti: tre scoiattoli, svariate specie aviarie, due svizzeri tedeschi.

domenica 3 aprile 2022

avete presente quando l’universo continua in tutti i modi a dirvi di non fare una certa cosa, tutto cospira contro, non ne va bene una e non si riesce a venirne a capo, ma a voi non ve ne frega niente perché chi diavolo è questo universo, ma chi lo conosce, ma come si permette?
ecco.

sabato 12 marzo 2022

cinque cose da fare in caso di guerra termonucleare, apocalisse zombie, eschaton, terza guerra mondiale, catastrofi naturali planetarie

visto che, a sentire i media, i segni dell’apocalisse si stanno moltiplicando (per chi non se lo ricordasse, i quattro cavalieri dell’apocalisse sono: morte, guerra, pestilenza, giornalismo), ecco una breve guida delle cose da fare in caso di, beh, quello che dice il titolo.
lasciate perdere il survivalismo, quello dovevate pensarci dieci anni fa, adesso sareste in un bunker dieci metri sotto terra, probabilmente dissanguati dopo esservi recisi per sbaglio un’arteria con un taglierino, dopo aver speso l’equivalente di una villa di lusso per prepararvi una bara faraonica sufficientemente ampia da contenere prodotti da supermercato tipo settemilatrecento spazzolini, e solo perché alla unes c’era il tremila per duemila, un affarone.
i faraoni perlomeno avevano la decenza di farsi inumare quando erano già morti.
date retta, avete cose migliori da fare.

1. prima di tutto, la cosa più importante: essere gentili con chi vi sta intorno.
avete presente la parte spaventosa del film “the day after”? non era la guerra nucleare, quella vabbè, ci sta, la specie homo sapiens non brilla per intelligenza. la parte spaventosa era che, appena finito con le bombe nucleari, la gente ricominciava a uccidersi con mezzi meno sofisticati.
quindi, siate sempre gentili con chi vi sta intorno, anche con gli zombie.
dovreste farlo sempre, in realtà, ma a maggior ragione in queste situazioni. se proprio dovete morire, fatelo con dignità.

2. non essere infelici.
essere infelici è davvero una seccatura. gli animali in genere non sono mai infelici (a meno che non debbano interagire con degli esseri umani, dico). al massimo sono infuriati, affamati, pacifici, ma l’infelicità è una cosa che homo sapiens si è inventata per conto suo. secondo me non era il caso.
tipo io non ho intenzione di essere infelice solo perché la realtà ha deciso di essere orrenda.
se è orrenda è un problema suo, e in ogni caso non mi sento di darle questa soddisfazione.
tra l’altro non credo che da morti avrete tempo di essere infelici, quindi alla fine è un obiettivo pienamente raggiungibile.

3. mettere su delle buona musica.
non fatemi fare l’esempio del titanic che vabbè, è scontato.
se c’è una cosa buona che ha fatto homo sapiens, è la buona musica. scegliete voi quale, ma andiamocene facendo la cosa che ci è venuta meglio in tutta la nostra carriera.

4. guardare un’ultima volta il vostro pianeta
lo so, non l’avete mai guardato. cioè, può darsi che gli abbiate dato un’occhiata veloce, giusto per capire da che parte girare per arrivare a casa. ma io dico guardarlo per davvero, accorgervi di ogni particolare, colore, sfumatura (basta anche una piccola parte del pianeta, non serve che lo guardiate davvero tutto, ma tipo se siete sulla iss e ce l’avete tutto di fronte siete davvero fortunati), e per una volta, l’ultima, imprimervi nella mente un’immagine del posto in cui abitate.
converrete che è proprio un bel pianeta (se invece poi non vi piace, pazienza, tanto ve ne andate via subito. ma io dico che è proprio un posto interessante).

5. scrivere il vostro necrologio.
poi tanto non lo leggerà nessuno ma chissenefrega, magari qualcuno poi sopravvive, e comunque ognuno dovrebbe avere il diritto di scriverselo.
il mio l’ho già scritto, e dovrebbe essere così:

non è mancato, non si è spento (anche perché nessuno gli aveva dato fuoco*), non ci ha lasciato, è proprio che è morto
eddie
ne dà l’annuncio questo cartello, in caso non ve ne foste accorti.
i funerali non si svolgeranno perché, nel caso non fosse ancora del tutto chiaro, il diretto interessato è morto e non può partecipare.
trovatevi voi, una sera, da qualche parte. portate da bere.

