mercoledì 26 luglio 2017

sto leggendo “il pasto noodle” (un classico della letteratura statunitense, il racconto allucinato dell’inferno di una dipendenza dal cibo orientale, in cui il protagonista è lacerato tra la necessità impellente della “pasta” e il richiamo molesto della carne dei baozi, braccato da polizia e ristoratori), quando il mio cervello va in stasi, come fosse un qualsiasi informatore della ddr.
di per sé non è un grosso problema, visto da fuori è praticamente indistinguibile da quando è in movimento, ma sul lungo periodo potrebbe presentare qualche inconveniente, tipo l’inibizione delle connessioni neuronali e un’improvvisa voglia di ascoltare il reggaeton.
provo a scuotermi con delle razioni di alcol e con dei vaghi gesti di autolesionismo, tipo leggere gli articoli di consigli delle vacanze nei post consigliati* di facebook (livello di autolesionismo medio alto, ma un gradino sotto il reaggeton), annotando delle gravi mancanze a livello teorico (oltre che logico-sintattico).
eccovi allora una lista di cose che non dovrete dimenticare di mettere in valigia, se volete passare una super vacanza, restando preparati per qualsiasi evenienza:

- un theremin
- una confezione di autan
- un rilevatore di tachioni
- un i-ching
- un cacciavite sonico
- un coltellino svizzero
- un coltellino di altra nazionalità per politically correctness
- una chiavetta usb a forma di zbigniew boniek
- una cintura di orione
- un'elettrosaldatrice elektra 500 aquatherm
- un bottone per immanentizzare l'eschaton
- un vaso canopo
- un supereroe a scelta
- una cupola geodetica
- un gatto di schroedinger
- i croccantini per il gatto di schroedinger
- preferibilmente i sensible, che dopo la scatola può essere che sia un po' agitato
- una razione k
- una razione l, m, n
- una luce di wood
- la felpa di red & toby nemiciamici
- una camelbak
- una stampa di hieronymus bosch
- un tesseratto
- un asciugamano (ovviamente)
- un triplano fokker
- uno stendipanni elettrico
- un levriero afghano
- due piccoli serpenti
- un'aquila reale
- un'aquila immaginaria
- due liocorni


* caro facebook, chi diavolo ti ha detto che voglio dei consigli? puoi cortesemente farti i fatti tuoi? nel caso tu non possa, almeno puoi chiamarli “pubblicità” come fanno tutti? grazie.

mercoledì 12 luglio 2017

Fiume d’Italia
(per quelli che contano, 32)*

Gli emotivi li riconosci subito, fanno cose idiote, come quando scrivi a degli sconosciuti e vuoi mostrarti per come sei realmente, come se il foglio fosse la tua confessione.
Ecco una storia mai raccontata, la storia di come conobbi Dora di Rhêmes nella sua doppia veste di nobildonna e dama di compagnia, e di come fosse incredibilmente bella: media taglia, mento all’insù, il viso scarno, la pelle liscia come seta, i capelli raccolti, gli occhi di brace che brillavano nel buio, e quella bocca, colma di gemiti dolci e appassionati come quando le dee sorseggiano l’ambrosia; non era come tutte le altre, e lo sapeva.
Agognavo solo di avere un posticino nel suo cuore, ma dentro di me stimavo di non avere alcuna possibilità: non che fossi brutto, o sporco (tuttalpiù un po’ trasandato come il matto nei tarocchi), ma mi mancava quel portamento, quell’incedere sicuro, il ceto sociale adatto, non avevo neanche dei magri risparmi, e non c’era verso che trovassi metodo di avvicinarla senza che il mio cuore smettesse di battere, come se fossi stato investito da un treno, o fatto a pezzi da una mietitrebbia.
E il suo sguardo, era come una secchiata d’acqua a calmare i miei bollenti spiriti
Ero timido? Comincio a crederci.
Un eterno celare i propri sentimenti senza ammetterli neanche nella notte più nera, prima che gli occhi si velino di lacrime.
Alcuni invece direbbero savio, ché nessuno sa se sia più corretto prendersi sul serio, osare e perdersi, oppure rinchiudersi in una tana romita, uno scolo nascosto, mentre la vita passa oltre, eppure placida e serena.
Se le cose stiano in un modo o in un altro, io davvero non saprei dire.


