venerdì 29 settembre 2006

diario del capitano: supplemento

data stellare da concordarsi con manifestazioni incoerenti del materiale cosmico




forse tendo a sottovalutare il lavoro che faccio. così, in generale.

ne parlavo ieri con il mio nuovo analista, una presa adsl che segue la teoria psicologica degli incastri, per cui insieme si lavora molto sull’adattarsi alle situazioni e si eliminano a priori quelle dove l’adattamento è impossibile.

il fatto è che alle volte me ne esco con risposte del tipo:

- cosa faceva nel posto dove lavorava prima?

- beh, ho seguito alcuni progetti. senza che se ne accorgessero, ovviamente.


il problema è che non sono pronto per le nuove frontiere della comunicazione.

quindi ho deciso di allenarmi acquisendo le necessarie competenze linguistiche atte alla descrizione del mio lavoro:

questa mattina mi sono occupato di advanced technical consulting project manager (ho cercato di convincere un toner a sputare le ultime gocce di inchiostro), total quality excutive manager (controllando che la fotocopiatrice avesse il carrello pulito e pieno di fogli) con attività di back office security management (cercando di non tagliarmi con la carta presa nel ripostiglio).


poichè i limiti del linguaggio sono i limiti del mondo (l. wittgenstein) ecco una nuova linea di strumenti a basso costo, utili per affrontare una perfetta giornata in ufficio:

fotocopiatroce: macchina per le fotocopie dal cattivo funzionamento (stimola il processo creativo della bestemmia)

filosofax: fax che stampa fogli illeggibili per incoraggiare il processo ermeneutico dell’utente

harry plotter: plotter magico che stampa solo quello che vuole lui (effetto sorpresa garantito)

pensola: mensola su cui si ripongono tutte le cose che non si sa dove mettere (dov’è quella roba che non sapevamo dove mettere? boh, penso là)

disco fesso: hard disk in cui i files vengono archiviati a cazzo (ottimo come capro espiatorio)

stancante: stampante che si ostina a dare messaggi di errore (per riempire la giornata dell’utente)

scotch: whisky scozzese in confezione mignon per le pause creative


martedì 26 settembre 2006

piove ininterrottamente da 24 ore.

il che essenzialmente significa a) che le divinità climatiche mi odiano e b) che ho sbagliato latitudine.

per evitare l’incipiente depressione autunnale io e il gatto ce ne stiamo lì a fare i simpatici, scambiandoci battute da architetti, tipo:

-perchè dovrei progettare gli interni, se sono vani?

-il manto di copertura è un indumento dei servizi segreti?

-se questa è una pianta, perchè non è colorata di verde?

-hai visto che ho consegnato il prospetto informativo?

-qual’è il colmo per un tetto?

-se preparo una tavola, tecnicamente si può dire che apparecchio?

-per progettare il cappotto esterno non era meglio un sarto?

ma tutto quello che otteniamo sono delle occhiate di rimprovero, e la minaccia di spedirci sul balcone.

alla fine organizziamo un sit-in di protesta di fianco alla fotocopiatrice, e litighiamo per chi deve tenere il cartello “attenzione: ufi in manovra”


dai microfoni di radio ulna international è stata lanciata l’edizione 2006 di sonora, il festival messicano dei nuovi suoni del deserto (detto anche deserto bufo).

qui ci si difende come si può*

venerdì 22 settembre 2006

ho passato la pausa pranzo a cercare di convincere uno scaldabagno con manie di persecuzione ad aprirsi al mondo e all’universo in generale.

questo mi ha dato la possibilità di imparare alcune cose, tipo che cercare di convincere uno scaldabagno con manie di persecuzione è piuttosto inutile, anche se uno lo incoraggia con frasi dolci e gentili.

nel frattempo io ed alcuni niomi del nord est, in alternativa all’immanentizzazione dell’eschaton, stiamo lavorando ad un aggiustamento della settimana lavorativa con un calendario che distribuirebbe i sette giorni in: martedì, venerdì, sabato, sabato, sabato, domenica, jolly.

questo perchè troviamo inaccettabile che sul pianeta si sia sviluppata una forma di vita che dedica alle ferie una misera percentuale di tempo vissuto (il che sarebbe anche legittimo, se solo non si ostinassero a chiamarsi ‘forma di vita intelligente’)*.

