sabato 25 gennaio 2014

io e martina navratilova siamo appostati alla finestra a guatare i movimenti di secret squirrell (il che sarebbe perfetto se non fosse buio pesto. abbiamo provato anche con il buio ragù, ma non ha funzionato lo stesso; in ogni caso, non disperiamo) quando la voce di robert burns, proveniente da una dimensione spaziotemporale che si palesa a giorni alterni nel mio frigorifero, mi ricorda che a) è quasi ora di cena, b) è ora di organizzare un viaggio in scozia e c) salute.
(nessuno vi ha costretto a leggere, occhei?).
comincio a lavorare al computer per cercare un itinerario plausibile per girare le highlands e capire se è possibile trovare un biglietto a/r che non richieda di impegnare un rene in una clinica svizzera (la risposta pare sia no).
cinque minuti dopo si impalla mozilla.
esprimo la mia contrarietà manifestando alcune pacate rimostranze alla divinità del libero browser (godzilla) e comincio a preparare la cena.
cinque minuti dopo si impalla la cena.
deve essere la giornata nazionale della bestemmia e nessuno mi ha avvertito.
il mattino dopo arrivo in ufficio con la faccia da réclame della morte improvvisa e passo metà del mio tempo a disquisire di autenticità e riproducibilità con una fotocopiatrice.
io e il ficus benjamin sosteniamo che le nuove tecniche riproduttive non permettano di distinguere l’originale da una copia, lei si ostina a sostenere che le tecniche odierne sono un metodo fascista per assoggettare le masse e, per evitare che l’originale perda la sua aura*, la copia è chiaramente indicata dalle righe orizzontali che occupano l’intero foglio.
il dibattito si fa aspro ma ottengo valorosamente la vittoria quando minaccio di staccarle la corrente.
il resto della giornata lo passo a interrogarmi sull’etimologia dell’espressione “bau cetti” e a chiedermi se nel caso di gatti è filologicamente corretto parlare di “miao cetti”.


* questo rivaluta in chiave metafisica il testo della canzone “l’aura non c’è, è andata via, l’aura non è più cosa mia”

martedì 7 gennaio 2014

piove.
non che sia una novità, del resto.
ma è tipico di homo sapiens cercare novità, hanno anche inventato quella cosa di dividere il tempo in anni, in modo da avere anni nuovi, anni vecchi, anni usati sicuri.
l’idea che l’anno esista, se non sei un agricoltore o un astronomo, è già strana di per sé, ma posso anche capirla: homo sapiens è affascinato dai pattern e dagli schemi ricorsivi, e bisogna ammettere che questo ha i suoi vantaggi; ma l’idea che l’anno abbia un inizio è così ridicola che alcuni ufi in questo periodo tendono a comunicare meno con gli esseri umani e più con specie più evolute, tipo i lemming o i bonobo.
lo so che questa cosa che sul pianeta terra esistono specie molto più intelligenti ed evolute di homo sapiens tende ad essere sottovalutata dagli esseri umani.
del resto, non è strano che gli esseri umani tendono a risultare primi in test di intelligenza (non tutti, a dire la verità) inventati da altri esseri umani. se i bonobo inventassero dei test per misurare l’intelligenza, sono abbastanza sicuro vincerebbero i bonobo. ma i bonobo non hanno mai inventato dei test di intelligenza, e questo dovrebbe insegnarci qualcosa.
in ogni caso, se chiedete agli ufi (sempre che vi rispondano e non siano impegnati a parlare con i lemming) vi diranno che homo sapiens è così idiota che praticamente da sempre identifica l’intelligenza con l’addestrabilità. certo, questo assicura una discreta capacità di sopravvivenza, ma non venitemi a dire che la qualità della vita non ne risente.
in ogni caso, il fatto che piova e che non si vedano ufi in giro, permette a me e a martinanavratilova di guardare alternativamente la finestra e il camino acceso, il che ci rende vagamente catatonici (o atarassici, come amano dire i filosofi, sono gli psicologi che hanno frainteso) e inclini alla speculazione.
come dicono a hollywood, “stupido è chi lo stupido fa”. tranne quando sei sottotono, che allora diventa “stupido è chi lo stupido mi bemolle”.
per il resto, divido il mio tempo libero fra il wild card weekend e il campari coaching.
so che non avete idea di cosa sia un coach di campari, ma è più facile di quello che sembra: il coach fa sedere la sua squadra al bar, meglio se a un tavolo, ma va bene anche il bancone (non direttamente sul bancone, sugli sgabelli davanti al bancone, sennò il barista si innervosisce). si fanno tre o quattro giri di campari per riscaldamento, poi il coach inizia con le combinazioni: campari in due con il bianco, campari e gin, campari alla goccia, dipende dalla creatività dell'allenatore. di solito più si va verso la fine dell'allenamento, più l'allenatore è creativo.