* se siete qui per caso e non ci avete capito nulla, non avete di che preoccuparvi. questa è una cosa che faccio ogni tanto con i lettori affezionati di questo blog (tre), e quindi niente.
se poi avete capito di cosa si tratta e non avete niente di meglio da fare, volevo dirvi che questa volta è davvero fattibile, anche se non siete malati di mente come quelli che di solito fanno queste cose.
se invece trovate errori non dovete dirlo a me, contattate direttamente il mio avvocato (attualmente è un cormorano con sede legale a rothéneuf, per contattarlo potete scrivere al camping-cars des ilots).
come premio potete scegliere fra una birra al bar sotto casa (mia), una figurina di hubert pircher con la maglia dell’ascoli o un tso.
la soluzione completa starà nei commenti, fra qualche giorno

martedì 13 giugno 2017

diluvia.
io sto guidando dietro un suv di un milanese.
si capisce che è milanese perché nei rettilinei va a 90 km/h, però, appena c’è una parvenza di curva, rallenta fin sotto i 30 km/h; quando vede un tornante inchioda, mette in prima (sempre che tu nel frattempo non l’abbia tamponato), poi riparte circospetto fino al prossimo rettilineo, dove potrà accelerare fino a velocità warp fino alla curva successiva (circa 50 metri dopo).
si capisce anche dalla targa, a dire la verità, ma sappiamo tutti benissimo che le targhe possono mentire.
insomma, sto guidando dietro un’auto epilettica, quando una flotta di astronavi si materializza sopra di noi.
apro i miei manuali di primo contatto (“ufi: istruzioni per l’uso” e “dieci cose da non dire a un alieno” di alexander pernembrod) poi scendo dalla macchina e mi metto in piedi sotto la pioggia a urlare “abduction! abduction!” prima molto forte, poi, quando non ottengo risultati apprezzabili (se si esclude il fatto di bere della pioggia), sempre più piano, finché non risalgo in macchina e torno verso casa.

mercoledì 31 maggio 2017

nessun uomo è un’isola.
in effetti, però, nessun uomo è un continente, una montagna, un lago alpino, o un frullatore a tre velocità.
ci sono delle regole.

giovedì 25 maggio 2017

giovedì 18 maggio 2017

sono le 8.49 e ho già sbagliato tutto lo sbagliabile. credo di aver battuto anche alcuni primati (nel senso di sbagliabile, non nel senso che per la rabbia ho picchiato degli oranghi*).
immagino che sarà una lunga giornata.
però forse (lo dico a bassa voce perché le divinità del clima sono particolarmente irritabili) arriverà il sole, e io potrò finalmente lasciare a casa la mia giacca a vento con la scritta “global warming where art thou?” per sfoggiare la maglietta con la scritta “i love you, global warming”.
certo, ci sarebbe quel piccolo particolare che le persone mi guardano male ma, d’altra parte, lo facevano anche prima.

* tra l’altro gli oranghi, oltra ad essere simpatici, sono anche molto permalosi; trattate sempre bene gli oranghi, se ci tenete a restare interi

sabato 15 aprile 2017

la morte si può immaginare come la fine di qualcosa, e quindi un principio ontologicamente negativo (la negatività assoluta, che io immagino come un dirigente movimento di trenitalia), oppure come un passaggio naturale che non è intrinsecamente né positivo né negativo ma, appunto, essenzialmente naturale (che io immagino come osvaldo ardiles vestito da tanguero).
nella società contemporanea non siamo tanto abituati a parlare di morte, e questo è piuttosto strano, visto che prima o poi è facile che uno muoia.
invece io sono cresciuto con il fatto che la morte era sempre lì, a portata di mano, una cosa che ti può succedere da un momento all’altro, grazie all’educazione ricevuta da mia madre e a tutte le raccomandazioni ricevute in genere da bambino. tipo:

- devi mangiare quello che ho cucinato, perché se non mangi, muori.
- se mangi, ma non le cose che ti fanno bene, muori.
- se mangi le cose che ti fanno bene ma ti vanno di traverso, muori.
- se non bevi abbastanza, ti disidrati e poi muori.
- se bevi troppo ti vengono le rane nella pancia e poi muori.
- se tocchi una presa di corrente muori.
- se cambi una lampadina e tocchi un filo muori.
- se inghiottisci un chewingum ti si attacca all’intestino e poi muori.
- se non vai in bagno tutti i giorni ti viene la peritonite e muori.
- se vai in piscina a fare un corso di nuoto bevi, vai sotto e poi muori senza che nessuno se ne accorga (ma prima: rane nella pancia).
- se vai al lago ed entri in acqua ci sono i mulinelli e muori (e sei fortunato che i mulinelli impediscono la formazione delle rane nella pancia).
- se entri in acqua prima di tre ore dopo aver mangiato (fosse anche solo mezzo crackers, e acqua alta venti centimetri) ti viene la congestione e muori.
- se ti si impiglia un capello nel phon mentre ti asciughi i capelli rimani folgorato e muori.
- se sudi ti viene il mal di gola, poi la gola si rovina, ti viene un cancro e muori.
- se cadi da un muretto muori.
- se impari ad andare in bicicletta cadi e muori.
- se per caso invece stranamente riesci a sopravvivere, a 14 anni vuoi il motorino, fai un incidente e muori.
- se, inspiegabilmente, sopravvivi al motorino, allora prendi la macchina d’inverno, slitti sul ghiaccio e muori.

e non è che fossero delle possibilità remote, eh, era proprio che dovevano succedere necessariamente, nessuno scampo.
poi però quando uno moriva veramente era una cosa bella perché andava in paradiso (ma allora fai pace con il cervello, dimmi se è una cosa brutta o bella, che non ci sto capendo più un cazzo).
alla fine ho deciso che era una cosa che succedeva e basta (tranne quella cosa delle rane nella pancia, dico).
insomma, sai che deve succedere, ti metti il cuore in pace e occhei.

quindi va bene, prima o poi muoio, è una cosa occhei (sono pure iscritto al vhemt, per dire), tanto a voi mica cambia nulla, voglio dire, se muore una persona che avevi letto solo su internet non c’è mica differenza fra morire e cancellare l’account.
in ogni caso non è una cosa che ho in programma nel breve periodo, sia chiaro.
siccome però ho anche un account su feisbuk e altre piattaforme in cui, come succede sempre, quando uno muore potrebbero comparire messaggi del tipo "ciao angelo, ci mancherai, sei morto troppo presto, insegna agli angeli a essere cretini", volevo chiedervi se, cortesemente, vi impegnaste a scrivere di fianco a ciascun messaggio di questo tipo "SCUSA, NON PUÒ RISPONDERTI, È MORTO". grazie.

mercoledì 5 aprile 2017

è da una settimana che mi lacrima l’occhio destro.
probabilmente sono triste, ma solo a metà.
ora non so se prendere un appuntamento con il primo oculista disponibile (con i tempi del servizio sanitario nazionale, quindi non prima del 2019), oppure rassegnarmi a morire disidratato.
nel dubbio, integro con una tanica di monte di colore*.

* questo blog aderisce alla campagna per la politically correctness, ma solo per oggi

giovedì 16 marzo 2017

non è che sono refrattario alla tecnologia, è solo che spesso ci spacciano per progresso cose che, ecco, non lo sono.
in realtà la maggior parte delle cose sono solo dei bisogni indotti per vendere prodotti tecnologici, niente di veramente significativo a livello di progresso (sono molto esigente quando si parla di progresso).
certo, ci sono invenzioni moderne che secondo me hanno un senso, che so, il rilevatore di kraftson, lo ionizzatore metafisico, lo stargate (ma solo quando non scioperano gli addetti al bagaglio), le antenne handersen, però sono tutte cose che non hanno molto successo qui sul pianeta terra.
ma c’è una cosa che non esisteva qui quando sono nato, e sono molto grato che sia stata inventata. voglio dire che, ecco, quella si avvicina davvero alla mia idea di progresso, ed è l’invenzione degli auricolari per il telefono.
perché quando sono solo in auto mi metto sempre a cantare come se non ci fosse un domani, e finalmente quelli che mi guardano da fuori pensano che stia parlando al telefono e non che sia completamente pazzo


martedì 28 febbraio 2017

per dire il mio concetto di autorità. mentre tornavo a casa una volpe mi ha guardato male perché le mettevo fretta. le ho chiesto scusa.
non mi prendono sul serio neanche le volpi.