* questa la leviamo se muoio carbonizzato

domenica 6 marzo 2022

verso le quattro e venti del mattino vengono a rapirmi gli ufi, che hanno occultato la loro astronave dietro le sembianze di un camion spargisale, ma vengono traditi dalle lucine gialle intermittenti che caratterizzano tutti i trasporti interplanetari.
esco in strada con addosso solo la mia maglietta da notte (una maglietta rossa con sopra il simbolo di ralph supermaxieroe) e un cartello con scritto "sono qui", ma siccome è ancora buio il pilota purtroppo non mi vede e io mi ritrovo seminudo come un vermeer, sul ciglio della strada, con i piedi salati e un principio di ipotermia.
torno dentro casa, bevo un the caldo e vado a lavorare.
deve essere la giornata dei supereroi perché al ritorno, mentre sto andando al supermercato, mi taglia la strada wonder woman al volante di una smart grigia. la riconosco dal diadema e dai bracciali, anche se constato che non indossa il regolamentare subligaculum (o meglio, magari lo indossa, ma purtroppo sopra ci ha messo un banalissimo cappotto nero).
arrivo a casa, accendo il camino, metto sullo stereo la quarta sinfonia di igor krabinsky (detta “la melodiosa”) nella partitura per lavastoviglie e scolapiatti elettrico, poi vado a inumarmi in un barile di braulio.

mercoledì 26 gennaio 2022

mi sveglio e l’universo è un’unica lastra di ghiaccio.
io e gli dei del clima siamo a un punto morto.
li ho convinti a non far piovere (non so esattamente come, ma in effetti non piove più da anni) però devo ancora capire come convincerli per farli smettere con il freddo.
perlomeno è a questo che penso, mentre sto lavorando, in piedi, fermo, all’aperto, mentre la temperatura si aggira intorno ai meno quattro gradi, bevendo del paraflu direttamente dalla lattina.
poco dopo, io e ernest shackleton disquisiamo amabilmente di finiture per cani da slitta e qualità di pemmican, poi cerco di accendere un fuoco di segnalazione con un acciarino e un bidone dell’immondizia.
a volte torno anche a casa, ma tutto quello che riesco a fare è accendere il camino, imitare i roditori in letargo e, molto più raramente, sedermi per qualche minuto davanti al pc.
attualmente il mio pc ha un led con una luce rossa che a volte si accende, e a quel punto si ferma tutto per un tempo imprecisato. in questo periodo la mia vita è settata su frozen.
quando succede io so che mi devo alzare, mettermi il cuore in pace, e tornare dopo un po’.
succede tipo ogni cinque minuti, e quando torno non mi ha nemmeno preparato un the.
succede perché i cricetini che fanno andare il pc sono stanchi, hanno poco spazio, e si fermano per bere il the con i biscotti, fare i riposini e annusare l’aria invernale che arriva dalla ventola.
non che io debba fare granché al computer, in genere sbrigo dei compiti burocratici, oppure programmo viaggi (sono molto famoso per fare le cose nel momento sbagliato).
abbandonata l’idea del kirghizistan (tutto quello che desideravo era passare una settimana in una yurta in mezzo al nulla con vista sul tien shan, ma pare che in questo momento non mi vogliano) e di spostarmi a sud dell’equatore per motivi di timing (vorrei evitare di ritrovare l’inverno), stavo considerando l’idea di un itinerario in georgia, dal caucaso al mar nero, e poi da lì navigare verso il bosforo, in tempo per celebrare la fine dell’impero romano d’oriente.
non so come siamo messi con le frontiere, ma potrei farmi passare per il nipote di shevardnadze.

giovedì 23 dicembre 2021

sono ancora vivo.
devo ancora capire se è una cosa positiva o una cosa negativa, ci sto riflettendo.

arrivo a casa dopo otto ore in un freezer, e il mio sistema motorio si muove all'incirca come robocop, ma molto meno fluido.
hackero la manopola della caldaia e mi butto sotto la doccia dove, a causa della nuova temperatura, non esce acqua ma un getto di vapore che satura il box doccia lessandomi all’istante.
poco dopo esco nuovamente di casa per comprare dodici gradi di latitudine sud e un litro di braulio, mentre il mio cervello è perennemente settato in una combinazione in cui l’area di wernicke sta cercando una strategia comunicativa per convincermi a fermarmi al bar e ordinare una birra, e il resto del telencefalo sta contrattando due giorni di ferie (uno e due gennaio) con un suricato immaginario.
nel frattempo provo ad ingraziarmi una divinità del clima a caso, ma ultimamente sono difficili da trovare, e ogni volta che chiami c’è un call center automatico che ti chiede di digitare dei numeri a caso.
come scrive vladimirko joseffson, nel secondo volume della trilogia sul divino “dio si nasconde in tutto il creato: timidezza o vergogna?”, affidarsi alla qabbalah non sempre funziona.

