venerdì 30 dicembre 2005

come ogni dicembre, gli abitanti di vega stilano il rapporto annuale sulle attività degli umani.

alla riunione operativa allargata di quest’anno partecipano il capitano vega (capo missione), il capitano untino (approvigionamento e logistica) e capitan farlock (travestimenti e mind-fucking) per gli alieni, il capitano jean luc viacard per i terrestri (che il capitano kirk aveva una partita di tressette) e il solito capitano tuttammè per gli alienati mentali con manie di persecuzione.

io resto a casa a guardare una partita entusiasmante della coppa spengler (metallurg magnitogorsk - sparta praha, non so se mi spiego) sulla tsi2.

all’inizio del secondo terzo, un’entità in grado di imporre la propria volontà al pianeta, richiamata da una favorevole congiunzione astrale (luna in capricorno e io in divano in prima casa) prende possesso del televisore che da ora in poi trasmetterà “le mirabolanti avventure di un commissario qualsiasi” fino a data da destinarsi.

mi trascino in camera, a riflettere sul senso della mia vita.

panico in borsa, male i titoli finanziari che trascinano al ribasso anche i telefonici.

alla fine, questa mattina c’erano meno sette gradi e un paio di pescatori di vladivostock si disputavano del salmone sotto la mia finestra.

chi mi salverà?

chi mi raikonen?

mercoledì 28 dicembre 2005

ti fai un’idea di cosa significhi silenzio quando senti la neve sotto i tuoi anfibi, mentre cammini da solo, la notte, sul limitare di un bosco.

invece ti fai un’idea di cosa significhi rottura di palle quando devi grattare la neve ghiacciata incollata al parabrezza.

così restiamo qui, in questa riedizione provinciale di anchorage, io e un lemming iscritto al fronte di liberazione dei nani da giardino che fa le prove per le selezioni di holiday on ice sul terrazzo dell’ufficio.

fortunatamente, qualche tempo fa, un astuto ambulante autoctono è riuscito a vendermi una sciarpa made in nepal (che abbina protezione dal freddo e cromoterapia. la mia vita ha bisogno di colore) per la modica somma di dieci euro.

in compenso sono quasi riuscito a convincerlo che in nepal si pronunci sherpa.



nel bel mezzo di un gelido inverno

a mail to m.


parcheggiare oggi è come mettere la macchina in freezer, senti il ghiaccio lamentarsi sotto le ruote, e devi stare morbido con la frizione, come un parrucchiere anni ’60.

i tetti delle case sono bianchi, le montagne intorno hanno uno strano colore argento spento (ma ce l’hanno solo perchè le montagne, da queste parti, indulgono spesso in rime interne) e tira un vento gelido che ti alesa le orecchie.

sono ancora qui. ho provato a diventare paperino, ma non mi riesce di crescere.


lunedì 26 dicembre 2005

del perché gli amici ti amano


 msn


 ore 13.15
ubik scrive:
cercavo proprio a tia
eddie aka si scoprono gli altarini e i piccoli dei prendono freddo scrive:
eh, mi sono connesso apposta
ubik scrive:
brav
ubik scrive:
alora
ubik scrive:
1) vì viene
2) c'è un treno alle 9 che arriva alle 13,30 ma costa 46 euro
3) c'è un treno che parte alle 8,50 ma arriva alle 14,20 (tiburtina però) e costa 39 euro
eddie aka si scoprono gli altarini e i piccoli dei prendono freddo scrive:
c'è un treno che parte alle 7.40?


 ore 13.20
eddie aka si scoprono gli altarini e i piccoli dei prendono freddo scrive:
ubik, era una battuta.
ore 13.20 ubik scrive:
ah ecco
ore 13.20 ubik scrive:
stavo cercando
ore 13.20 ubik scrive:
pirla!
ore 13.20 ubik scrive:
mi ero anche chiesto che cazzo di appuntamento avessi per dover partire alle 7,40


 sms


 io: siamo al bar, non siamo andati al concerto
d: io arrivo fra un po’. come mai?
io: boh, si vede che non riesci ad arrivare subito
d: sei un cretino

giovedì 22 dicembre 2005

è difficile capire cosa si può pretendere da un rapporto, come sanno tutti i ciclisti professionisti. peccato che io non sappia nemmeno andare in bicicletta.


per la fine del corso di armonia cosmica un coro di daini si è esibito in un’antica carola ucraina a quattro voci nella partitura per ungulati e pianoforte preparato.

la critica si è divisa sul risultato della performance, anche se nella pagina dello spettacolo del settimanale io donnola è apparsa una stroncatura netta, riassumibile in due parole: dài, no.

non è un gran periodo.

il freddo sta attentando ai miei circuiti neuronali, e non è servito a niente lavarmi periodicamente la testa con del paraflu, e neanche aggiungere dell’antigelo alla birra. peccato, mi sembravano buone idee.

in compenso quest’anno concorro al premio krankel, per gli appunti più inutili presi durante una telefonata di lavoro. siamo rimasti io e una segretaria di lipsia: il vincitore si aggiudica una fornitura di penne staedtler noris stick a fine inchiostro e alcuni capi di abbigliamento vintage polacco.


ultim’ora

una famosa casa di prodotti per l’igiene orale sta per lanciare sul mercato un nuovo dentifricio all’estratto di erbe e alloro. il claim studiato per la campagna pubblicitaria, che svolta decisamente rispetto ai canoni della comunicazione farmaceutica, sarà “il mattino alloro in bocca”.

lunedì 19 dicembre 2005

esercizi di stile

studio # 165

commistione: defrag neuronale



uno schizofrenico in cura, tecnicamente, fa terapia di gruppo?

era l’argomento della lezione di ieri al corso di interpretazione di rumore bianco, subito dopo la spiegazione del perchè, per una corretta profilassi di igiene mentale, non è consigliabile lavarsi il cervello introducendo del nelsen piatti nelle orecchie

forse tutto questo altrove mentale non giova a un cazzo.

ma il mio qui mentale è davvero un casino. e anche quo e qua.

e allora meglio altrove


non capisco: perchè se alle 14.15 dico che sono le due e un quarto, alle 15.10 non posso dire che sono le tre e un sesto? (no, giusto per far vedere che non è vero che non ho il senso delle proporzioni).

qui continua a fare freddo, il che significa che alcune divinità locali che mi avevano assicurato che le cose sarebbero cambiate mi hanno fregato dei soldi.

ci sono dei momenti in cui sento che le persone si allontanano, in cui vorrei qualcosa di diverso

mi trascino per l’ufficio con l’espressione allegra tipica di martin landau nei momenti topici di spazio 1999: il suricato che sta di guardia al calorifero sostiene sia un problema di metereoapatia.

intanto la sera le strade si coprono di cristalli di ghiaccio e sale, e mi immagino file di capre intente a leccare l’asfalto. cioè, io se fossi una capra lo farei.

mica è semplice leggere fra le righe. di solito ci si trova solo spazio bianco

per dare una svolta alla giornata, come rimedio omeopatico, provo ad inalare del freon. pare che non funzioni.

non è niente. non è per sempre

venerdì 16 dicembre 2005

dopo alcune insistite (quanto incomprensibili) richieste, ho provveduto ad una lezione di  aggiornamento sulla metafisica per il corso di filosofia per alcolisti. visto che per mettere il giallo e tutto il resto su splinder dovrei avere un browser che non va a criceti (che pare non siano compatibili con splinder) per adesso lo trovate qui .
nessun criceto è stato molestato per la stesura e messa on line di questo annuncio, e, in ogni caso, parlatene con il mio avvocato.

mercoledì 14 dicembre 2005

koan di dicembre: la via di tsoshohachi


- maestro, com’è possibile giungere alla verità?

- in auto, evitando la tangenziale ovest nelle ore di punta

lunedì 12 dicembre 2005

si sa, le persone danno il meglio di loro nelle emergenze.
nelle situazioni difficili emerge la solidarietà, si socializza al di là delle differenze di classe e provenienza, si diventa creativi per far fronte agli imprevisti e si resta uniti contro la catastrofe.
oltretutto le forze dell’ordine possono dare il loro contributo mettendo a frutto il loro addestramento di protezione civile, portando soccorso alla popolazione colpita, anche sedando con garbo piccole rivolte che nascono dalla disperazione.
davvero, non ha senso che trenitalia migliori il servizio.

mercoledì 7 dicembre 2005

io e il gatto siamo seduti di fianco alla scrivania dell’ufficio, immobili, e fissiamo un punto ipotetico fuori dalla finestra.
al corso di rilassamento emotivo, il maestro ci ha spiegato che è fondamentale rimanere immobili; comunque c’è da dire che il sonno aiuta.
il fatto che il punto, in quanto ipotetico, non esista, non sembra turbare nè me, nè il gatto. neanche il punto sembra granchè turbato dalla sua non esistenza, a dire la verità, e questo dovrebbe essere un grande insegnamento per il genere umano. almeno credo.
non so, ho provato a parlarne con il maestro di rilassamento emotivo, ma prima è rimasto in silenzio, poi se n’è andato girandomi le spalle. sempre che si possa dire che un cavedano abbia le spalle.
ieri, mentre tornavo dall’ufficio, mi è apparso improvvisamente il maestro kobayashi e ha iniziato a bacchettarmi urlando ‘sempre verso il centro!’. ho provato a spiegare che abito un po’ fuori mano e stavo finendo la benzina, ma è stato irremovibile.
quando sono arrivato a casa ho passato buona parte della serata a litigare con un bwbachod che è arrabbiato con me da quando per sbaglio l’ho chiuso in un calzino, da allora non fa altro che combinarmi casini in stanza. volevo evitare di irritarlo ulteriormente, allora l’ho inseguito per tutta la casa cercando di affettarlo con dei fendenti di claymore (non provate a fare lo stesso a casa vostra. a meno che non abbiate un amico piastrellista, intendo).
oggi, invece, come tutti i mercoledì che il signore (un signore qualsiasi, suppongo) manda sulla terra (che ne so, non potrebbe mandare dei soldi, invece?), qui ai confini dell’impero imperversa il mercato. solo che con questa gioiosa temperatura esterna, gli affari ristagnano. per dire, mai sentito narrare le qualità del mercato di novosibirsk a dicembre? ecco, ci sarà un perché.
mentre cerco di raggiungere l’ufficio a piedi, incrocio un senegalese disperato che cerca di vendermi un edizione del de trinitate rilegata in brossura. alla fine per farlo contento gli compro una raccolta di frasi celebri di un editore turco. ne scrivo qualcuna così anche voi potrete fare bella figura nei salotti mondani


- ci sono più cose in cielo e in terra, orazio, di quante ne contenga tutta quanta la tua filosofia (clarabella)
- dio non gioca a dadi con l'universo. almeno, non dall'ultima volta che ha perso (a. einstein)
- parigi val bene una messa in piega (jean louis david)
- questi è il figlio mio prediletto. rallegratevi ed in esso esultate (f. totti)
- fatta l'italia, fatto l'inganno (g. garibaldi)
- tu non stai pensando. stai semplicemente applicando la logica (niels bohr ad albert einstein)
- qui una volta era tutta campagna acquisti (avv. agnelli)
- cerco un centro di gravità permanente (newton)
- se non puoi batterli, perdi (confucio)
- pulirne uno per educarne cento (mastro lindo)
- panta collant (eraclito)
- il tempo cura tutte le ferite. infatti prima o poi muori (raul follerau)

lunedì 5 dicembre 2005

esercizi di stile

studio # 234

natura morta con interregionale



sono le otto e mezzo del mattino di un sabato che si annuncia pigro e sonnacchioso, dopo che la neve è caduta con insistenza per tutta la notte.

