mercoledì 19 gennaio 2011

in questo periodo non ho molte notizie degli ufi (fa troppo freddo per uscire di pattuglia) e le loro trasmissioni radio sono molto disturbate, anche se il mio maestro di ibernazione (una trota che da alcune settimane vive nel reparto pescheria di un supermercato vicino casa) sostiene sia acufene (che ne può sapere una trota di acufene, dico io).
in mancanza di comunicazioni da parte degli ufi, per non perdere il contatto con il mondo spirituale, mi sto dedicando con entusiasmo alla meditazione extracorporea; trovo sia una tecnica molto efficace: in pratica, mentre stai meditando, tu sei da un’altra parte a bere birra.
la sera guardo le partite della coppa d’asia su dubai sport 3 con il commento in arabo (i telecronisti arabi hanno la tendenza ad urlare un po’ troppo, secondo me, ma rispetto a quelli italiani hanno un pregio impagabile: non capisco quello che dicono). ieri c’era il giappone contro la rabbia saudita (perdere 5 a 0, mi sarei arrabbiato pure io).
l’unica cosa che mi dispiace è che con il ricevitore satellitare non si riesca a prendere la tsi. il giorno che riuscirò nuovamente a vedere la tsi2 vado in pellegrinaggio a comano. poi mi aspetto di trovare una foto di mariuccia medici che piange sangue.

ultim’ora
aprirà nei prossimi mesi a roma un museo dedicato alle divinità materne della terra e della fertilità, che ospiterà una collezione di statue e manufatti di epoca romana. le autorità cittadine hanno infatti annunciato con soddisfazione che roma avrà presto il suo museo delle cerere

mercoledì 5 gennaio 2011

mi sveglio e c’è uno strato di permafrost sulla mia macchina. fin qui tutto normale. il problema è che lo strato di permafrost si è trasferito anche su tutto il resto dell’universo.
i mezzi spargisale con tutta probabilità sono stati requisiti da un team di capre voraci e sulla strada la mia macchina slitta sul posteriore come johnny weir, anche se è vestita molto più sobriamente (vabbè, ci voleva poco).
quando una volpe con una maschera da portiere di hockey mi taglia la strada accosto e mi do alla macchia, come uno che ha sbagliato candeggio.
oggi qui si festeggia il capo danno. le religioni occidentali lo festeggiano alla mezzanotte del 31 dicembre, io e martina navratilova lo festeggiamo oggi per questioni di fuso orario e pigrizia intellettuale: secondo noi andrebbe festeggiato in primavera ma vivere nel mondo reale abitua ai compromessi.
per essere precisi, secondo noi andrebbe festeggiato allineando la sacra ciabatta con la costellazione del rinoceronte e trasferendo la tartaruga in seconda casa (dove ancora si paga l’ici) alla luce di una candela.
se vi sembra complicato pensate che secondo l’iconografia di alcune culture a dicembre si festeggia la nascita di un palestinese biondo (nato durante la classica nevicata che colpisce il medio oriente in inverno) mettendo delle palle su degli abeti del nord europa trasportati in salotto, mentre un signore anziano vestito di rosso chiamato babbo (ma senza figli) arriva dal polo nord trainato da renne volanti per arricchire i supermercati (per lo meno, questo è quello che ho capito io).
ad ogni modo capo danno, lo dice la parola, è la festività in cui deve succederti qualcosa di molto brutto (è per quello che in genere la gente si spara addosso, cerca di farsi esplodere da sola o beve del vino pessimo in quantità smodate) per esorcizzare i danni restanti che si succederanno fino al successivo capo danno, che viene periodicamente ritualizzato.
secondo alcuni sociologi come claude lévi-strauss (un jeans che si è perso nel mio armadio) e bruno latour eiffel (un modellino in ghisa importato da parigi da un cugino di secondo grado nel 1979) la ritualizzazione del danno assolve infatti una funzione apotropaica e catartica indispensabile alle società poco evolute, tipo la nostra.