sabato 13 novembre 2021

sono in un baretto a trangugiare in cinque minuti un ottimo panino con la porchetta (io amo mangiare lentamente, quindi dover mangiare un panino in cinque minuti, oltretutto senza l’ausilio dell’alcol, è una specie di suicidio indotto, o anche un’ode alla gastrite incipiente) quando nel mio cervello parte l’inno dei bersaglieri.
ora, il mio cervello è piuttosto aduso a partorire dal nulla pensieri fuori luogo o temi musicali completamente a cazzo, ma fra tutte le cose che può riprodurre (la maggior parte completamente inutili, tra l’altro), la fanfara dei bersaglieri è quanto di più sorprendente e inaspettato potessi supporre, quindi resto interdetto per qualche secondo.
poi capisco che è la suoneria del cellulare di un altro avventore, e mi tranquillizzo.
non che abbia niente contro la fanfara dei bersaglieri, tipo l'altro giorno il mio cervello è partito con “se bastasse una canzone” di eros ramazzotti, e posso assicurare i miei biografi che non ho mai ascoltato eros ramazzotti (scusa eros, non te la prendere), quindi non so bene cosa sia successo, ma l’ho considerato una cosa quasi normale, al pari della sigla dei looney tunes o di altre cose meno marziali*.
nel frattempo, ho cambiato le mie priorità esistenziali ed ora sono più orientato a qualcosa di più raggiungibile nell’immediato. invece di cercare di salvare l’universo, mi sono messo a cercare di capire scientificamente come mettere insieme un brodo (facile dire “tutto fa brodo” se non avete mai provato a bollire un regolabarba) e ripreso una vecchia passione: i libri di viaggio.
visto che sono almeno diciotto mesi che non mi muovo (se non fluttuando in dimensioni alternative piuttosto inconsistenti sul piano materiale) da questo posto, così lontano da dio e così vicino alla confederazione elvetica, durante i periodi di malattia, invece di comunicare con gli ufi, mi metto sul divano a leggere.
adoro i libri di viaggio, specie se contemporanei, o perlomeno di questo secolo. è il mio piccolo guilty pleasure, insieme agli alcolici e all’internazionalismo.
per questo cerco di avere più malattie possibili, è nell’interesse della scienza.

* ciao l., tvb

martedì 26 ottobre 2021

è iniziata più o meno così:

xx: - dovresti scoprire il tai chi
io: - scusa?
xx: - secondo me ti farebbe bene fare un po’ di tai chi
io: - se continui a starnutire non capisco cosa dici

e invece mi sono ritrovato poco dopo, in una specie di magazzino nel bosco, insieme a un maestro nano che è stato qualche anno in cina, un cane, e due o tre signore dall’apparente età di 110 anni ciascuna (poi ho scoperto che in realtà ne avevano solo 80, forse non praticano lo stile yang) a praticare un’arte marziale di dubbia provenienza.
il tai chi, infatti, ha diversi stili.
- lo stile chen, che è quello della differenza, trasmesso dai maestri chen ko e chen crap;
- lo stile yang, il più diffuso, che è quello che ti fa rimanere giovane, come il maestro neil yang;
- lo stile sun, che è quello dell’immobilità, insegnato dal maestro mi sun qi;
- lo stile fu, la cui origine si perde nel passato remoto dell’essere.

il tai chi si basa sulla complementarietà degli opposti (una cosa che ricorda moltissimo i lavori di bohr sulla meccanica quantistica) e infatti quando a niels bohr fu conferito l'ordine dell'elefante (sì, è una cosa che esiste veramente, in danimarca, perché i danesi sono pazzi), scelse come stemma araldico il taijitu, il simbolo taoista basato sull'opposizione dello yin e dello yang.

secondo il mio maestro, il tai chi serve per curare il cancro, spostare i corpi con il pensiero, imparare la medicina cinese, sventare i complotti della scienza ufficiale.
purtroppo, ogni volta che qualcuno pronuncia le parole “scienza ufficiale” un tizio che ha studiato filosofia della scienza muore. in genere quel tizio sono io.