adesso una pioggia lieve, quasi invisibile ma costante, si insinua nel paesaggio innevato, in un silenzio quasi irreale.

di fianco all’edificio principale della stazione riposa sotto le neve un piccolo giardino, con al centro una vasca per i pesci che ha conosciuto tempi migliori; i cristalli ghiacciati coprono la ruggine del tetto dell’enorme vecchia voliera abbandonata, vuota come un chiosco chiuso per lavori di restauro.

sotto la tettoia della stazione, compaiono all’improvviso due guardie di confine, poi qualche operaio della stazione, e tutti restano fermi qualche minuto prima di entrare nuovamente in qualche locale al caldo, quanto basta per vedere il fiato condensarsi e poi disperdersi verso le finestre.

il treno è immobile sul secondo binario, con le porte aperte e i pantografi alzati, le luci all’interno sono accese, anche se dentro non si vede nessuno. se ne sta lì, inerte e silenzioso lungo il binario, come in attesa di un evento. in lontananza, il semaforo che regola la partenza è inequivocabilmente rosso.

l’interno del treno è caldo, ma il vagone è completamente vuoto e si respira l’odore misto di riscaldamento e vecchi sedili in pelle logorati dal tempo.

alzo gli occhi dal libro, e resto immobile sul sedile a fissare il paesaggio con uno sguardo incerto.

a tratti, un cumulo di neve si stacca dal tetto del treno e scivola dolcemente sul marciapiede della stazione.

il bianco della neve sembra dilatare il tempo e lo spazio, ma in realtà è il silenzio che distorce la normale percezione dell’universo.

poi torno al libro, con la consapevolezza che spesso non c’è alcuna differenza fra quello che vedi e quello che leggi.

dopo qualche ora il treno è ancora lì, fermo sul secondo binario, e a me sembra una buona metafora della mia vita in questo momento.




mandare in overclock il cervello non è mai una buona soluzione, anche se sabato sera il coefficiente di dissipazione termica era decisamente aiutato dalla temperatura esterna. pare comunque che mancassero alcuni componenti indispensabili, tipo un sistema di celle di peltier e alcuni litri di birra.

adesso alcuni neuroni stanno organizzando dei sit in di protesta, e degli estremisti mi hanno appeso sulla nuca il cartello out of order.

scusate, è un periodo un po’ del cazzo.

fra le altre cose devo fronteggiare un’invasione di folletti in ufficio che con la scusa di pulire il pavimento approfittano per nascondere documenti in pieghe spazio-temporali che non si sistemano neanche con un ferro da stiro astrale.

giovedì 1 dicembre 2005

mi sono svegliato e ho trovato un crop circle sulla coperta.

questo getta una nuova luce sulle indagini sui fenomeni alieni che coinvolgono la mia stanza.

il mio cervello trasmette ungheria - el salvador dei mondiali dell’82, solo che invece della telecronaca ci sono delle voci sconnesse che appaiono all’improvviso. non che la cosa mi interessi, voglio dire, lo sanno tutti che l’importante sono i fatti, e non bisognerebbe mai dare retta alle voci.

ad ogni modo, mi sento un po’ come il portiere dell’el salvador a fine partita.

i muscoli del mio collo hanno dichiarato uno sciopero ad oltranza contro le inumane condizioni climatiche cui sono sottoposti (è inutile che mi diciate che devo andare da uno specialista del settore, sono andato tre volte da un ghiro pratico di queste cose, ma l’unico consiglio sensato che ho ricevuto è stato quello di entrare in letargo, d’inverno).

ieri sera, dopo una graziosa telefonata ad un tecnico palesemente non in grado di passare il test di turing, ho chiamato il mio maestro di comunicazione empatica per chiedergli un consiglio. non mi ha risposto.

sono tornato a casa sfruttando la metà non congelata del parabrezza, ho messo sullo stereo i concerti brandeburghesi nella partitura per triangolo e ruota di scorta, e mi sono di nuovo chiuso nell’armadio.

fra le altre cose, devo aver sviluppato una dipendenza agli effetti collaterali dalla naftalina.

lunedì 28 novembre 2005

il 26 novembre è il giorno della sacra ciabatta.

la sacra ciabatta (conosciuta presso altre culture anche come divina pantofola o santa mappina) è la grande madre di tutte le ciabatte, simbolo di fertilità e del ventre materno, che accoglierà nuovamente tutte le ciabatte al momento della loro dipartita da questo mondo.

la comunità delle ciabatte credenti si prende un giorno di ferie, lascia le proprie case e si riunisce per un pomeriggio di ritiro e meditazione sulle rive del lago lemano.

il fatto che questa notizia sia sempre passata sotto silenzio è essenzialmente dovuto ai mezzi di informazione svizzeri che non sono così interessati ai meeting di ciabatte e preferiscono passare notizie come la fiera delle vacche di lingua romancia a chur.

per cui se non trovate le ciabatte, fatevene una ragione. torneranno.


io arrivo in ufficio giusto in tempo per iscrivermi al concorso per lo sbadiglio più lungo del 2005: l’anno scorso sono arrivato in semifinale, ma sono stato battuto da un ragioniere di trondheim.

invece, dopo un paio di settimane in cui aveva inspiegabilmente deciso di starsene comodo al caldo nell’appartamento di fianco, è tornato il gatto. l’ultima volta che l’avevo visto mi aveva trascinato in un dibattito sulla gnoseologia applicata all’esistente. lui stava arroccato su posizioni fondamentalmente idealiste (se non potessimo conoscere la realtà esterna, come potremmo saperlo?) e mi aveva devastato sul piano dialettico (io odio quando mi si batte sulla dialettica).

ad ogni modo sta lì, dietro la porta a vetri, e mi guarda.

gli spiego con argomentazioni razionali perchè non può entrare.

mi guarda.

rispiego, con dovizia di sillogismi e puntuali dimostrazioni.

mi guarda.

passo in rassegna tutte le argomentazioni catalogate da perelman e olbrechts-tyteca (peraltro inefficaci perchè basate sull’affidabilità di un uditorio che, in questo momento, si riduce al gatto).

mi guarda.

espongo diverse teorie sull’interconnessione dell’universo per le quali è assolutamente inopportuno che lui entri.

mi guarda.

apro la porta, mandando contemporaneamente a puttane tutta una serie di illusioni sulla superiorità della specie homo sapiens sugli altri animali.

venerdì 25 novembre 2005

meno tre. non è un conto alla rovescia, è una temperatura.
mi sono distratto un attimo e mi si è criogenizzato il cervello.
niente di grave, è solo che sono nato alla latitudine sbagliata.
la mattina, mentre vado in ufficio con la mia giacca griffata ‘omino michelin’ e una cuffia modello ‘gustav thöni ubriaco’, incrocio due inuit che fanno l’autostop per tornare a casa.
nel parcheggio, alcuni ragnetti stanno organizzando la versione aracnide di holiday on ice sul parabrezza della mia auto, e mi chiedono se possono usare il mio impianto stereo. accetto, però specifico che voglio una parte dei diritti del film, nel caso si dovesse fare.
il lago è di un colore sbiadito che gli autoctoni chiamano amichevolmente “fernando” e corrisponde all’esadecimale #dfdfdf nella scala di grigio (qui si distinguono più di 130 varietà di grigio, catalogate in base alle diverse sfumature e ribattezzate con nomi di fantasia, come grigio ‘crisi-del-29’, grigio ‘vanni’ o anche: grigio ‘ombra-di-topo-scappato-dal-fiume-e-nascosto-dietro-un-cespuglio-di-alloro’. non è che siamo maniaci, è solo che abbiamo pochi altri argomenti di conversazione).
non so, mi manca il passamontagna rosso di quando ero bambino. anche se, a ben vedere, adesso forse lo infilerei dalla parte sbagliata: sarebbe decisamente più rassicurante.


 


martedì 22 novembre 2005

non è che mi dia fastidio litigare con me stesso. voglio dire, è un modo come un altro di prendersi in considerazione.

quello che mi dà realmente fastidio è quando litigo con me stesso e perdo. ultimamente mi capita spesso.

in compenso ho affinato l’invidiabile capacità di trovarmi sempre nel posto giusto al momento sbagliato; oppure nel posto sbagliato al momento sbagliato.

ad ogni modo, se considerate che lo spazio-tempo è un sistema di riferimento non assoluto, questa cosa perde immediatamente qualsiasi significato negativo.



giovedì scorso, mentre per le vie di rimini litigavo con una reflex che non aveva assolutamente voglia di assecondare le mie pretese, mi ha chiamato il maestro del corso di consapevolezza per informarmi che ha deciso che dovrò esibirmi nel saggio di fine anno.

a dicembre, in piazza della riforma, a lugano, indosserò una tunica di flanella bianca e risponderò alle domande della gente nel modo più saggio possibile.

la consapevolezza sta nel fatto che tutti e due sappiamo che in fondo è solo uno spettacolo, ma, come diceva enrico iv, lugano val bene una messa in scena. e soprattutto c’è verso di ricavare qualche soldo.

qualche ora più tardi, dopo 13 km di tangenziale ovest percorsi a passo d’uomo, acquisisco nuove consapevolezze da sfruttare sulla via della sapienza. ad esempio, realizzo che il nuovo tappo ergonomico per le bottigliette di plastica è uno dei segni dell’imminente apocalisse.

dopo mezz’ora di immobilità quasi totale, mi sorpassa abebe bikila in corsia di emergenza, sempre a piedi nudi ma travestito da operaio anas: mi guarda di traverso e fa un gesto vago indicandosi il polso, come per dire: “ti aspetto al casello”.

decido di prendere in mano la situazione e cerco una trasmittente per chiamare scottie in sala macchine e farmi teletrasportare fuori di qui: mi risponde la segreteria telefonica che mi spiega che a quest’ora il signor scottie è impegnato con le domande di passaparola, tipo qual’è la capitale del buthan. riattacco, che non ho thimpu da perdere.

quando arrivo al km 29 c’è un comitato di accoglienza con la fanfara dei bersaglieri e un chiosco abusivo di bratwurst gestito da un avvocato di stoccarda rimasto bloccato qui mentre rientrava dalle ferie lo scorso agosto.

quando finalmente arrivo a casa metto sullo stereo il iv concerto di jack brezinsky, nella partitura per violoncello e piano astrale, poi mi infilo nella lavatrice e metto il programma per i delicati.

sabato 19 novembre 2005

l'universo sta bene, e vi saluta.
fate ciao con la manina
(io torno quando mi assicurano che sono vivo)

ultim'ora
il comprensorio scolastico di pasteur (milano) ha deciso di intitolare gli istituti agli scopritori del dna.
sono nate così la scuola elementare watson e la scuola media crick (il cui nome completo sarà crick del 128, per esigenze di sponsor)

martedì 15 novembre 2005

scusate, è che sono nuovamente impegnato con quella cosa di salvare l’universo, e tutto il resto.
tra l’altro, è piuttosto complicato salvare l’universo da un cassetto della scrivania.

mercoledì 9 novembre 2005

sto cercando di annodare un quipu (d’accordo, ho una motricità fine degna di una qualsiasi specie animale mancante di pollice opponibile, e allora?) quando due tomisti mi trascinano in un dibattito sull’esistenza dell’universo.

