lunedì 17 novembre 2014

piove ininterrottamente da tre settimane.
gli dei del clima hanno perso il campionato delle divinità per un rigore al novantesimo (per esattezza, il campionato clausura 2014: il calendario è molto simile al campionato argentino, ma lo organizzano le suore), e adesso alternano diluvio, pioviggine, tempesta, pioggia forte, nubifragio, pioggia debole, temporale, bomba d’acqua, pioggia e vento, pioggia sparsa, e un’altra dozzina di eventi meteorici quasi del tutto simili ma ormai riconoscibili dalla popolazione locale che ha provveduto a catalogarli in sottocategorie.
per esempio, ora si sta verificando un fenomeno piovoso che i locali chiamano amichevolmente “gervasio e protasio”.
io e un team di esperti stiamo valutando l’opportunità di farci crescere le branchie o, in alternativa, un’adeguata pinna caudale, ma l’evoluzione ci rema contro.
il lago è uscito (ma ha lasciato detto che poi torna), i fiumi sono impazziti, l’universo sta franando, e anche io non mi sento tanto bene. forse sto diventando sordo.
arrivo in ufficio fischiettando l’almanacco del giorno dopo, mentre saltello in perfetto stile fred astaire ubriaco (gli altri stili possibili sono: fred astaire ipovedente e fred astaire depresso; io e il mio coreografo di fiducia* stiamo lavorando per perfezionare fred astaire morto ma ancora inconsapevole).
saluto i pinguini (per un qualche motivo legato a una festività maya il riscaldamento ha deciso di scioperare), installo una canna da pesca sul balcone, poi vado a sedermi sul mio cubetto di ghiaccio preferito, cercando di scaldarmi con la luce del monitor.
qualche ora dopo, perfettamente rilassato, cerco di tornare casa inveendo contro automobilisti indisciplinati e neofiti dello sci nautico, mentre l’assembramento di folla stipata nella mia amigdala scandisce ritmicamente “ed-dì buma-ye”.
arrivato a casa riacquisto una mobilità articolare degna di nota (o per lo meno degna di un vertebrato), accendo il camino avendo cura di infilarmi più schegge possibili nelle mani (ho le mani delicate, occhei?) e metto sullo stereo kind of blue nella partitura per attizzatoio, spazzolino elettrico e tiragraffi.
alla fine, colto dall’entusiasmo, mi infilo direttamente nel camino.

* un cavedano che si è stabilito nella mia cassetta della posta. in realtà è una via di mezzo fra don lurio, don johnson e don worry (nessuno dei tre è un prete), ma con quella punta di genialità ittica che fa molto glamour

2 commenti:

e.l.e.n.a. ha detto...

voleva lasciar correre, ma poi no.
hai dimenticato don quarrie.

Anonimo ha detto...

ripeto e ripeterò ad oltranza: trasferisciti qui.
- 7denari -