da quanto dice sembra che alternativamente:
1. hanno (in questa frase manca un soggetto, ma non è che serva proprio in tutte le frasi) le cure per il cancro chiuse in qualche cassetto ma non ce lo dicono, perché preferiscono avere della gente morta, invece che avere dei clienti vivi (o almeno è quello che ho capito io).
2. il cancro non si vince con le medicine, ma si vince con il pensiero, l’energia interna (che funziona tipo come lo zio fester con la lampadina), e rinforzando la difesa con la cessione di smalling, kasdorp e calafiori (è sempre possibile che abbia inteso male).
in linea di principio non sono contrario a questi usi del tai chi, a patto che non riguardino me, e a patto di non stupirsi se un giorno il tuo sindaco ordina un tso.

a me, invece, il tai chi mi rilassa.
che è molto meglio che imparare la medicina cinese (tra le altre cose neanche so quella italiana), o spostare corpi con il pensiero (che magari stavano bene lì dove stavano).
in pratica il tai chi che faccio io è una cosa tipo che rilassi i muscoli e fai un movimento per cinquanta volte, e lo fai sempre in maniera diversa, e non capisci mai qual è quella giusta, e a volte non capisci nemmeno se ce n’è una giusta (e spesso neanche capisci se hai rilassato i muscoli o no).
ma, mentre stai lì a catalogare i cinquanta movimenti che hai appena fatto, stai imparando alcune cose fondamentali tipo che a) hai un corpo e b) conviene sempre stare attento a quello che succede al tuo corpo.
e questo per me è rilassantissimo, soprattutto perché mi è chiaro di non avere un cervello, ed è inutile stare attento a quello che succede a qualcosa che non hai.
quindi resto lì a provare le mie posizioni, tipo: la tartaruga che dipinge il ciliegio, il camaleonte nano che afferra il bastone, il panettiere che lancia la farina, mentre il mio maestro dice cose assurde tipo "espandi la testa" o "senti le sfere interne" e dice cose in cinese (cioè, immagino che sia cinese, io mica lo so, il cinese) finché non finisce l’ora di lezione e io me ne torno a casa soddisfatto.
cosa volere di più? occhei, un maestro muto. ma una delle lezioni del tai chi è che non si può avere tutto dalla vita.
perlomeno questo era quello che succedeva prima che cambiassi lavoro. ora purtroppo per via dei turni non posso più farlo, e mi manca da morire. ma una delle lezioni del tai chi è che non si può avere tutto dalla vita.

mercoledì 20 ottobre 2021

per la prima volta in vita mia, per motivi non del tutto dipendenti dalla mia volontà, mi hanno messo dei punti metallici invece del solito filo tipo punto croce della nonna.
questo mi rende una via di mezzo fra un cosplay steampunk e un taccuino ad anelli. ma anche chissenefrega, tanto non durerà più di qualche giorno, non posso neanche farci la maschera di halloween.
il vero problema è che sono di nuovo in lockdown, e quindi non riesco a frequentare le riunioni della terapia di gruppo per laureati in filosofia, un posto sicuro per chi ha dipendenze da teoria della conoscenza e filosofia della scienza, un posto dove si azzerano le differenze fra analitici e continentali, dove puoi tranquillamente citare democrito senza essere deriso o disprezzato, un luogo in cui l’astinenza da popper assume un significato più esoterico, un rifugio dove puoi parlare liberamente delle tue inclinazioni più abiette senza che nessuno ti giudichi, tipo:
- mi chiamo john e sono hegeliano
- ciaaaaao john
e dopo puoi fare ammenda per aver diffuso il platonismo, l’assolutizzazione dello stato e, in generale, per aver contribuito all’ipostatizzazione di concetti astratti nella cultura occidentale.
passo il tempo leggendo libri di viaggio, questionando con papere che sfoggiano un piumaggio di dubbio gusto e inviando messaggi nello spazio profondo. in particolare verso un enorme ammasso di galassie (abell 1367) al cui interno è presente una vasta nube di gas, solo per ricordare agli abitanti che, se proprio non vogliono chiudere il gas quando escono, dovrebbero perlomeno comprarsi dei fornelli con la valvola di sicurezza.
visto che per qualche giorno sono a casa dal lavoro, sto anche cercando un’occupazione più consona alle mie facoltà mentali. per ora sto lavorando all'invenzione di un banner che, se lo clicchi, diventa l’incredibile hulk.