(se i tomisti hanno un problema, è che pensano sempre di dover dimostrare qualcosa: è quello che gli esperti del settore chiamano “la malattia di aristotele”; quando sono molto ubriachi gli esperti del settore riconoscono anche che dimostrare qualcosa è molto complicato se la controparte non collabora e inspiegabilmente rifiuta di accettare delle premesse assolutamente stupide e parziali. solo che se uno non accetta le tue dimostrazioni, la cosa è piuttosto deprimente, sapete? quindi raggiunto un adeguato tasso alcolico, questa categoria di filosofi viene anche indicata anche come tomesti)

ad ogni modo, continuano a discutere fino a quando non eseguo il numero del filosofo del cheshire per levarmeli dalle palle. non ho molta voglia di parlare.

in fondo, in questo periodo, in fatto di pensieri sono piuttosto parco. vuol dire che mi cresce l’erba nel cervello, immagino.

ho anche deciso di smettere per un po’ di frequentare il corso di ubiquità: non avere niente di interessante da fare stando contemporaneamente in due posti diversi non è granchè divertente. ne parlavo ieri con un airone cenerino che si era perso cercando una porta dimensionale* sull’estuario del fiume vicino a casa mia.

non che lui mi stesse ad ascoltare: gli aironi cenerini sono piuttosto riservati e non danno molta confidenza agli sconosciuti (vivere in riserva ha comunque i suoi vantaggi, occorre dirlo. a meno che tu non sia un'automobile, intendo).

comunque le giornate si trascinano più o meno tutte simili, verso sera arrivo a casa, infilo nello stereo my funny valentine nella versione di ben “fatto” webster, poi mi chiudo in un cassetto della scrivania.



* altre porte dimensionali: la pietra rettangolare della pavimentazione nella navata laterale ovest del transetto sud della cattedrale di chartres, la pagina 67 del “ristorante al termine dell’universo” di douglas adams (nell’edizione urania), la vibrazione che si sviluppa dopo dodici minuti e trentasette secondi usando senza interruzione un martello pneumatico bosch 3/4" core hamm (chiamato anche “hyeronimos” dagli addetti ai lavori), il rosone centrale dell’abbazia di san galgano, il ripostiglio della signora millgram a eastbourne (sussex), la seconda pietra della terza fila dell’allineamento di kerlescan a carnac.

per una completa disposizione delle porte dimensionali potete consultare il manuale “porte dimensionali e serramenti astrali”, dirk fenderson , ed. jaka book.



PS un bacio alla pimpantona, nel caso mi stia leggendo. ehi, ciao pimpantona!

(questo sarebbe uso privato di mezzo pubblico, una cosa tipo quando rubi un autobus per andare al supermercato)


martedì 8 novembre 2005

ecco, sembra niente, ma credo sarebbe un vantaggio se avessi una macchina che prendesse in considerazione l’ipotesi di partire, al mattino.

lunedì 7 novembre 2005

giovedì 3 novembre 2005

subterrean homesick blues


metropolitana, interno giorno.

il vagone è quasi vuoto, poche persone, in silenzio, mentre il treno sferraglia lento e sgrana le fermate, come un rosario cittadino.

all’improvviso si materializzano dal nulla quattro asiatici che si siedono di fronte a me, disquisendo fitto nella loro lingua madre.

mi arrivano frammenti di conversazione, qualcosa che potrebbe vagamente somigliare a joyce, se solo joyce avesse saputo il mandarino (nel senso della lingua, non dell’agrume).

continuo a fissare un punto imprecisato della carrozza fino a che, dopo qualche minuto, non distinguo chiaramente le parole “otis redding”.

a quel punto li guardo con aria interrogativa e chiedo: “avete mica detto otis redding?”.

loro si scambiano uno sguardo di intesa, si accordano, poi eseguono sitting on the dock of the bay a cappella. in cinese.

sipario.


qualche ora più tardi mi fermo sulla riva del lago, più o meno nel mezzo del nulla, sotto un cielo grigio carico di pioggia. alcuni gabbiani stanno volando seguendo una precisa traiettoria, in modo da formare la scritta “wo darf ich heimisch sein?”.

da nord, oltre le montagne, arriva un vento freddo.

io resto qui, con la sensazione di essermi perso qualcosa di importante.



ultim’ora

è in arrivo la nuova versione dell’a-team, ossia il sequel di uno dei telefilm più amati degli anni ’80. la nuova serie, che sarà interpretata da nuovi attori e riadattata alla nuova situazione contemporanea, si chiamerà a-team business.


martedì 1 novembre 2005

trovare un posto, viaggiare comodi e arrivare a destinazione in orario non ha prezzo.
per  tutto il resto, c'è trenitalia

giovedì 27 ottobre 2005

tempo fa, qualcuno da queste parti aveva piantato una palma.

una palma. qui.

che non è che il clima aiuti, diciamo.

come sostiene il vecchio adagio (i vecchi non parlano mai veloce, in effetti), la palma è la virtù dei porti, ma si intende quelli esotici, non quelli di lago.

quando non ero impegnato a nascondermi nei tombini, ogni tanto mi fermavo a guardarla (non sottovalutate mai un bambino che guarda qualcosa). e poi nei tombini ti trovano subito. no, per dire.

insomma, funziona così: prima non ci fai tanto caso. cioè vedi una pianta un po’ diversa dalle altre e basta; poi impari tutte quelle cose sui climi temperati, tipo le matite, e inizi a farti delle domande.

il fatto che tu perda tempo a fissare una palma potrebbe anche far preoccupare le persone che ti stanno intorno. invece tu stai solo facendo il possibile per diventare un adulto disadattato, da grande. stai facendo il tuo lavoro di bambino, tutto qui.

il concetto è che continui a dirti che con tutta probabilità quella palma non dovrebbe stare lì.

a meno che la palma non lo avesse consapevolmente scelto, ma, come dire, all’epoca mi sembrava improbabile. non ne aveva l’aria. poi credo sia morta. non lo so esattamente, le piante non mi hanno mai parlato volentieri, però dopo un po’ venne estirpata da una motosega, e questo suppongo segni un punto a favore della mia ipotesi.

tutto questo dovrebbe avere una morale, immagino.

tipo che a volte è molto meglio nascondersi nel locale caldaia.



mi serve qualcosa che mi liberi il cervello dalle interferenze.

non provate ad inalare acqua ossigenata: non funziona


mercoledì 26 ottobre 2005

toledo1991® è entrata in sciopero e si rifiuta di partire.
siamo stranamente in sintonia.
stando agli ultimi risultati dei negoziati per sbloccare la trattativa, potrebbe ripristinare la mobilità degli organi controllati dal motorino di avviamento solo a patto di un considerevole innalzamento della temperatura esterna.
del resto lo fa tutti gli anni, in questo periodo.


(segue dibattito fra me e meccanico di fiducia, novembre 2004)
-beh, si potrà pur fare qualcosa
-sì, rottamarla e ridurla ad una valigetta portatile in lamiera
-qualcosa di meno invasivo?
-no.
-…

venerdì 21 ottobre 2005

oggi proprio non è giornata. neanche settimana, se è solo per quello. e anche sulla stagione avrei da ridire.

per evitare scompensi ho tarato il misuratore di emozioni sulla scala brinell.

avrei solo voglia di disgregarmi nell’universo.

mi dà l'idea che i miei atomi farebbero meno danni se facessero di testa loro, invece di aggregarsi intorno ad un unico stupido centro di percezione.

solo che quando ne hanno parlato al corso di smaterializzazione stavo dormendo.

martedì 18 ottobre 2005

il 18 ottobre si festeggia la giornata di kreemer l’anfibio.

nella cosmogonia dogon si narra di un enorme rinoceronte che minacciava di distruggere la cintura di orione (la costellazione, non il prete) con danni incalcolabili per il genere umano. la cintura, come sanno anche i bambini, serve a tenere in vita i pantaloni della galassia, di cui il pianeta terra è un punto dell’imbastitura. se i pantaloni morissero, anche l’imbastitura perirebbe.

per fermare il rinoceronte, kreemer l’anfibio raccontò agli dei una storia così triste che li commosse a tal punto che essi piansero per giorni e giorni, e le loro lacrime inondarono la galassia e resero viscido il percorso del rinoceronte, così che la terra fu sommersa dalle acque, ma kreemer l’anfibio riuscì a portare a termine il suo piano eseguendo un perfetto sgambetto universale che fermò il rinoceronte.

(la storia che kreemer l’anfibio raccontò agli dei non viene riportata perchè è una vicenda assai personale, e a quei tempi esisteva ancora la privacy. occorre anche dire, però, che a quei tempi, gli dei erano assai meno furbi e decisamente più sensibili).

questa vicenda, tramandata a noi dagli scribi, diede origine poi, nelle varie popolazioni indoeuropee ad un mito che avrete certo riconosciuto, ossia quello della cacciata dal paradiso terrestre (gli scribi non sono tanto affidabili come pensate, quando si tratta di tramandare un avvenimento. provate voi a scrivere su delle tavolette di argilla, di cose di cui non capite niente, sottopagati, sotto dettatura di sacerdoti ubriachi)

ne consegue che kreemer l’anfibio, a tutti gli effetti, fu il primo a:

- salvare l’universo dalla distruzione (adesso sapete con chi prendervela)

- influenzare il clima ed il corso naturale delle cose raccontando un paio di balle agli dei (e così nacque la scienza)

- affogare buona parte dei non anfibi (ecco, forse questo è l’unico merito)

- prendere decisioni in maniera unilaterale, dato che se avesse chiesto al rinoceronte, avrebbe scoperto che lui voleva semplicemente liberarsi di alcune fastidiose api.


ma non era questo che volevo dire.

volevo dire che nel giorno di kreemer l’anfibio, io ho un accordo con alcune divinità climatiche per influenzare la situazione metereologica ed adeguarla al mio stato d’animo.

in effetti, piove.

ma pioverebbe comunque, immagino. le divinità climatiche sono assai suscettibili e mi odiano da quella volta che ho rovesciato della birra addosso ad uno di loro all’uscita di un locale, quindi se ne fottono del mio stato d’animo.

come il resto dell’universo, d’altronde.

ne consegue che la cosa dello stato d’animo lascia un po’ il tempo che trova (anche letteralmente, in questo caso).

lunedì 17 ottobre 2005

esercizi di stile
studio # 227
musica per avverbi, porte automatiche e luci soffuse


sono le 20 e 14 di una domenica sera tipica di una stagione che volge lentamente all’autunno inoltrato, una di quelle giornate limpide in cui il clima è piuttosto indulgente con le persone che camminano veloci, in una milano che sta cominciando a diventare irrimediabilmente buia.
se vi trovaste per caso a passare dall’ingresso della metropolitana di porta genova, e precisamente dai gradini che da via casale si immergono nella stazione, potreste osservare una persona scendere piano le scale e avvicinarsi lentamente al distributore automatico di biglietti.
indossa un paio di jeans slavati, una felpa bianca e una giacca scozzese che assomiglia vagamente ad una camicia di un boscaiolo del quebèc.
se solo alzaste lo sguardo per qualche secondo, lo vedreste lasciar passare davanti a sé due ragazzi piuttosto di fretta (non tanto per gentilezza, sembra piuttosto che non abbia granchè fretta, e in tutta onestà, stia pensando ad altro).
potreste vederlo acquistare il biglietto, superare i tornelli e dirigersi verso la banchina in direzione cologno, mentre da sotto arriva il rumore di un treno che si ferma, apre le porte, poi riparte con una sequenza di gesti studiati che avrebbero pure un significato, se solo ci faceste caso.
la persona non accenna ad accelerare il passo, mentre dalle scale sale una piccola folla, una curiosa popolazione notturna che sciama verso le uscite e lo incrocia senza apparentemente accorgersi di lui. 
se aveste tempo da perdere, evitando di scontrarvi con le perone piuttosto distratte che risalgono le scale, lo seguireste al binario quasi deserto, mentre decide di camminare con metodo da un capo all’altro della banchina, con una lentezza quasi esasperante, calibrando il gesto con consapevolezza, sempre uguale a se stesso, trascinando leggermente la suola delle scarpe da ginnastica (quasi nuove, a dire la verità) contro il pavimento ruvido, gomma contro gomma, un rumore ritmico quasi impercettibile ma significativo per un orecchio attento.
il pannello luminoso adesso segna sette minuti di attesa, e potreste osservarlo fare due volte il percorso completo della banchina, apparentemente assorto nel gesto così ripetitivo del camminare, un passo dopo l’altro, semplicemente, nel tempo che lo separa dall’arrivo del treno.
poi, con un rumore improvviso, la vettura di testa sbuca dalla curva, trascinandosi dietro un suono che riempie tutta la stazione e si riverbera sui manifesti delle pubblicità e sui graffiti metropolitani
la persona si ferma, mentre le porte si aprono. dà un’ultima occhiata alla banchina, poi sale sul treno, con un passo deciso, prima che le porte si richiudano di scatto.
mi dispiace, ma voi restate fuori.


fuori fa freddo, e io resto sdraiato a guardare il soffitto nella penombra, mentre dalle casse dello stereo la voce di ani di franco si spalma sulle pareti.
qualsiasi beneficio cerchiate, il soffitto non vi aiuta granchè, ve lo dico per esperienza.
adesso scusate, vado a coibentarmi i centri emotivi

mercoledì 12 ottobre 2005

l’applicazione non risponde.