mercoledì 25 gennaio 2017

avete presente quella sensazione di non appartenere a questo universo?
di non essere adatti e di non possedere le difese necessarie per farne parte?
se state leggendo qui, sono sicuro che ce l’avete presente.
e niente, basterebbe cambiare universo. l’unico problema è che questo qui sembra molto persistente.
io sono in coda dietro una hyundai uscita di produzione nel pleistocene e tenuta insieme con lo scotch, il tipo di macchina che potrei guidare io, solo che magari io oserei avventurarmi sopra il 35 km/h.
le temperature di dicembre mi avevano illuso ed io ero garrulo e felice al punto da comprarmi una t-shirt con la scritta i love you global warming in britannic bold 72, completamente glitterata. sono le piccole gioie di noi meteoropatici.
ma alla fine non l’ho fatto, e stamattina c’erano sei gradi sotto zero.
lo si capisce dal fatto che i gatti dei vicini hanno transennato il vialetto e una parte del giardino per organizzare uno spettacolo di holiday on ice con le volpi.
ho anche invitato un team di esperti per verificare un curioso fenomeno che potrebbe aprire nuovi orizzonti nella scienza dei materiali: una mattina ho grattato il ghiaccio dal parabrezza solo dalla parte del guidatore (ché ero in ritardissimo), e ho lasciato che la parte del passeggero si spannasse da sé con l'aria calda (nel giro di qualche eone, accade).
il giorno dopo il ghiaccio si era formato in maniera diversa, nelle due parti, con un evidente differenza fra dove la mattina precedente era stato grattato e dove no.
la mia ipotesi è che il vetro in realtà sia fatto da piccoli gnomi trasparenti che mi odiano, ma attendo conferme dagli scienziati.

lunedì 9 gennaio 2017

ero da qualche parte nella sesta dimensione (che alcuni sciamani chiamano amichevolmente “arturo”) quando mi arriva una convocazione da osnabrück per la speciale riffa di fine anno, organizzata da un comitato di ufi che vengono spesso in tenda sul pianeta terra e amano frequentare fiere a tema medievale. (per chi non lo sapesse, osnabrück è una delle città in cui venne firmata la pace di westfalia, che prevedeva che i furgoncini volkswagen potessero essere finalmente attrezzati per il campeggio).
ad ogni modo, poiché il sistema di riferimento non è basato sul pianeta terra (che, diciamocelo, non ha tutta questa importanza nell’universo), la riffa di fine anno si terrà il giorno di capodanno, ossia il 21 gennaio.
questo, ovviamente, perché nessuno mi ha consultato. io sono convinto che alle nostre latitudini il capodanno dovrebbe essere intorno ai primi di maggio, ossia quando il pianeta si convince a sperimentare delle temperature degne di un paese civile (il che significa che ogni latitudine dovrebbe avere il capodanno in un periodo diverso dell’anno. sarebbe molto più sensato).
comunque, alcuni dei premi in palio* quest’anno sono particolarmente interessanti, e ho già comprato alcuni biglietti sperando di vincerne uno fra questi:

- un coniglio nano disponibile nelle versioni blu e rosa
- un buono presso l’autarchica barberia “fratelli di taglio” di carlo e pino bandiera
- un soggiorno presso gli stati indipendenti di vanoa e di daga
- la discografia completa di shakira kurosawa
- una giornata con la sorella di matt damon, crudelia.

