mercoledì 25 novembre 2015

ho portato la macchina a rifare la frizione.
la prossima volta la porto da un parrucchiere, che mi costa meno.
due giorni dopo, mentre seguo da non troppo vicino una daewoo targata glarona, nell’abitacolo comincia a sprigionarsi un deciso odore di chiacchiere* e si materializza al mio fianco un’entità pandimensionale travestita da mediano del ferencvàros che mi preconizza l’arrivo di un fronte freddo.
il mattino dopo, mentre sto cercando il raschietto per il ghiaccio sul parabrezza, si materializza la stessa entità, solo che ora ha assunto le sembianze di un inuit ubriaco di birra giapponese che mi indica ridendo e mi saltella intorno continuando a urlare “asahi paraflu”.
io capisco che l’universo non è un luogo ospitale, specie da novembre a maggio.
non è solo una questione di latitudine: secondo pavel izmailov**, docente di strutture dissipative e processi irreversibili presso la pacific university di anchorage (alaska), la vita si è sviluppata in un universo inospitale e si è adattata a delle pessime condizioni solo perché è molto testarda e non è abituata a pensare sul lungo periodo (in realtà non è abituata a pensare affatto). questa mancanza di razionalità iniziale è decisiva, se solo si fosse fermata un attimo a pensare, avrebbe lasciato perdere.
la sera torno a casa, mi metto in spalla in calorifero (i caloriferi a zaino della eastradiator, mi sento di consigliarli), controllo che non ci siano ufi sotto il letto e mi chiudo nell'armadio.


* le chiacchiere non sono quelle che si fanno fra amici: questo blog ha un tasso massimo di surreale che per contratto non può superare. la parola chiacchiere si riferisce ai dolci tipici di carnevale che voi chiamate bugie se venite dalla liguria, cenci o strufoli se venite dalla toscana, cioffi se venite dall’abruzzo, frappe se venite da roma, galani se venite dal veneto, meraviglias se venite dalla sardegna, kwqjyqqerwtrsk se venite alpha centauri (è un dolce molto più comune di quanto crediate).
** da non confondere con l’omonima canzone di mell tillis

giovedì 5 novembre 2015

insomma, è ora di smetterla con questi stranieri, prendiamo atto che non possiamo accoglierli.
ormai siamo al collasso, si accalcano alle nostre frontiere, intasano le nostre strade, occupano i nostri parcheggi.
certo, fuggono dalla tristezza delle loro terre, ma non possiamo farci carico di tutti, basta con questa invasione di svizzeri e tedeschi liberi per le strade oltre frontiera.
che a me gli svizzeri e i tedeschi stanno un sacco simpatici, che, solo per fare un esempio, trasmettono lo sport, ma proprio tutto lo sport, e ci hanno telecronisti intelligenti, tipo nicolò casolini e christoph fuss, e chiunque abbia mai sentito un telecronista italiano sa cosa intendo.
e poi sono quasi tutti educati, mica voglio parlarne male.
però alla fine ti drogano il mercato, che sono disposti a pagare settecento euro un etto di prosciutto crudo e trentacinque euro una bottiglia di vino, e allora nei nostri supermercati i prezzi si adeguano alla domanda.
e li comprano pure se il prosciutto crudo in realtà è fatto con il tamburato della brianza e il vino è imbottigliato da una cantina sociale del burkina faso, così oltre ad avere prezzi proibitivi, la qualità dei nostri supermercati tende leggermente verso il basso.
ma soprattutto sono leeeeeeeeeenti.
che tanto loro stanno in ferie o in pensione, che gli frega.
invece tu arrivi alla cassa (che adesso il carrefour ha fatto questa cosa intelligentissima che la fila è unica, ti dicono loro dove devi andare, e non puoi scegliere tu, perché così “la fila è più rapida e mai più nessuno ti passerà davanti mentre sei in coda”), e ti trovi davanti una coppia del baden-württemberg che ha comprato così tanta roba che la densità nel carrello è tipo quella di una stella di neutroni, e in prossimità del carrello si curva lo spazio tempo.
e non hanno ancora messo niente nel nastro trasportatore della cassa perché non hanno ancora deciso se vogliono dei sacchetti e quanti, ma soprattutto perché non hanno idea di come si dica sacchetti in italiano.
allora la cassiera, che è abituata ad avere a che fare con i turisti stranieri, che qui alla fine ci sono solo turisti stranieri, per agevolarli gli dice "avete mica la tessera?"
loro sorridono, annuiscono, e rispondono "quattro, grazie".
la cassiera, comprensiva, dice "no, la tessera è una sola, possibile che non ce l'abbiate? non è che putacaso vorreste farla?"
e a questo punto inizia un dialogo serrato che può durare anche delle mezz'ore, e tu improvvisamente capisci dove deve aver preso l'ispirazione samuel beckett.
nel frattempo tutti quelli che erano dietro di te nella intelligentissima fila unica hanno già pagato, sono già usciti dal supermercato e alcuni stanno anche già cenando a casa, mentre tu sei lì, dietro i tedeschi, con una confezione da sei di acqua naturale e due spinacine, fino a che le altre cassiere smontano dal turno e il supermercato chiude con te e i tedeschi dentro.