è in bagno? ha preso un giorno di ferie? non ha una segreteria telefonica?

maleducata. ma dico, rispondi, che ti costa?


ieri, nel freddo di una panchina, disquisivo di procedure con al-khwarizmi

la cosa interessante delle procedure è che bisogna eseguire delle operazioni secondo un ordine, ma è indispensabile capire quale; ad esempio, se quello dei cavalieri di malta non funziona, forse è perchè servono quelli di terracotta.

conoscere le procedure permette di evitare spiacevoli inconvenienti: ad esempio, prima di installare un’espansione di memoria sui neuroni è necessario avere un sistema operativo cerebrale che funzioni, prima di un viaggio astrale è consigliabile acquistare un biglietto in un’agenzia di viaggi astrali*, prima di disquisire di procedure è consigliabile evitare di essere su una panchina al freddo. insomma, come dicono i registi, serve un piano sequenza.

mi sto attrezzando. adoro i piani ben riusciti, come diceva il colonnello steinway.

i sovietici, quelli sì, con i loro bei piani quinquennali. io al limite ho una vaga idea di quello che farò nei prossimi cinque minuti: credo che continuerò a dormire, pare aiuti eventuali insabbiamenti emotivi.

anche voi, fate piano, per favore.


* da non confondere con le compagnie di viaggi a strali, che sono quelle che vi estorcono invettive e maledizioni

lunedì 10 ottobre 2005

john mc dougall, docente di teoria e tecnica della comunicazione presso l’institute of communications research dell’illinois, sostiene che nel linguaggio dei media contemporanei, pubblicità e comunicazione si identificano.

mc dougall ha pubblicato un semplice manuale per pubblicitari (lupetti editore) organizzato in due lezioni, che permetterà anche a voi di raggiungere un sufficiente standard comunicativo nel caso vi dedichiate alla nobile arte del comunicatore di professione.


istruzioni per pubblicitari in due lezioni


lezione 1 (di ciò che è utile)

- fate un’attenta analisi del prodotto che dovete pubblicizzare

- evidenziate il suo peggior difetto

- asserite il contrario


corollario

un prodotto per cui non riscontrate difetti non ha alcun bisogno di essere pubblicizzato


lezione 2 (di ciò che è inutile)

- fate un’attenta analisi del prodotto che dovete pubblicizzare

- constatate che è inutile

- asserite il contrario

giovedì 6 ottobre 2005

al corso pratico di nirvana il maestro cerca di insegnarci a lasciare che l’autocoscienza si scomponga per lasciar posto all’armonia dell’universo.

il concetto è dimenticarsi di sè per acquisire una visione globale dell’interconnessione del tutto. ovviamente ciò impone uno sforzo di autocoscienza, il che è decisamente paradossale per noi occidentali.

ieri ho raggiunto qualche risultato e mi sono dimenticato di me per qualche ora, prima di andarmi a riprendere in un portaombrelli.

sono giorni strani.

anche le notti non sono granchè, per dirla tutta.

il lago si scolora giorno dopo giorno, fino a raggiungere un grigio uniforme che si insinua nei miei pensieri.

a volte la sera accendo il computer solo per mettere ordine fra le cartelle e i neuroni. come un leone isaurico qualsiasi mi accanisco contro le icone del desktop, per evitare l’invasione dello schermo ho adottato una risoluzione onu che ha imposto al monitor una rigorosa delimitazione del territorio.

per ingraziarmi le divinità informatiche, invece, brucio incensi al dio dei server e recito mantra facendo girare ritmicamente la rotella del mouse (il mio è un nobile intento, ma ho come l’impressione che non server).

tutte le sere vado sul sito www.connessionineuronali.com provo a scaricare l’upgrade del kit salvaneuroni 2.0, con scarsissimi risultati.

nel frattempo edward de bono mi guarda storto da dietro la finestra del bagno, io fingo di ignorarlo finchè non se ne va da un uscita laterale. poi, prima di andare a dormire, metto sullo stereo il concerto L 22 per grattuggia e macchina per scrivere, live in riazzino (ch), diretto da sandor krebbs

martedì 4 ottobre 2005

per testare un nuovo detersivo, nel weekend sperimento innovative tecniche di lavaggio.

la più trendy in questo periodo prevede di salire su un treno indossando indumenti completamente bagnati, cospargersi di sapone liquido, attendere pazientemente in ammollo per un paio d’ore, e scendere dal treno due ore dopo per il risciacquo completo.

pare funzioni ottimamente, non vi resta che provare.

nonostante numerose invocazioni a divinità (ora me ne rendo conto) del tutto sbagliate, continua a piovere.

oltretutto, a meno che gli svizzeri non stiano organizzando i mondiali di escursione alpina su zucchero a velo, o, in alternativa, una famosa ditta produttrice di pandoro abbia deciso di lanciare su grande scala la campagna pubblicitaria per il natale 2005, c’è della neve sulle montagne al di là del lago. la cosa mi lascia perplesso.

alcuni animali, con l’arrivo del freddo, si chiudono in casa e dormono. altri svernano gratuitamente in luoghi caldi.

gli esseri umani hanno inventato il cappotto e il riscaldamento a pagamento, così da poter lavorare anche d’inverno.

ora, da un punto di vista strettamente razionale, perchè molte persone si ostinano a sostenere che siamo la specie più evoluta del pianeta?


ultim’ora

aperto in sicilia il primo parco divertimenti per felini domestici, si chiamerà gattoparco.

venerdì 30 settembre 2005

lo sapevo che non avrei dovuto lasciare la finestra aperta.

approfittando di una giornata di pallido sole arriva sul davanzale lasciando fastidiose impronte palmate.

la risposta corretta alla domanda “dove vanno i germani reali quando ghiaccia il lago” è: ma che cazzo ne so, da queste parti il lago non ghiaccia mai.

io se avessi le ali andrei ai caraibi, invece di rompere le palle alla gente per bene


-stai sprecando il tuo tempo

-quest’affermazione necessiterebbe di un’adeguata esplicitazione del concetto di tempo, oltre che di una immutabile scala di valori inerenti il concetto di spreco

-...

-vabbè, che prove hai?

-a parte l’evidenza?

-con evidenza intendi l’intenzionalità fenomenologica husserliana?

-stai sparando delle parole a caso per evitare di rispondere?*

-sì. non te l’ho mai detto ma sono un cugino di mallarmè

-...

-se non ti levi di qui ti infilo nella macchina per scrivere e dimostro che anche con le vecchie tecnologie è possibile scrivere su supporto volatile.


fuori il sole cerca di tramontare, o forse sta solo cercando asilo politico in svizzera.

io, invece, sto parlando di filosofia con una papera.



*la vera arte filosofica, nonostante quello che sostengano gli esperti del settore, è l’abilità di rispondere ad una domanda con un’altra domanda



ultim’ora

dopo che si è giunti alla conclusione di una lunga e accurata indagine della magistratura sulle stragi di stato in italia nel contesto della guerra fredda e della tesi della democrazia limitata, grazie alla piena collaborazione dei servizi segreti italiani e americani, pare sia finalmente dimostrato che la strategia della tensione non sia da imputarsi al malfunzionamento di alcune centrali enel.

mercoledì 28 settembre 2005

come sostiene il professor spalding nel suo saggio “forme e colori nello spettro cosmico: anatomia del fantasma dell’universo”, il grigio domina le galassie.

pochi sanno, invece, che il grigio ha prenotato un soggiorno a mezza pensione per otto mesi all’hotel ancora, con una splendida vista lago, a trecento metri da qui.

è arrivato ad agosto, spiega la signora stella che gestisce l’hotel con l’aiuto del marito, qui è un posto tranquillo dove a nessuno verrebbe in mente di cercare il dominatore dell’universo*. oltretutto facciamo sconti per soggiorni di lunga durata.

io mi sveglio in versione mostro di düsseldorf, o quanto meno con la stessa gioia di vivere.

la domanda per l’inserimento dell’italia in una fascia climatica sub tropicale si è arenata nei meandri della burocrazia degli dei del clima, e io sono ostaggio di una divinità minore a cui inavvertitamente ho rigato la macchina (vabbè, sono cose che succedono).

verso le nove mi chiama friederich murnau, impressionato dalle mie movenze, e mi chiede se voglio fare un provino da protagonista per il prossimo film. gli chiudo il telefono in faccia, che non ho tempo da perdere visto che mi aspetta un’estenuante seduta di free cell.

il mio maestro di ikebana per neuroni non è del tutto convinto che l’arte di disporre le carte su uno schermo, alla lunga, aiuti la pace interiore. però, chi può dirlo?

verso sera infilo il mio costume da betamax e vado in giro per le strade canticchiando auferstanden auf ruinen


*sarebbe lecito che voi vi domandaste che lavoro fa uno che è il dominatore dell’universo. secondo alcune teorie esoteriche, professate da numerosi astrologi, controlla che mercurio in prima casa paghi l’ici.



ultim’ora

l’associazione italiana arbitri, in collaborazione con il wwf, dopo un’attenta indagine di mercato sui brand usati da soggetti internazionali che operano nel mondo del calcio, e analizzate le tipologie di alcune specie animali minacciate di estinzione, ha deciso di adottare come simbolo della categoria un cardellino giallo.

giovedì 22 settembre 2005

sulle scale incontro una commissione della scuola di chartres che vuole estrocermi un’iscrizione.

per dissuaderli prendo fulberto in ostaggio e gli declamo una mia tesina sulla politica di re giorgio v e dei suoi successori, giorgio w, giorgio x, e giorgio y, poi mi infilo nell’ascensore.

appena arrivo in ufficio faccio entrare il gatto ed iniziamo le solite battaglie per il possesso della scrivania. cioè, lui vuole saltare sulla scrivania, io per distrarlo gli parlo delle motivazioni etiche per cui non dovrebbe farlo, ma stamattina tende ad essermi superiore nella dialettica.