* potrebbero però non essere consegnabili per indisponibilità a reperire delle palio funzionanti

venerdì 16 dicembre 2016

un team di esperti ha deciso di monitorare gli effetti del freddo sul mio bioritmo, le mie connessioni neuronali e la mia mobilità articolare.
alla fine hanno rinunciato, sono andati a pranzo e mi hanno messo al collo un cartello con scritto "eddie is over capacity, try again in a minute

mercoledì 16 novembre 2016

i dinosauri compaiono sul pianeta terra circa 230 milioni di anni fa, e prosperano per 165 milioni di anni, riuscendo peraltro a fare molti meno danni che homo sapiens in cento anni.
homo sapiens infatti, si presenta a rapporto circa 200.000 anni fa, ma in realtà è poco più di 2.500 anni che scriviamo la storia di famiglia.
questo per dire che il nostro pianeta era piuttosto abituato a fare senza di noi: se paragoniamo la storia del pianeta ad un anno solare, homo sapiens compare sulla terra circa alle 23.56.15 del 31 dicembre (ma riesce già a rompere i coglioni prima di mezzanotte).
diciamo che non siamo così fondamentali per il pianeta terra.
ma per avere un’idea del ruolo del pianeta terra nell’economia dell’universo, tocca usare un’unità di misura un po’ particolare: la velocità della luce.
la velocità della luce è la velocità massima a cui può viaggiare qualcosa nell’universo (la velocità minima è trenitalia).
viaggiando alla velocità della luce, per arrivare dalla luna alla terra, ci mettete poco più di un secondo. per arrivare dalla terra al sole, alla velocità della luce, ci mettete circa otto minuti (ricordatevi la protezione 50).
per arrivare ad orbitare intorno alla stella più vicina al sole, dovreste viaggiare alla velocità della luce per poco più di quattro anni.
se invece voleste fare un giro al centro della galassia, alla velocità della luce, impieghereste più o meno ventiseimila anni (questo mette leggermente in discussione il concetto di “abitare fuori mano”).
per percorrere tutto il diametro della nostra galassia, alla velocità della luce (ve lo sconsiglio, perché non vi godete il paesaggio), ci mettereste all’incirca centomila anni (nel caso aveste molto tempo da perdere, dico).
le galassie però sono decisamente molte (diciamo circa cento miliardi) e per raggiungere quelle più lontane vi toccherebbe viaggiare per più di 10 miliardi di anni (è il motivo per cui le astronavi di passaggio non sono moltissime, e difficilmente troverete degli ufi di buonumore).
questo per dire che pensare che homo sapiens sia importante per questo universo, significa calcare un po’ la mano. 

lunedì 7 novembre 2016

(prove tecniche di religione – cronache di gattolicesimo militante)

in quel tempo, eddie salì sulla poltrona e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi gatti. prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
beati i mici, perché erediteranno la terra
beati quelli che hanno fame e sete di crocchini, perché saranno saziati
beati quelli che sono nelle piante, perché non avranno bisogno di sabbietta (em 5:1-5)

ho un problema con i meridiani sfasati
non è, come potrebbe sembrare, una questione di medicina tradizionale cinese.
cioè, potrebbe anche esserlo, per quanto ne so io, ma ultimamente non frequento molti cinesi tradizionali, quindi non saprei.
il fatto è che io vivo nel central european time (utc +1) mentre il mio corpo è settato sul fuso orario di capo verde e delle azzorre (utc –1) .
comunque poteva essere peggio, che so, tipo luang prabang o samoa.
alla fine capo verde e le azzorre sono una soluzione di compromesso abbastanza ottimale (è molto importante trovare dei compromessi con il proprio corpo), e poi boh, tutto sommato anche due bei colori.
poi sta anche arrivando l’autunno. se ne vanno le foglie, i tedeschi, le astronavi parcheggiate in doppia fila, la luce, una temperatura degna di un paese civilizzato, e altre cose che ritroveremo, immagino, fra cinque o sei mesi.
visto che a causa di una civiltà che si è evidentemente evoluta nella maniera sbagliata non posso andare in letargo, torno in ufficio a sniffare gli evidenziatori gialli

mercoledì 26 ottobre 2016

basso profilo. tutto quello che devi fare è tenere un basso profilo, e aspettare che l’universo si dimentichi di te. tra l’altro all’universo viene facile dimenticarsi di te, quindi hai delle concrete possibilità di riuscita.
tutto quello che serve, è non dare troppo nell’occhio.