domenica 26 settembre 2021

esco di casa e mi assale un odore di camino a legna.
il mio camino è spento, quindi potrebbe essere la solita allucinazione olfattiva ma chissenefrega, è uno dei miei odori preferiti al mondo.
e comunque ci sono 11 gradi, potrebbe averlo acceso chiunque qui intorno (immaginario o meno. se uno ha voglia di imparare, alla fine capisce che le cose immaginarie non hanno conseguenze meno reali del resto).
il mio maestro di ikebana neuronale (un criceto siberiano che vive su un davanzale a dallas, tx) sostiene che potrei risolvere il problema con un innesto di un nuovo ippocampo, oppure con una specializzazione generale in smaterializzazione.
io non vedo il problema. al massimo lo annuso.
vedo invece un canale tematico dedicato al tennis in cui holger rune e uno hobbit provano a scrivere la storia della terra di metz e, nelle notti limpide, alcune costellazioni che preannunciano l’inverno.
gli ufi mi mandano comunicazioni sconnesse: studi di tassonomia terrestre, ipotesi di multiversi, descrizioni di spedizioni commerciali in accadico (la lingua nata nella città di akkad, assurta a capitale dell’impero perché prima città ad alta definizione).
le comunicazioni con gli ufi sono sempre difficili, in questa stagione.

mercoledì 15 settembre 2021

misuro l’estate nel tempo in cui riesco a non usare il phon per asciugarmi i capelli.
qui l’estate dura circa un mese e mezzo, ed è finita settimana scorsa.
dovrei trasferirmi in un posto più caldo, ma non saprei esattamente come mantenermi.
ogni tanto, prima che finisca la bella stagione, mi ritaglio del tempo per passeggiare nei campi a incrementare le mie conoscenze botaniche (le mie conoscenze botaniche si limitano a: “pianta, erba, fiori gialli, fiori viola” quindi si possono incrementare facilmente) oppure andare al lago a fare un bagno (la mia tecnica per entrare in acqua è: entrare deciso fino a livello coscia, restare lì quindici o sedici anni, poi, quando il lago meno se l’aspetta, entrare e cercare di resistere al freddo per almeno venticinque secondi. dopodiché esco, però mi resta un’incredibile voglia di rientrare. ma significherebbe morire di vecchiaia nel frattempo).

mi sono quasi abituato a dormire random e guidare di notte (se si esclude il fatto che svariati animali selvatici mettono alla prova i miei riflessi sui freni, e comunque cerco di non dormire mentre guido) e nessuno ha più cercato seriamente di picchiarmi (per lo meno finora, ogni giorno è un terno al lotto). fra gli altri effetti collaterali segnalerei la perdita delle più elementari facoltà cognitive, il cervello prevalentemente settato in modalità mordi e fuggi, e frequenti allucinazioni olfattive. per ora ho catalogato:
- colla da barattolo
- cioccolato al latte
- lasagne
- vomito di gatto
- concime
- torta paradiso
- vernice
- malto fermentato (stranamente simile al vomito di gatto, comunque)
- legno di pino
- kebab
non so se secret squirrel stia cercando di dirmi qualcosa, ma nel caso dovrebbe rivedere il codice.

ho calcolato che per smettere di lavorare devo mettere via circa dodicimila euro per ogni anno che mi manca alla pensione.
ho anche fatto una ricerca sul sito inps per capire quanti anni mi mancano, per ora dice che forse potrò avere una pensione nel 2086, ma non è detto.
conto comunque di morire prima, quindi ho calcolato un’aspettativa di vita di quindici anni (la vecchiaia è sopravvalutata): viene 180mila euro, e per metterli da parte dovrei lavorare circa 40 anni e smettere di bere alcolici (che contribuiscono in maniera consistente al mio budget mensile).
qualcosa non torna, ma devo ancora capire cosa.

nel frattempo, piove.
il tempo libero lo passo riempiendo moduli per il lavoro (ogni attività va giustificata con un modulo, devi riempire un modulo anche per riempire un modulo, hanno implementato una procedura di moduli ricorsivi per cui devi forzatamente farli nel tuo tempo libero), leggere libri sul declino dell’universo e dormire.
solo che mentre dormo sogno cose di lavoro, quindi non è granché riposante.
è comunque una situazione temporanea, direi massimo quindici anni.