continuiamo con le schermaglie recitando da tom e jerry (lui è tom, per via delle orecchie) fino a che a) lo ignoro e se ne va sdegnato b) lo attiro sul balcone millantando il possesso di un manoscritto di giovanni di salisbury rilegato in brossura, lui abbocca e io lo chiudo fuori.

più o meno queste sono le uniche attività che mi concedo durante la giornata, per il resto mi trascino in una atarassia conclamata che alcuni maligni scambiano per catatonia.

lo psicologo che frequento settimanalmente sostiene che dovrei fare un programma giornaliero che scandisca impegni e motivazioni, tenendo presente che il periodo più fecondo della giornata dovrebbe essere quello fubito dopo il primo.

il problema essenziale è che lo psicologo che frequento settimanalmente è una lavatrice a carica frontale (troppo comodo ricevere le cose dall’alto, bisogna guadagnarsele) che si è iscritta a psicologia perchè da bambina aveva difficoltà con la centrifuga e la chiamavano lavatroce. i bambini sanno essere crudeli.

comunque mi sforzo di tenere attivi i neuroni evitando che il mio cervello trasmetta in loop la pubblicità del rotowash: come sosteneva la setta dei pacifici marinai razionalisti (estintasi per cause tuttora misteriose ed inspiegabili nel xvi sec.) il sonno della ragione genera rostri, fra cui il temibile padre rostro, il rostro di loch ness e rostropovich.

verso sera esco dall’ufficio un po’ nervoso e rientro a casa maledicendo turisti dell’oberland bernese, augurando infiammazioni al genioglosso (lo spiritello che si nasconde nella bocca e ti spinge a dire cazzate) a tutta la specie homo sapiens.

che ci volete fare, è un periodo un po’ così.

martedì 20 settembre 2005

capisci di avere sonno quando nel parcheggio del supermercato cerchi con insistenza di infilare l’euro per il carrello nella serratura dell’auto

lunedì 19 settembre 2005

----- Original Message -----

From: eddie

To: xxx

Sent: Friday, September 14, 2005 10:48 AM

Subject: don’t cry for me insubria (del resto, non c’è pericolo)


la situazione è piuttosto liquida.

per il resto continuo la mia vita da disadattato. qui al lago sta cominciando la stagione delle piogge e la mattina è quasi buio, quindi tutto normale.

lavoro, passo mattine e pomeriggi interi a disegnare (una cosa che fondamentalmente odio) e giocare a free cell (una cosa che fondamentalmente mi annoia) quindi direi che la mia vita è sui binari giusti. però mi pagano poco, quindi direi che va bene così.

come procede il tuo lavoro? qualche ragazzino ha finalmente dato fuoco alla scuola dopo aver parlato con te? il chievo vincerà lo scudetto? toni si è messo con eleonora? in quale posizione diana dà il meglio? (questa sembra una domanda porno, e invece). perchè non potrebbero pagarmi duemila euro al mese, così, sulla fiducia? perchè la playstation portatile è uguale al game boy e sembra il maxischermo del grande puffo?

queste sono le vere domande fondamentali della vita, è inutile che stiamo lì a perdere tempo con le altre.

poi spero di vederti presto, magari mi organizzo per il mese prossimo così se sei libero passo a trovarti

bacio

giovedì 15 settembre 2005

 


il simposio sul dio enki si tiene in una taverna appena oltre confine, alla presenza di numerosi insigni luminari e scarse insegne luminose, come si conviene ad un convegno di tal fatta.
il risultato è che già trovare il posto è un successo esistenziale, e dentro il locale non si vede granchè.
ad ogni modo quelli come me sono lì essenzialmente per il buffet gratis. mica siamo gente sociale, è solo un modo intelligente per risparmiare due lire sulla cena (questo è uno dei due modi di dire che etimologicamente derivano dai menestrelli del medioevo; l’altro è “si lavora e si fatica per il pane, et cetra, et cetra”)*.
il fatto che siamo costretti a ricorrere ad intelligenti strategie orientate al risparmio causa inesistenti risorse economiche (nonchè a complesse strutture linguistiche per dire che non abbiamo soldi) non ci squalifica come filosofi: non per forza per essere filosofi si deve essere ricchi, o cretini. anche se mi rendo conto che in effetti aiuterebbe assai.
dopo un po’, com’è logico, si finisce a mangiare pesce d’acqua dolce e parlare di epistemologia (non essendo ancora abbastanza ubriachi, però, si evita la fisica quantistica).
le varie posizioni più o meno seguono tre scuole di pensiero:



  • scuola sincretica di neoplatonismo e taoismo, per un approccio olistico alla teoria scientifica, che riattualizza il tentativo di teoria unificata di einstein e il concetto di ologramma (“tutto è uno”, spega michael peugeott, il che indubitabilmente semplifica i calcoli matematici)

  • scuola pragmatica sulla scia tecnicista di enki, per cui il concetto di verità va mutuato con quello di coerenza e risoluzione dei problemi sul modello di perelman e laudan  (riassunti nell’affermazione di dieter angst “popper è un epistemologo, non una droga sintetica”)

  • scuola scettica (a cui sento intimamente di appartenere e che si esplicita nella frase “si può avere ancora della pizza?”)


segue dibattito sulla matematica


- gödel dimostra che, a dispetto di tutti gli sforzi possibili, qualsiasi sistema formale può produrre teoremi indecidibili (ovvero né veri, né falsi). l’uomo non è quindi in grado di produrre sistemi di rappresentazione, o modelli, “perfetti”.
- significa che la scienza non sarà mai in grado di comprendere e descrivere con certezza assoluta i fenomeni?
- la scienza in generale non ha certezze che non siano derivate da postulati tecnicamente indimostrabili, questo era già chiaro a tutti gli scienziati; la novità è che il teorema certifica definitivamente che qualsiasi sistema formale non è mai completamente dimostrabile dal suo interno. 
- quindi indubitabilmente la matematica è un’opinione
- esattamente. un enorme, logico, coerente, sistema di opinioni. di cui è ovviamente lecito discutere, cambiare regole, idee e prospettive.
- però sono i calcoli matematici che fanno sì che un ponte non crolli.
- ecco, questo è il punto. sono le opinioni che non fanno crollare i ponti



 



*(pochi sanno che anche buffet deriva etimologicamente dalla saggezza popolare. ecco il percorso psicologico che ha portato alla nascita del lemma: “nero di sera prepara bufera. no, forse non bufera così. e allora come bufè? vabbè, intanto mangio due stuzzichini che è quasi ora di cena.”)

lunedì 12 settembre 2005

marshall mcluhan non è un modello di amplificatore valvolare


sono da qualche parte in uno squallido bar nella ventisettesima dimensione quando la voce del nimesulide mi riporta in ufficio: se c’è una cosa che odio del villaggio globale dimensionale è che ormai non puoi stare tranquillo da nessuna parte. e soprattutto non mi spiego perchè dovrei sempre tornare in una dimensione pervasa da un’insana passione collettiva per inutili esercizi di matematica combinatoria che viene inspiegabilmente chiamata con un nome giapponese.

il mio maestro di yoga per neuroni (un orsetto lavatore che ha lasciato il suo primo lavoro per trasferirsi qui a insegnare yoga) mi spiega che il dolore alla schiena è un grande passo sulla via sulla consapevolezza, un modo come un altro per scoprire il proprio corpo evitando di prendere freddo. io avrei scelto altri modi per acquistare consapevolezza (non so, tipo la carta di credito) ma lui sostiene che il male alla schiena obbliga ad evitare la valuta corrente.

annuisco cercando di muovere il meno possibile la spina dorsale: so benissimo che ci sono cose che il denaro non può comprare, però il fatto che io paghi 55 euro all’ora per la lezione mi lascia alquanto perplesso. comunque non chiedo nulla, che gli orsetti lavatori sono abbastanza pericolosi quando si incazzano.

nel pomeriggio tento il suicidio giocando tre ore di fila a free cell, con scarsi risultati (le statistiche mi informano che in tre ore ho raggiunto solo il 72% di suicidio).

la sera, invece, ho in programma di partecipare a un simposio sul dio enki organizzato da un branco di alborelle.



ultim’ora

nessuna crisi per gli impieghi del settore informatico nel mercato del lavoro in italia.

un sistemista di milano si è notevolmente arricchito dopo aver finalmente sfruttato le sue capacità vincendo al totocalcio.

giovedì 8 settembre 2005

mi sveglio e da subito percepisco una certa affinità con una tavola da surf.

la tavola da surf ha una vita tutto sommato tranquilla, a parte quando qualcuno cerca insistentemente di piegarla o smuoverla dalla sua placida rigidità.

il problema principale credo sia il fatto che una tavola da surf ha una soglia del dolore molto più alta della mia (e infatti non ho mai sentito una tavola da surf urlare, ma questo potrebbe anche dipendere dal fatto che io e le tavole da surf non ci frequentiamo granchè).

in sintesi, non credo le tavole da surf provino tutto questo dolore. almeno non tutto quello che provo io. ma si sa che quando si prova dolore si tende a concentrarsi su se stessi e diventare molto egocentrici, quindi potrei sbagliarmi.

cioè, se venisse una tavola da surf a dirmi che soffre più di me potrei anche ricredermi.

questa cosa del dolore immagino dipenda dal fatto che tutte le articolazioni preposte al corretto fuzionamento di schiena e collo hanno dichiarato guerra al mio cervello, mandandogli segnali piuttosto espliciti. a mio parere si tratta a tutti gli effetti di un colpo di stato.

fonti non governative dichiarano che sono in atto alcuni tentativi di mediazione, che tuttavia sembrano restare infruttuosi a causa della scarsa disponibilità delle parti a un dignitoso compromesso, il che comporta una fastidiosa paralisi delle attività motorie. qui si attende con trepidazione un’iniziativa dell’onu per cercare di sbloccare la situazione.




appunti per il corso di misticismo trascendentale: applicare la logica all’essere è come cospargere di vaselina una cintura di castità. puoi spingere quanto vuoi ma non c’entra un cazzo.


martedì 6 settembre 2005

provo ad arrivare in ufficio senza tamponare una smart targata basel land che viaggia prudentemente per la mia stessa strada a 25 km/h.

il fatto che uno decida di venire qui da basilea in smart incrina ulteriormente (come se ce ne fosse ancora bisogno) la mia fiducia nella razionalità dell’universo.

e infatti l’universo oggi è in balia di un gruppo di divinità fotofobiche.

per protestare chiamo il call center preposto all’assegnazione del microclima in fasce temperate ma un semidio piuttosto scortese (vabbè, uno diventa semidio poi lo sbattono in un call center come stagista, è comprensibile) mi risponde che per ottenere davvero qualcosa dovrei prima cambiare umore (la solita storia della scuola idealista, linguaggio e intenzionalità creano il mondo: uno non diventa semidio mica per niente).

niente da fare: sulla via dell’illuminazione trascendentale, l’unica soluzione percorribile oggi è accendere la luce (soluzione di comodo, non fosse per la non trascurabile inevitabilità della bolletta).

il mio maestro di disorientamento gesaltico è occupato a sperimentare degli occhiali che mentre sei in bagno ti mostrano la cucina e viceversa (con alterni risultati, occorre dirlo), e sul sito www.ikebananeuronale.com il download del protocollo per il cambiamento di umore non funziona.

il mio nuovo psicoterapeuta di fiducia, invece, sostiene la necessità di facilitare inizialmente le opere di rimozione per portare il paziente a contatto con la crisi consigliando l’acquisto di un carro attrezzi.

abbiamo litigato su questa cosa, io non sono del tutto d’accordo. quantomeno speravo che la sua specializzazione nel trattamento di nevrosi e depressioni dei vigili urbani ed ausiliari del traffico restasse solo sullo sfondo.