sto guardando borussia dortmund - real madrid su rts deux (per essere esatti, la metà sinistra di borussia dortmund - real madrid; in quella destra c’è martina navratilova che lecca il televisore), mentre i tifosi del borussia cantano ininterrottamente da un’ora “rosamunda”.
dopo qualche minuto entro in una fase di trance ipnotica avanzata, molto simile a una teofania: mi appare il diorama (una divinità induista) di mariuccia medici che piange sinalco®, e mi si aprono le porte per la comprensione della realtà materiale a partire dal modello standard.
per chi non lo sapesse, il modello standard è la teoria fisica che descrive tre delle quattro forze fondamentali note della squadra di liegi, che sono la popolarità forte, l’organigramma societario e lo stade maurice dufrasne, conosciuto anche come stade de sclessin (unificato in stade dufrassin).
basato sulla teoria quantistica dei campi (quanti campi servono per giocare a calcio, a liegi?), le previsioni del modello standard sono state in larga parte verificate sperimentalmente con un'ottima precisione nel campionato belga, tuttavia, non comprendono la forza della squadra nell’ambito della champions league, per la quale non esiste ad oggi una teoria quantistica coerente (quante volte puoi giocare la champions senza vincerla?).
poi la consapevolezza sfuma, lentamente ma inesorabilmente, e mi rimane addosso un sottile velo di rimpianto, come se avessi appena cercato di acquistare oscar dertycia, o una confezione di pasta del capitano.

giovedì 6 ottobre 2016

solitario nella notte sta
se lo incontri niente ti farà
il suo volto è la serenità
pigro (lazy man), pigro (lazy man), pigro (lazy man).

misteriosa impassibilità
è un segreto che calmare sa
la lentezza e la tranquillità
pigro (lazy man), pigro (lazy man), pigro (lazy man).

è l'uomo pigro che lotta contro il fare
combatte solo la troppa attività
non ha paura riposa con furore
ed ogni incontro vincere lui sa
ma l'uomo pigro ha in fondo un grande cuore
combatte solo per la libertà
difende i miti, sa cos'è l'amore
il nostro eroe mai si perderà

venerdì 16 settembre 2016

c’è chi vede i fantasmi, c’è che sente le voci, io ultimamente sento dei fischi.
non del tipo che hai rapito l’arbitro e l’hai chiuso in bagno, più una cosa tipo hai lasciato il caricabatteria attaccato alla presa di corrente senza un dispositivo in carica e lui l’ha presa male.
poi occhei, anche le voci, ma quelle le ignoro (tranne quella che mi recita il salterio di egberto, quella è carina).
nel frattempo, come da tradizione, diluvia.
qualche tempo fa mi sentivo forte a tressette e avevo giocato con alcune divinità del clima. se avessi vinto, potevo avere un settembre caldo e soleggiato; in realtà ho vinto, ma sapete come sono le divinità del clima, no?
comunque esistono metodi per gestire la sconfitta, tipo il paradosso di parrondo (parrondosso) oppure basta vedere i lati positivi (io sono bravo a vedere i lati positivi, in una scala da 1 a 10 sono a livello pollyanna), ad esempio mica fa freddo, è solo che diluvia.
io mi infilo il mio costume da capitan harlock ed esco sulla tolda a lanciare segnali luminosi alle astronavi di passaggio

sabato 3 settembre 2016


lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
ma quello che non ho capito
è perché dovrei voler morire in fretta

