martedì 30 settembre 2014

ero uscito in auto a consegnare della pizza a domicilio e contemporaneamente riflettevo sui massimi sistemi* con wonko, il mio amico immaginario (mica ne ho soltanto uno. il fatto è che in quel momento non c’erano gnomi disponibili e le divinità avevano organizzato un torneo di miracoli** in una taverna di ásgarðr) quando una volpe ingaggiata da un team di esperti neuroscienziati interessati allo studio delle capacità di reazione del cervello attraversa improvvisamente la strada.
io ordino alla sala macchine una manovra evasiva che consiste nello smaterializzare l’auto e rimaterializzarla in un universo parallelo, ma una decina di metri più avanti.
la volpe purtroppo ignora i principi della meccanica quantistica e quindi opta per una soluzione più banale accelerando quanto basta per levarsi dalle palle.
gli esperti neuroscienziati festeggiano con una bottiglia di nebbiolo d’alba del 2006.
questo riporta la discussione fra me e wonko sul problema del pensiero come coscienza di sé, autonarrazione e percezione della realtà esterna.
certo, come specie homo sapiens partiamo svantaggiati, ma forse potremmo inventare un software in grado di riprodurre dei sistemi coscienti in grado di emulare homo sapiens e, gradatamente, arrivare alle volpi.
il che conduce all’annosa domanda: può un software pensare?***
il professor antobello kranjiosberg, docente di realtà alternativa presso la libera università di badger (iowa)**** sostiene che la risposta in realtà dipende da cosa intendiamo per “pensiero”.
per esempio, alcuni filosofi definiscono il pensiero come “quella roba che non si può spiegare ma che fanno sicuramente solo gli esseri umani”*****, e allora sembra evidente che in questo caso un software non possa pensare.
se però definiamo il pensiero come un’attività per adattarsi all’ambiente e modificarlo secondo i propri bisogni e necessità, evolversi in maniera creativa e fornire risposte adeguate agli stimoli, allora c’è una concreta possibilità che i software possano pensare, anche se in un futuro non ancora prossimo.
se invece definiamo il pensiero come una serie di algoritmi volti alla risoluzioni di problemi, probabilmente i software già pensano.
se poi definiamo il pensiero come quello che passa per il cervello di un tizio tipo quelli che vediamo in televisione, non solo i software di oggi pensano infinitamente meglio, ma hanno molto più buon senso, sono decisamente più stimolanti e spesso sono anche capaci di provare empatia.


* è difficile capire cosa si intende quando si dice “massimi sistemi”. quello che posso dire è che i massimi sistemi hanno a che fare con la struttura dell’universo, la percezione di ciò che chiamiamo reale e il totocalcio
** è l’evento sportivo più seguito dell’universo, anche se alcuni ricercatori di marketing sostengono che le statistiche sono state misteriosamente alterate
*** questa domanda è simile ma non del tutto identica a quello che normalmente viene identificato con il test di touring, ossia: “può un software avere la carta di socio del club?”
**** città di cui abbiamo una diapositiva
***** esistono filosofi di questo tipo. sono quelli che di solito scrivono libri di centinaia di pagine per far finta che la loro posizione sia diversa.

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