ultim'ora

grande attesa per il prossimo film di george clooney di nuovo nei panni di regista: racconterà la storia di un barman che lascia due bottiglie di menta su uno scaffale sopra il bancone a prendere sole e polvere. quando, dopo anni, la menta torna di moda, intossica una ventina di persone e l’azione si sposta nell’ospedale cittadino.

il film si intitolerà “confessioni di due mente pericolose”.

domenica 4 settembre 2005

mercoledì 31 agosto 2005

scivolo piano sull’argine per evitare di svegliare ventinove papere che iniziano a mostrare alcuni impercettibili segni di agitazione. le papere sono assai suscettibili, occorre dirlo.

ventinove non è un numero simbolico (andiamo, cosa starebbe a simboleggiare ventinove? la grande depressione?) le ho proprio contate.

contare papere è un passatempo come un altro, se proprio lo volete sapere.

che poi non sono papere ma germani reali, anche se tutto sommato, a loro non frega granchè.

me ne sto lì, a guardarle, e non so bene cosa fare. almeno fino a quando una papera si alza, si avvicina lentamente con fare circospetto, mi punta gli occhi addosso e domanda: “cazzo guardi?”

io l’avevo detto che le papere erano suscettibili, voi che non ci credevate.

niente - rispondo - è un periodo un po’ così.

in questo periodo il tempo è assai indeciso. non è il solo.

per dire, anche lo spazio, a volte, non sa che fare.

grande è la confusione sotto il cielo, come diceva l’abbè pierre, ma anche qui mica si scherza.

del resto la fretta è cattiva consigliera, la frutta va bene in conigliera, la fratta, non saprei. e comunque va a finire che nella ci vita ci si occupa essenzialmente di aria fritta.

dovrei smetterla con tutti questi slittamenti di significato. sono decisamente tropi.


ultim’ora

attilio fabbri, docente di matematica teorica alla normale di pisa, dopo anni di ricerche sul teorema di incompletezza di gödel, constatata l’impossibilità di trovare un fondamento organico e razionale per la sua disciplina senza incorrere in proposizioni indecidibili, nonchè l'impossibilità di dimostrare all'interno delle stesse teorie la loro coerenza, ha finalmente raggiunto la conclusione che la matematica non è un pignone.


lunedì 29 agosto 2005

sono tornato, come disse mac arthur.

il fatto che abbia iniziato a parlare come un generale dell’esercito degli stati uniti in vacanza nelle filippine immagino significhi che ho fatto una cazzata.

d’altra parte stavo girando per la quinta dimensione (le prime sette dimensioni sono, nell’ordine: larghezza, altezza, profondità, tempo, rothéneuf, edmund husserl, frullatore) quando a un certo punto mi sono materializzato in ufficio.

al corso di smaterializzazione corporea avevano avvertito che materializzarsi nei posti sbagliati può causare non pochi inconvenienti, ma non credevo fosse così terribile.

visto che sono di pessimo umore la sera litigo con alcune divinità minori per questioni di scarsa rilevanza, come l’aumento della piovosità, l’opportunità del costruire alberghi in riva al lago in grado di ospitare animali da allevamento, la destinazione di parcheggi alla dimensione husserl invece che alla nostra.

il giorno dopo partecipo ad un simposio in cui assurbanipal spiega le necessarie sconnessioni dalla rete neuronale e la pessima abitudine di accordare eccessiva fiducia ai concetti di passato e futuro.

da apprezzare un gradevole intervento di gianantonio ratti, docente di metodologia presso l’università di padova che sostiene due tesi interessanti:

1. l’inevitabilità dell’essere è sostenuta solo da chi non ha mai provato a ottenere un rimborso spese dalla burocrazia universitaria

2. l’eurostar soggiace a leggi di curvatura temporale che non interferiscono con la realtà così come noi la percepiamo


alcune cose che ho imparato in questo periodo

- la differenza fra le gru e gli aironi è che un airone, tendenzialmente, non lo puoi usare per sollevare una trave

- nel caso si viaggi come passeggero su una harley davidson tornano piuttosto utili lo ore passate ad imitare uno zaino

- le cameriere dei ristoranti sono, di norma, accondiscendenti con i malati di mente

- finire insabbiati non è un privilegio riservato alle stragi di stato

- gli orari di partenza degli aerei sono alquanto flessibili e capita che te li anticipino di circa un’ora e mezza

mercoledì 24 agosto 2005

rispondo a un paio di domande su origine e finalità dell’universo e sono subito da voi.

martedì 2 agosto 2005

ed ora uno sguardo al meteo (alla meteo, se siete svizzeri).
non si prende neanche la briga di piovere. diluvia.
il fatto che sia agosto e i telegiornali continuino a ripetere che fa caldo (è importante stare sulla notizia; ad esempio, a gennaio diranno che fa freddo. che meravigliosa informazione) sembra non influenzare minimamente il tornado che ha deciso di prendersi una vacanza da queste parti. (si vede che si è trovato bene l’anno scorso, ed è tornado. vabbè).
io e il mio psicologo di fortuna, un cormorano belga che con grande lungimiranza ha deciso di stabilirsi qui per la mitezza del clima, ci affrontiamo con il tipico sguardo intelligente ed affidabile che potrebbe contraddistinguere un vopos


- che si fa con un problema insolubile?
- si evita di metterlo in acqua
- è quello che pensavo anch’io


il mio cervello è in ferie. io pure.
deve essere per quello che piove.
tutto quello che mi resta da fare è scrivere un posto pieno di parentesi inutili.


ultim’ora
jacques fernandez, copywriter di una casa produttrice di palloni e articoli sportivi, nonché autore del libro “non dite a mia madre che faccio il pubblicitario, poi dovrei passarle dei cospicui assegni mensili” (lupetti editore) si è arricchito coniando lo slogan “mikasa es tu casa”.



post scritto (che poi gli altri mica sono audio) vagamente autoreferenziale
questo blog chiude momentaneamente per manutenzione neuronale.
è in programma anche una terapia psicologica di gruppo, con supporto di farmaci a base di salsedine.
se avete voglia di leggere qualcosa, l’archivio è lì apposta. lo so che non l’avete mai guardato, è due anni che scrivo sempre gli stessi tre post e non se ne accorge nessuno.
poi vi lascio i compiti delle vacanze. dovreste assolutamente leggere almeno due di questi libri:


-la gang del pensiero, tibor fischer, garzanti
-cosmix bandidos, a.c. weisbecker, meridiano zero

mercoledì 27 luglio 2005

il problema di questi giorni non è il caldo, è l’umido. immagino significhi che la raccolta differenziata non funziona affatto.

mi impediscono di far entrare il gatto in ufficio, dicono che si mangia il pelo poi vomita in giro. voglio dire c’è molta gente che lo fa, ma se la si tiene chiusa fuori di casa continuerà a vomitare in giro.

poi improvvisamente capisco cosa vuol dire non avere pelo sullo stomaco.

così ci guardiamo per ore, io e il gatto, separati da un doppio vetro, e sembriamo spock e il capitano kirk in star trek 2. lui è spock, per via delle orecchie.

a un certo punto comincia a grattare il vetro della finestra, e io penso che se potessi mettergli una spugnetta sulla zampina forse potrei assumerlo come gatto delle pulizie.

fuori dal balcone, un quartetto di bulgari debitamente ingioiellato dallo sponsor intona aghia sofia dei cccp, nella versione per basso elettrico senza ferretti.


ultim’ora

ho aperto un’agenzia di ghost writer per scrittori depressi: aiutiamo a superare il blocco (note) dello scrittore per un più comodo laptop. a richiesta, di notte ci aggiriamo per castelli medievali gridando, agitando catene e componendo distici elegiaci.

giovedì 21 luglio 2005

in ufficio, per problemi di fatturazione in nero, ogni tanto siamo tenuti a scrivere rendiconti di fatture solo su supporto volatile. il problema è che non riesco a far entrare il gabbiano nella stampante.

intanto continua l’attività di spie sul cruscotto di toledo 1991™: ho contattato la commissione di vigilanza del sismi, mi hanno risposto che mi faranno sapere qualcosa entro il 2072.

verso metà mattina ho un appuntamento con al kindi (versione sorpresa) per una disquisizione sulla connessione fra mistica sufi e il proliferare di temporali notturni nella zona. disquisizione moltro breve, ad essere sinceri, che ruota intorno al concetto di anomalia temporale.

uscito dall’ufficio mi esercito in una tecnica di divinazione scrutando le disposizioni dei cavedani da un ponte. secondo una scuola di pensiero olistica, infatti, i cavedani sarebbero pericolosamente vicini all’anima del mondo, e quindi in grado di captare le vibrazioni geomantiche che condizionano il pianeta.

dopo un paio d’ore di osservazione, in effetti, sono sintonizzato sull’onda cerebrale dei cavedani, e da movimenti apparentemente caotici i cavedani si dispongono a formare la scritta “lascia perdere. eris è stata qui e ti saluta”.

purtroppo vengo interrotto da oddone da cluny che mi tormenta con una tediosissima disputa fra caos e giustizia.

me la cavo con il vecchio trucco della smaterializzazione corporea.


alcune notizie da “focus benjamin”, il supplemento estivo del mensile scientifico più amato dagli italiani


travis felgenhauer, docente di astrofisica all’università di little rock (arkansas) nel suo saggio “un due tre, stella” (ed. apogeo) ha dimostrato una volta per tutte l’estraneità delle talpe multidimensionali nella formazione dei buchi neri.


michel brouillard, una vita passata in meditazione a cercare il senso della vita, dopo sette anni di digiuno e preghiera in un rifugio improvvisato nel deserto, all’alba di un mattino di marzo ha ricevuto una visione in cui dio gli ha rivelato alcuni segreti sulla vita nell’universo. intervistato da una troupe della bbc recatasi sul posto, a proposito del messaggio di dio, brouillard ha risposto: “ma che cazzo ne so, parlava in aramaico.”


lunedì 18 luglio 2005

cerco un centro di gravità con colpi di sole e sfumatura alta


nonostante quello che dicano i fisici, se una cosa cade, non per forza deve essere grave.

il cielo è coperto da una coltre di foschia impenetrabile e il panorama è sbiadito, come se avesse sbagliato candeggio. si respira un’aria da fine della storia, che sta fra fukuyama e le favole della buona notte, con conseguenti disturbi di meteoroapatia. non so nemmeno se accendere il condizionatore in ufficio: come spiega pavlov, in assenza di stimoli, il condizionamento è impossibile.

oggi il gatto ha deciso di fotocopiarsi.

cioè, si è infilato nella fotocopiatrice ma aveva qualche problema a spingere contemporaneamente il tasto di copia.

in una seduta di debriefing per il turbamento emotivo risultante dall’internamento in ufficio siamo arrivati alla conclusione che la fisicità è una condizione che giocoforza ci orienta (dà un senso. anche cinque, in qualche caso) anche se alla fine abbiamo litigato sul concetto di possibilità in jaspers e se n’è andato sdegnato.

io ho infilato il mio costume da registratore di cassa toshiba e mi sono spostato sul balcone, dove ho aiutato alcune formiche a guadare il fiume che avevo sistemato lì settimana scorsa, poi ho organizzato una migrazione verso un acero contuso, qualche metro più in là.


una volta ogni tanto, scrivo mail.


il lago in questa stagione è piuttosto placido, (in inverno invece è domingo. le mezze stagioni non ci sono più, tranne che sulle pizze) e l’acqua è calda e scura, e puoi permetterti di stare lì in santa pace (santa subito). tutto quello che senti è il rumore lieve delle onde, qualche macchina distratta e alcune parole in tedesco.