la nostra proposta ha creato un po’ di scompiglio nel direttivo di rappresentanza terrestre, perchè inspiegabilmente i datori di lavoro, su richiesta di alcuni ufi crudeli, si sono schierati contro la risoluzione, e citano il caso di krapfoonbern come esempio di produttività esemplare nella galassia.

voglio dire, è vero che che su krapfoonbern sono previsti solo 10 giorni di ferie all’anno, solo che non bisognerebbe omettere di spiegare che il periodo di rivoluzione su krapfoonbern dura 21 giorni.

poi arrivo a casa, infilo il mio costume da betamax e mi fiondo in una festa a tema oktoberfest, giusto in tempo per mangiare schweinshaxe e bere birra in caduta.


*adam kernison, nel saggio ‘dodecafonia e dissonanza cognitiva’ prova a dare una spiegazione di questo fenomeno.

il saggio, pur essendo brillante ed estremamente rigoroso, purtroppo non incontrò il favore della comunità accademica, e spinse john fenderson-bendit docente di strategie di marketing all’università di des moines (iowa) ad effettuare uno studio sul perchè il libro di kernison non avesse incontrato il favore degli accademici.

dopo qualche anno di ricerca, fenderson-bendit concluse che il motivo era da ricercarsi nel fatto che alle presentazioni del libro non era previsto il buffet.


lunedì 18 settembre 2006

arrivo in ufficio in un clamoroso stato ipnagogico, palesando l’entusiasmo di un celenterato ad una festa di matrimonio.

il gatto mi guarda, poi per mostrare tutto il suo disprezzo si infila nel cestino della plastica e non esce più per un paio d’ore (qui siamo gente civile e abbiamo la raccolta differenziata, quindi c’è un cestino per la plastica, uno per l’umido, uno per la carta, uno per il secco e uno per il gatto).

nel frattempo è ufficialmente iniziata la stagione delle piogge di cui tutti sentivano il bisogno, e il tasso di umidità di toledo 1991™ è in continua ascesa, peggio del debito pubblico.

passo la pausa pranzo disquisendo con il mio analista (uno scoiattolo junghiano con problemi di tabagismo*) sulla prova ontologica applicata alla quiche lorraine e la svolta del comunismo italiano dopo i fatti di ungheria*, poi svengo sul divano.

avrei bisogno di dormire.

del resto le opzioni per la serata sono guardare miss italia, sbattere la testa contro mobili di un certo spessore o immanentizzare l'eschaton

alla fine metto sullo stereo miles gloriosus davis e mi sdraio sul letto ad aspettare l’ecpirosi.

martedì 12 settembre 2006

poi sono stato in una città del centro italia (di cui non dirò il nome per generare mistero nel lettore) e ho visto la notte bianca (per la notte bernie il sindaco aspetta l’ok dalla disney).

in questa città hanno qualche problema con i nomi, quindi potete trovare vie come: via ardeatina, piazzale ardeatino, via di porta ardeatina, via di fosse ardeatine, via circonvallazione ardeatina, via di porta ardeatina bis (altrimenti detta ‘ardeatina supplementare’), via ardeatina antica, via ardeatina quasi nuova, le mura ardeatine, il caffè ardeatino, il parcheggio ardeatino, la fontana ardeatina, il marciapiede ardeatino. per la stazione ardeatina si stanno attrezzando.

per facilitare le persone non autoctone, tutte queste cose possono trovarsi anche a svariati chilometri di distanza, per cui se intervistate alcuni pedoni vi giureranno di aver visto anche la madonna ardeatina.

però, per far vedere che nonostante tutto la fantasia non manca, esiste via tata giovanni, detto anche il tata buono.

comunque c’erano un sacco di persone ed anche alcuni ufi non troppo pericolosi, fra cui uno che aveva un trasmettitore camuffato da telefono cellulare e mentre parlava con l’astronave madre davanti al monumento chiamato anche ‘altare della patria’, esattamente sotto la targa viaria, ha fermato un vigile e gli ha chiesto "scusi, in che piazza siamo?" e io ho pensato che a lui si addiceva di più un altro titolo di dostoevskij, ma non vi dirò quale.