sabato 24 luglio 2021

anche voi (dico voi come se esisteste fuori dalla mia testa: non so se effettivamente esistiate ma, nel dubbio, fate come se) quando preparate il pollo al curry cantate “curry, curry, things they change my friend, whoa oh”?
beh, io lo faccio.
credo lo facciano tutti, anche se non ne sono del tutto sicuro.
nel frattempo piove.
non che faccia meno caldo, c’è un’afa da far invidia alla stagione delle piogge nel mekong, ma insomma, meglio il caldo del freddo.
mi sono aperto una bottiglia di spinelli (il montepulciano, non la sostanza psicotropa: un vino da supermercato che rappresenta un buon compromesso fra qualità e prezzo, tipo il pelagus), in attesa di gustarmi un superalcolico a scelta, prima di svenire da qualche parte (tendenzialmente sul pavimento, o comunque su una qualsiasi superficie quasi orizzontale).
con il caldo, direi che berrò qualcosa con molto ghiaccio, che so, un irish mist, un cuarenta y tres, un san simone e tonica, un rum e cola, un bombay e tonica. ci starebbe anche gelato e whisky, ma se uso il glenmorangie o l’highland park per il gelato temo che la polizia del whisky possa venire ad arrestarmi.
non che abbia bisogno di incentivi per dormire, ormai mi addormento ovunque, tranne che in auto (anche perché guidare da addormentato non è una scelta intelligentissima (non che io sia intelligentissimo, ma fin lì ci arrivo)).
il lavoro procede benissimo.
finora mi hanno tirato una bicicletta, una testata (non nucleare), un paio di manate (ma mi sono sempre tolto in tempo, quindi nessun danno fisico se si esclude lo stomaco chiuso e la voglia di morire, dico. ma quelle forse c’erano già da prima), e insultato in maniera varia ma, devo ammettere con amarezza, non molto creativa.
trovo che la creatività sia parecchio sottovalutata, ultimamente. è un peccato.

lunedì 12 luglio 2021

mi sveglio e sono le quattro e venti del mattino.
cerco confusamente di capire per quale buffo motivo la mia sveglia ha deciso di suonare a quell’ora, poi provo a rimettermi a dormire.
a quel punto mi ricordo il motivo per cui ho messo la sveglia alle quattro e venti, ed il motivo è che effettivamente mi devo alzare per andare al lavoro.
contemplo le gioie di avere uno stipendio mentre una parte del mio cervello continua a riflettere sulle peculiarità del governo di teodorico il grande, ma senza dimenticare i suoi due successori, teoionico e teocorinzio.
mi verso del succo di mirtillo e spalmo della marmellata sulle fette integrali, mentre martinanavratilova mi guarda con aria interrogativa. poi passo casualmente davanti a uno specchio e mi guardo con aria interrogativa pure io.
per stare sveglio ripasso la formazione dell’italia della finale del 1982 (eh, oh, quella del 2021 non la conosco), saluto il fantasma di rosa luxemburg installato nel terzo ripiano del frigorifero (non mi ricordo mai se i ripiani si contano dall'alto o dal basso) e mi preparo mentalmente per il lavoro, che essenzialmente consiste nell’essere insultato dalle persone.
non è un cattivo lavoro, almeno finché nessuno cerca fisicamente di picchiarti. 
al corso di difesa personale il maestro ci ha tenuto a dirci che l’obiettivo è rimanere vivi, anche se non ci ha spiegato esattamente come (il corso dura due ore, non è che può proprio spiegarti tutto), ma io trovo che rimanere vivi non solo sia sopravvalutato, ma sia anche, soprattutto sul lungo periodo, una scelta irrazionale.
forse dovrei trasferirmi in un universo con un sistema evolutivo basato sulla sopravvivenza del meno adatto, ma sarebbe obiettivamente una scelta troppo intelligente per le mie possibilità.
ho anche molto meno tempo per scrivere, essenzialmente perché svengo non appena arrivo a casa, ma ci tengo a sottolineare che questo lavoro non mi ha cambiato.
continuo ad essere empatico al limite dell’autolesionismo (per facilitare il compito del mio interlocutore potrei iniziare a picchiarmi io: questo effettivamente dissuade la maggior parte dei potenziali aggressori), avere la mente confusa e a indulgere nell’uso smodato di parentesi e di avverbi di modo, quando scrivo.