la mia macchina ha deciso che sta per esplodere da un momento all’altro. probabilmente non è vero, lei sta benissimo, ma ci sono queste due lucine che lampeggiano indefesse, e comunque, chi può dirlo. a me sembra una buona metafora della condizione umana.


giovedì 14 luglio 2005

sono in cucina a pensare ai fatti miei quando dalla lavastoviglie esce il professor axelrod per spiegarmi che è stato frainteso: il dilemma del prigioniero doveva essere una fine metafora per l’inutile lavoro d’ufficio.

questa cosa mi lascia interdetto. non ho mai avuto una lavastoviglie in cucina.

stordisco axelrod colpendolo ripetutamente con un mestolo da brodo e gli ricamo la scritta “tit for tat” a punto croce sulla camicia. non è che tutti possono venire a rompermi le palle mentre sto in cucina.

il mio cervello ha chiesto asilo politico alla papua nuova guinea, ma i politici locali hanno rifiutato temendo per la stabilità di tutta l’area del pacifico. il mio cervello per ripicca trasmette tutta la finale dei mondiali dell’82 ma invece della telecronaca di martellini c’è l’audio del jingle di vinci campione della kinder ripetuto in loop 24 ore su 24. (che si semplifica in un’ora su una di attività cerebrale, credo)

forse dovrei cambiare nuovamente il mio consulente psicologico.

per un po’ sono andato da una palla da bowling: aveva una teoria interessante sul lasciarsi andare verso i birilli (tu rotoli e ti lasci andare, in una parola, cogli il tuo essere: in questo modo sono i birilli a venire da te) e sull’ineluttabilità del destino e libero arbitrio (la canalina è una tua scelta, ma può non essere reversibile). però francamente era di una pesantezza insostenibile.

adesso vedo un gatto una volta la settimana. ha un’impostazione molto rigida: per non influenzare il paziente, se ne sta lì, mi fa parlare e non dice assolutamente niente (ieri l’ho consultato per una strana idiosincrasia alle rime interne, con scarsissimi risultati). l’unica stravaganza che si concede è che, per motivi di contro transfert, sul lettino ci si sdraia lui.

alla fine non so se mi serva davvero, ma almeno lo pago in scatolette al salmone.

lunedì 11 luglio 2005

la luce rossa del radiatore lampeggia sul cruscotto di toledo 1991™ con un’insistenza fuori dal comune. come insegna ian fleming, le spie sono cocciute.

di tanto in tanto, si inserisce anche quella dell’olio, in controcanto.

entrambi gli specialisti in materia sono d’accordo con la diagnosi: di questa macchina non si capisce un cazzo.

entrambi, propendono per l’utilizzo ad oltranza del buon vecchio metodo sperimentale galileiano: se la macchina esplode, significa che realmente c’era qualcosa che non andava.

il mio maestro di solipsismo sostiene che dovrei ignorare le luci rosse (e anche buona parte dell’universo); ma del resto il corso di solipsismo è sospeso fino a che il mio maestro non risolve una piccola antinomia interna, ossia se abbia senso insegnare il solipsismo a qualcuno. il fatto che il mio maestro di solipsismo sia una pianta di rucola, apparentemente non risolve il problema.

arrivo a casa e infilo nello stereo la seconda sinfonia “la complementare” di igor solov’ev, nella partitura originaria per violoncello viola e frullatore giallo, live in cadempino. mi aiuta a meditare.


mi concentro sul koan di yoshi, scritto nel 1650 in un monastero di kyoto


il discepolo chiese a yoshi - se un’automobile esplode, è ancora un’automobile?

yoshi rispose - può il buddha perdere la sua natura? e soprattutto, che cazzo è un automobile?

ed entrambi furono illuminati


io mi limito ad uscire a cena e lasciare accesa la luce


promemoria

- quando si disegnano piante, se si usa il verde gli architetti se la prendono a male

- cambiare la cassetta nello stereo della macchina (così anche il meccanico si ascolta qualcosa di diverso)

- comprare un costume di ricambio

- salvare l’universo dalla distruzione

- comprare una forbice per mancini


venerdì 8 luglio 2005

ho i pensieri arrugginiti.

se avete lo stesso problema, non provate con il sidol nelle orecchie. non funziona.

adesso scusate, vado a immergere la testa nella cocacola.

mercoledì 6 luglio 2005

entro in ufficio mentre sto riflettendo su alcune tesi che evidenziano gli insegnamenti della religione misterica nella famiglia dei paperi di walt disney, e trovo il gatto spalmato sul pavimento che gioca a imitare un tappetino da bagno. mica mi impressiona, lo so fare anch’io.
nel weekend il vostro eroe non è rimasto a piedi in autostrada. neanche io (scene di sgomento e isteria fra i bookmakers londinesi).
in compenso, domenica, toledo 1991™ ha iniziato ad ansimare in modo irregolare, accusare disturbi psichici come alterazioni dell’umore e calo dell’attenzione (i bookmakers d’oltre manica trattengono il fiato).
verso sera, in un impulso di sbadataggine, toledo 1991™ si perde la marmitta (a londra si festeggia con caviale e champagne).
no, dico, era lì fino a un momento prima, come si fa a perderla? voleva essere una dimostrazione contro l’immutabilità dell’essere? un’esplicitazione della socratica arte del levare? la ricerca di annientamento della pratica zen? vabbè.
io cerco di simulare indifferenza, ma panoramix mi spiega che la marmitta è importante, non si può farne a meno, e mi tocca cercarne un’altra.
nel frattempo mi diletto con otto chilometri al giorno di cammino, per tenermi in forma, ma soprattutto per arrivare al lavoro (io ne farei a meno, ma panoramix mi assicura che è indispensabile. questo panoramix inizia a starmi un po’ sulle palle).
visto che mi tocca costeggiare il lago quattro volte al dì (prima e dopo i pasti), ho fatto amicizia con una deliziosa famigliola di cigni, mamma, papà e tre piccoli, ribattezzati per l’occazione timmy, tommy e gerberto d’aurillac (da non confondere con i 3 porcellini blues, gimmi, sam e lovin’) con cui discuto amabilmente in pausa pranzo.
verso sera, mi chiama il meccanico.
-la macchina è pronta
-vengo a prenderla stasera, la mia toledo blu
-non è blu
-lo so
-sono 145 euri
-la mia macchina non vale 145 euri
-è vero. però la marmitta sì
-non fa una piega
-nemmeno la marmitta
-…



ultim’ora


nuovo format per la prossima stagione televisiva: dieci ragazzi chiusi per tre mesi in una scuola di musica rap si sfideranno davanti alle telecamere per avere l’onore di aprire il concerto italiano di eminem a gennaio 2006.
durante le prove interagiranno con una giuria di esperti e un pubblico in studio formato da amici e parenti: ogni settimana viene eliminato il concorrente che perderà la gara di insulti con il pubblico.
la conduzione verrà affidata a maria de filippi, il programma si chiamerà rapper una notte.

 

venerdì 1 luglio 2005

l’aria è decisamente più fresca da quando mercoledì si è scatenata la furia degli eventi accanendosi sui turisti in coda alle bancarelle del mercato. questo perchè il signore fa grandinare sui buoni e sui cattivi, ma soprattutto sugli svizzeri. sono soddisfazioni.

nel frattempo toledo 1991™ si è riempita di spie rosse, neanche fosse la centrale operativa della stasi.

questa cosa significa ovviamente che le probabilità che io ho di rimanere a piedi questo weekend (miracoli della stasi applicata alle automobili) aumentano sensibilmente, per la disperazione dei bookmakers di londra che hanno immediatamente aggiornato la quota che mi dava questuante in autostrada il weekend per 3 a 1, portandola a 0,02. ho chiesto in prestito 40 euro giusto per poter offrire un caffè in autogrill all’autista del carro attrezzi.

tutto sommato l’ho presa bene, se si escludono fenomeni di glossolalia con cui scomodo svariate divinità del pantheon universale.

è quindi con immensa gioia che arrivo in ufficio e come primo atto decido di cacciare il gatto che si era infilato a tradimento corrompendo la donna delle pulizie, anche perchè a) fra poco arriva gente e b) stiamo facendo una gara di controfattuali e mi sta clamorosamente battendo.

sul balcone, un coro di nani da giardino intona variazioni sulla scala diatonica e io decido di sperimentare le tecniche di meditazione extracorporea giusto per lasciare liberi i miei due emisferi cerebrali di prendersi a mazzate senza nessuno che li disturbi.

se mi vedete fluttuare in giro mi riconoscete perchè ho la stessa espressione di una diatomea. fatemi ciao con la manina.


mercoledì 29 giugno 2005

una questione di metodo*: il sillogismo


dicevamo che il problema principale dei filosofi greci era mettersi d’accordo e trovare un piano di discussione per cui si potesse parlare del mondo ma che però mettesse d’accordo tutti.
un metodo secondo cui si potesse stabilire cosa avesse un senso e cosa no, cosa può dirsi vero e cosa no.
aristotele si inventa un metodo razionale, ossia inventa alcune regole che definiranno nei secoli cosa è razionale e cosa non lo è. le due regole fondamentali sono a) il principio di non contraddizione (di cui abbiamo già parlato) e b) il sillogismo. tutto il pensiero logico razionale occidentale arriva in buona sostanza da qui.


questo è un sillogismo nella sua forma classica:


- tutti gli uomini sono mortali
- socrate è un uomo
- socrate è mortale


ora, utilizzare questo metodo razionale ha certo molti vantaggi, anche se in realtà questo tipo di sillogismo non è che l’esplicitazione di un metodo epagogico di cui molti pensatori hanno messo in evidenza la fallacia. ad esempio questo sillogismo non tiene conto del fatto che socrate potrebbe essere un extraterrestre di alnilak o che esistano gli highlander del clan mcloud.
questo significa, come già faceva notare aristotele (che non era del tutto scemo), che il sillogismo è vero solo se le premesse sono vere. quello che aristotele non diceva (forse perchè non era del tutto scemo) è che verificare le premesse è abbastanza impossibile, di norma uno si fida (il che va bene se uno ha poco tempo da perdere, ma non è un’atteggiamento carino per uno che cerca la verità delle cose).
in realtà il sillogismo si riduce alla coerenza con le premesse, il che è tipico della scienza: non si dà nessuna affermazione plausibile sulla verità delle cose, si segue semplicemente una coerenza logica secondo regole precise a partire da premesse condivise.


in termini di verità il sillogismo andrebbe probabilmente cambiato in


- gli uomini in genere sono mortali (non ne ho ancora visto uno non morire)
- socrate è un uomo (o quanto meno lo sembra assai)
- socrate dovrebbe essere mortale. adesso gli preparo un beverone a base cicuta e verifico. ok, per quel che ne so io, è morto.