adesso ho la soglia di attenzione di una carpa con grossi problemi di apprendimento, un debito di sonno che quello del burkina faso con la banca mondiale è una cosa da pochi spiccioli, e un’estrema difficoltà nel raggiungere degli obiettivi intelligenti.

praticamente è tutto come al solito.

venerdì 8 settembre 2006

a un certo punto rimango a fissare il pavimento in attesa di un’illuminazione.

fissare il pavimento non è un’attività del tutto oziosa, come vi saprebbe dire con certezza un piastrellista.

ad ogni modo, l’illuminazione richiede tempo. soprattutto perchè non sai mai quando arriveranno i tecnici enel.

e se non hai l’illuminazione fissare il pavimento è difficile, perchè mica lo vedi.

insomma, non tutto è semplice come sembra in apparenza e molte volte tutto è riconducibile ad un’argomentazione circolare, come vi saprebbe dire un vigile urbano. ma anche un assonnato maleducato, credo.

comunque giusto ieri riflettevo anche sulla possibilità di assumere ufficialmente il lemming come animale guida (un sacco di persone famose avevano l’animale guida, che so, l’asino di buridano, i cani di pavlov, le mucche di hegel, il gatto di schrödinger, la papera di arconada. l’unica domanda a cui ancora non so rispondere è se un animale guida deve avere la patente).

al mattino, invece, il mio cervello trasmette alcuni jingle pubblicitari fino a che non eseguo una manovra di heimlich sui neuroni e li richiamo all’ordine. non è una cosa complicata, ma mi permette di riflettere su alcuni eventi che caratterizzano la mia vita in questo periodo.

per dire, il martedì ho la riunione del corso di rilassamento creativo: il mio maestro sostiene che io abbia un atteggiamento troppo conflittuale con alcune manifestazioni emotive. comunque sostiene anche che managua sia in venezuela, che farsi fotografare sottragga energia vitale, e che gli eventi significativi per la vita nell’universo possano avvenire solo di martedì. insomma, non è sempre affidabile, managua in venezuela proprio non si può sentire. però il corso si tiene in una piscina all’aperto, quindi fino a metà settembre è abbastanza frequentato.

il mercoledì in pausa pranzo vado a contare i cavedani e le macchine targate argovia (mica è facile: provate voi a dire a un cavedano di stare fermo; con un svizzero viene meglio), oltre che disquisire con un germano sull’essenza del reale.

alla fine mi sono reso conto che è il tempo lavorativo che scandisce i tempi della vita di un uomo (anche di un castoro, immagino, se un castoro andasse in ufficio. suppongo che questo sia uno dei motivi per cui i castori non vanno in ufficio. questo è un punto a favore dei castori su homo sapiens, in effetti), il che non è saggio.

voglio dire, lunedì sarò di nuovo qui a costruire percorsi creativi per fotocopiatrici e ad insegnare ikebana alle giovani murature.

una società civile che si rispetti dovrebbe prevedere undici mesi di ferie all’anno, non viceversa.

giovedì 7 settembre 2006

siamo tutti qui

e tutti insieme vogliamo vedere

quo e qua.



avverto un fremito nella forza.

come se milioni di voci che chiedevano aiuto da un pianeta lontano all’improvviso si fossero zittite.

o forse è la pasta al sugo con salsiccia e ceci di ieri sera.

nel frattempo le divinità preposte alla gestione clima hanno deciso di regalarci alcune meravigliose giornate estive; naturalmente:

1. io lavoro esattamente fino al tramonto

2. le meravigliose giornate estive vengono sospese per manutenzione nel weekend

3. la temperatura del lago nelle sere di settembre assomiglia alla minima di vladivostock in gennaio

deve esserci una morale in tutto questo, ma non ho capito esattamente quale.

visto che avevo per le mani il prefisso di asgaard ho provato a chiedere spiegazioni a frigga, dea del destino e della cottura in olio di semi, ma c’era la segreteria telefonica.

lunedì 4 settembre 2006

no, guarda, preferirei evitare di spiegartelo ancora: sono contrario all’accanimento terapeutico