*questa è una piccola integrazione al corso di filosofia per alcolsti. il fatto è che, più o meno, presuppone che uno abbia seguito le lezioni precedenti. il problema è che le lezioni stanno lì a sinistra, sparse negli archivi, ma non ho la minima idea di dove. gli archivi esistono proprio perchè uno possa perdere le cose in santa pace.

martedì 28 giugno 2005

nel weekend vengo nuovamente rapito dagli ufi (da non confondere con i bufi che ti rapiscono per via chimica, e i fufi che ti mordono alle caviglie su istigazione di truci vecchiette) che mi portano su uno strano pianeta dove vivono esseri che hanno macchine gialle, la temperatura esterna non scende mai sotto i 42 gradi centigradi e l’umidità ricorda quella della serra dove mi hanno fatto giocare a pallone mercoledì scorso, una tensostruttura studiata apposta per riprodurre il clima della foresta pluviale (cioè, c’erano anche le liane e tutto il resto, non so se mi spiego. qui i progettisti fanno le cose per bene).

la buona (?) notizia è che anche su quel pianeta è arrivata la cocacola (che viene spacciata come bevanda rinfrescante pure lì, il che dimostra che gli addetti marketing di altri pianeti non hanno necessariamente più fantasia dei nostri), la cattiva notizia è che una cocacola costa sette euri. per fare la curiosa esperienza dell’aperitivo in piscina e successiva serata in un locale caratteristico del luogo ti tocca firmare cambiali da qui a betelgeuse.

il pianeta è anche rinomato per la sua democraticità nei rapporti fra specie animali, per cui mentre tu sei all’aperto a cercare di mangiare, devi fare a gara con un quantitativo spropositato di insetti che cerca di mangiare te. vince chi finisce per primo, in premio c’è un simpatico adesivo da attaccare alla macchina con scritto “sono il vertice della catena alimentare”.

insomma, alla fine mi risveglio tutto sudato in un prato vicino a casa con un rene in meno. ma non è che sono stati gli ufi, l’ho dovuto vendere per pagarmi una birra.

venerdì 24 giugno 2005

ieri verso le nove, il cielo e il lago erano di un rosa così intenso che i legali della pantone hanno fatto causa al tramonto per questioni di copyright.

io ho una motricità cervicale che ricorda un incrocio fra una mummia e la creatura inventata da mary shelley, che era così occupata a intrattenere il circolo di svitati che frequentava il suo salotto che non si è neppure preoccupata di trovargli un nome. del resto se uno sposa un tizio che di professione fa il poeta, immagino non stia lì troppo a sottilizzare.

farei notare invece, che secondo alcuni studiosi di qabbalah, se la creatura non ha un nome neppure esiste.

comunque il problema è che dovrei trovare metodi di suicidio più indolori del calcio a cinque una volta ogni 6 mesi.

ad ogni modo stavo per ordinare ad una rivista di articoli per corrispondenza (che poi è solo uno, “la”) un paraocchi e un copri neuroni del dottor gibaud, ma poi ho lasciato perdere.

passo il tempo irrigando atti di compravendita con delle bottigliette da mezzo litro d’acqua (non mi rassegno all’aridità degli atti notarili) e incoraggiando tramite messaggi psichici alcune formiche a sperimentare nuove vie di accesso al balcone invece di percorrere la congiunzione delle piastrelle come se fosse un’autostrada. mi fermo ad osservarle finchè non si mettono d’accordo e con i loro corpi formano la scritta cazzo hai da guardare. le formiche sono assai permalose.

la verità è che volevo provare le tecniche del corso base di telepatia che sto seguendo: lo tiene un pechinese tutti i giovedì sera e non riesco a capire se sto ottenendo risultati. il fatto è che siamo alla quarta lezione e il pechinese non ha ancora parlato, e io inizio a pensare che non dovrei seguire corsi dove insegnano dei cani.



ultim’ora

una ditta di una cittadina cinese sullo yang-tze che si sta finalmente aprendo all’economia capitalistica, ha brevettato il primo esempio di aria condizionata centralizzata per le imprese, suscitando vivo interesse nel mercato occidentale.

l’edificio è completamente sottovuoto, e la direzione immette aria solo a condizione che gli impiegati lavorino.


mercoledì 22 giugno 2005

stavo disquisendo con alcune divinità preposte al governo dei parcheggi d’estate nelle località turistiche.

il problema del politeismo è che si gioca sempre a scarica barile: puoi litigare ore e ore prima di scoprire che stai parlando con la divinità sbagliata. praticamente funziona come il call center di wind.


passo la mattinata in ufficio dedicandomi al bricolage, poi mi fermo qualche ora a guardare con intensità il pavimento. non vorrei che sembrasse un indulgere troppo deciso verso la catatonia, ci sono più cose in cielo e in terra, orazio, di quante ne sogni la tua filosofia, come diceva clarabella. riguardo al pavimento della mia camera, aveva ragione.

lunedì 20 giugno 2005

non capisco tutta questa pubblicità intorno a francesco d’assisi.

parlare con gli animali è la cosa più facile del mondo, io lo faccio spesso.

la cosa difficile è che rispondano.

però, nel caso lo facciano, secondo me sono bravi loro.

mercoledì 15 giugno 2005


piove.
mi sono messo gli anfibi ai piedi. fanno croac ogni volta che faccio un passo.
il mio cervello trasmette in loop la pubblicità della palla pazza che strumpallazza, mentre guido in stato ipnagogico indotto dal ritmo dei tergicristalli.
cerco di sintonizzare lo stereo per contrastare la pubblicità nel cervello, ma prendo solo radio onda sonora, un'emittente che trasmette rumore bianco dal deserto del sud dell’arizona.
mi guardo intorno, mentre l’umidità all’interno di toledo 1991™ raggiunge livelli così alti che i tecnici di biosphere2 mi telefonano per sapere se possono trasferirsi qui a studiare il fenomeno. aguzzo la vista come un enigmista, giusto per stabilire che ancora una volta nessun esemplare di bufo alvarius ha approfittato della graziosa location gentilmente offerta. sto seriamente pensando di brevettare degli arbre magique al gusto muffa.
apro un cancello con la sola forza del pensiero (muovo gli oggetti senza toccarli, una pratica che ho imparato al corso di telecinesi, che per motivi di protezionismo adesso si chiama telecelti) e mi trascino su per le scale, come un qualsiasi pianista svogliato. poi finalmente all’sbc center di san antonio (texas) inizia lo spettacolo, mentre io pronuncio un’epiclesi per la schöfferhofer weiβ.


ultim’ora
dopo l’assoluzione, secondo il principio della legittima difesa preventiva, di un militare americano che ha sparato su un civile iracheno disarmato, un giudice statunitense ha accolto l’istanza di scarcerazione per un detenuto di austin (texas) in cui un’equipe di avvocati esponevano il principio per cui la gente uccide gli scorpioni e viene premiata, la caccia ai leoni è legale in molti stati, i pesci si mangiano nei migliori ristoranti, dunque non si capisce perchè sarebbe illegale uccidere un sagittario.

martedì 14 giugno 2005

arrivo in ufficio con la gioiosa espressione tipica di martin landau in spazio 1999

da qualche giorno rilevo un’inspiegabile anomalia nei calendari, che si ostinano a sostenere che sia giugno.

non capisco perchè uno si debba costringere a negare l’evidenza.

sorprendo il gatto che con indifferenza sta cercando di salire sulla scrivania.

lo distraggo con un banale sotterfugio, invitandolo ad un conferenza su teologia naturale ed ermeneutica in bultmann, trascinandolo in una fitta conversazione mentre mi sposto lentamente sul balcone. molto lentamente. lui mi segue, ingenuo.

poi mentre urlo “l’apertura alla razionalità nega l’accesso al kerygma”, rientro in ufficio e chiudo la porta finestra lasciandomelo alle spalle.

fregatto.


consigli di lettura

il problema del linguaggio artistico nel nouveau réalisme, la presenza plastica dell’oggetto attraverso l’occultamento, il nuovo saggio di pierre jouffroy pubblicato da apogeo: la montagna incartata, l’ultima tentazione di christo

giovedì 9 giugno 2005

- maestro è proprio necessario prendermi a bastonate ogni volta che canta il gallo? ormai sono tre settimane e ho male in tutto il corpo.
- serve il buio per vedere la luce*
- questo lo capisco. ma perchè dovrei anche ridere, nel frattempo?
- se un giorno riderai di tutto questo, tanto vale farlo subito.
- anche il suo maestro ha fatto così con lei?
- il primo giorno. fino a quando non ho imbavagliato il gallo.



per saperne di più

robert thornton fenderson, docente di teologia comparata presso la libera università di papua nuova guinea, ha pubblicato uno studio su mitologia ebraico-cristiana e pratiche buddhiste sull’illuminazione. in particolare analizza l’evento del diluvio universale (il viaggio di noè senza un porto in cui approdare) in relazione con i koan della porta senza porta. l’annuncio della terraferma tramite colomba, il simbolo della discesa dello spirito, è un richiamo al raggiungimento della consapevolezza.
robert thornton fenderson, lo zen e il tiro con l’arca, ed. theoria


*mi rendo conto di come questa frase suoni inizialmente come un luogo comune. ad ogni modo andrebbe letta con tono messianico, dopo aver studiato a fondo il tao, l’orfismo e la filosofia di eraclito, così che io possa propormi come vostro maestro spirituale di riferimento. ho pronte altre coppie da inserire in una dialettica degli opposti tipo: serve il bianco per vedere il nero, serve la destra per vedere la sinistra, serve il dolce il padrone di casa alla fine del pranzo.

lunedì 6 giugno 2005

me ne sto qui con una faccia da kippur, a contare extraterrestri che telefonano in ufficio.

voglio dire, finora nessuno, ma io sono pronto a contare.

in questi giorni mi sono occupato di alcune indagini metafisiche che mi hanno portato (quantomeno se uno riconoscesse le relazioni causa-effetto) a sostenere una conversazione con tiberio granchio (e i due suoi fratelli caio e sembroggio, stabilitisi su uno scoglio nel golfo di moneglia(1)) e a scoprire che buona parte degli scaldabagni si sono convertiti al manicheismo.

al mio ritorno, dopo una consulenza psicologica gratuita, la fotocopiatrice mi ha somministrato del praxis(2) in compresse. insomma, sostiene che dovremmo imparare a ripetere gli errori della scienza, tipo come quando gli scienziati abbandonarono la teoria del flogisto per il trascurabile fatto che non esistesse.

cerco inutilmente di recuperare una routine o almeno una procedura in grado di richiamare una subroutine per la sopravvivenza nei lunedì. tutto inutile.

verso sera arrivo a casa e metto nello stereo you don’t know what love is nella versione di chet “boris” baker.

bashô mi guarda con tono lirico da dentro la lavatrice. è decisamente strano, di solito si infila nel frullatore. seleziono il programma per i delicati e premo il tasto di avvio.


(1) fra le altre cose mi è stato rivelato che i granchi camminano storti perchè sono affetti da scogliosi.

(2) un medicinale sperimentale che inibisce i centri creativi del cervello (non è ancora in commercio, non cercatelo su gugol)

lunedì 30 maggio 2005

settimana scorsa mi sono iscritto a un corso per aspiranti paranoici, mi piaceva il titolo della prima lezione: “loro vi guardano. fate ciao con la manina”.

lo tiene un ex dirigente dei servizi segreti, si occupava dell’approvvigionamento della carta igienica nei bagni del sismi (nei quali veniva monitorata l’attività gastrica degli italiani tramite sismografi) nascosti sotto la fermata di palestro della metropolitana di milano (nome in codice: la sottile linea rossa).

sono il primo del corso, anche perchè mobilito le mie eminenze grigie (dei cardinali brizzolati) per i compiti a casa sull’esoterismo. fnord.

nonostante questo, tutte le sere, quando esco dall’ufficio, vengo assalito da un manipolo di questuanti.

il più insistente è il presidente dell’associazione partita a skopye, fronte no frost per la liberazione della macedonia dalla schiavitù delle coppette a fiori. riesce solo a dire l’occidente ci sfrutta prima che lo termini trafiggendolo con una sarissa.

quando arrivo a casa metto sullo stereo pratt & whitney, concerto F 14 per ottoni I e III, archi acuti e turboreattore.