(inserite un autore a caso, tanto per l'internet è uguale)


esco di casa e sulle scale vengo avvolto in una ragnatela di due metri quadri, e all’improvviso mi chiedo se tolkien abbia mai abitato a casa mia quando ha iniziato a scrivere di shelob.
qualche minuto dopo sono di nuovo in ufficio con la classica espressione contrita di un protozoo flagellato.
per simulare un elettroshock in grado di riportarmi al mondo reale infilo due dita nella presa (detta anche presa di coscienza) ottenendo però scarsi risultati.
con tutta probabilità mi sto lamentando, ma il mio cervello (come suo solito) non sta registrando l’operazione.
avere un cervello che lavora in autonomia, senza apparentemente informare il resto del corpo, è un vantaggio per alcune discipline sportive (quelle in cui il gesto atletico deve venire automatico).
molte di queste permettono di accedere ad eventi sportivi internazionali, in ordine di prestigio: universiadi, olimpiadi, geremiadi.
uno dei grandi risultati di questa estate (a voler essere precisi, l’unico grande risultato) è stato poter ripetere un numero di volte molto vicino ad infinito il mantra “solo puffin ti darà forza e grinta a volontà”, il che è quanto di più potessi chiedere dall’universo in questo momento.





lunedì 25 luglio 2016

è buio, piove e fa freddo.
sono le 10.41 di venerdì 22 luglio, in un paese italiano non ben specificato, in una fascia climatica decisamente sbagliata.
dalla finestra, sale un odore acre di caffè tostato misto a umidità diffusa.
il giorno dopo sto rincorrendo un paio di gnomi in giardino (che per l’occasione si è trasformato in una succursale del pantanal) quando una delegazione di ufi sotto le sembianze di bertoni e dertycia mi chiedono gentilmente di aiutarli a pronunciare correttamente feldschlösschen, che, oggettivamente, per qualsiasi abitante dell’universo che non sia di madrelingua tedesca non è così facile da pronunciare al primo tentativo. 
tranquilli, in genere neanche al secondo (feldschlösschen figura nel guinness dei primati come il primo prodotto che avrebbe necessitato di un rebranding ancora prima di essere messo in commercio).
il problema della comunicazione fra i popoli dell’universo non è di banale risoluzione.
nonostante alcune interessanti proposte, come il trasmutatore di wolinsberg (una sorta di interfono progettato da aaron wolinsberg, che funziona come google translator ma su scala universale) e i nuovi tentativi empatici di un’equipe di scienziati che attualmente abitano su una stazione orbitante intorno ad alnitak (che però non funzionano su homo sapiens, perché non ha il cervello sufficientemente sviluppato per provare empatia), l’unica soluzione percorribile è ancora quella di studiare una lingua straniera.
in questi casi, l’alcol aiuta.
non è affatto un caso che alcune religioni considerino la glossolalia un dono dello spirito.
ad esempio, dopo due o tre birre io parlo perfettamente tedesco. l'unico problema è che i tedeschi non mi capiscono, ma credo dipenda dal fatto che loro sono ancora sobri.


domenica 17 luglio 2016

Uno dei metodi migliori per non avere a che fare con i giornalisti italiani è quello di non avere un televisore.
Per lo meno è quanto sostiene il professor Alexander Pernenbrod, nel manuale “Aglio, amuleti ed altri rimedi contro le specie sgradite come ufi crudeli, arpie e giornalisti italiani” edito da Theoria.
Purtroppo, nella serata di ieri si è verificato un terribile errore, e mentre stavo cercando di salvare il mondo disinnescando un ordigno a tempo da un torneo di ruzzle, il televisore si è acceso autonomamente (alcuni televisori prendono iniziative) mentre era sintonizzato su un canale di news.
Il manuale di Pernenbrod, per emergenze del genere, consiglia di buttare il televisore in una vasca da bagno nei primi 5 secondi dall’evento, sennò il rischio di traumi aumenta a dismisura con il passare del tempo.
Sfortunatamente io ho una doccia, così, mentre cercavo disperatamente di staccare la corrente all’intero caseggiato, mi è capitato di sentire le notizie del momento, e a quel punto ero fregato.

Le notizie del momento che riferivano i giornalisti in studio erano essenzialmente due:
1. È in corso un tentativo di golpe in Turchia, l’esercito dice che ha preso il potere.
2. Il capo di stato turco dice che la situazione è sotto controllo e i golpisti la pagheranno.

Ora, non serve essere Aristotele per capire che le due affermazioni sono leggermente contraddittorie.
A questo punto, qualsiasi persona sana di mente direbbe: “Scusate, siamo un po’ confusi. La finiamo qui e riprendiamo quando ci siamo un po’ chiariti le idee, occhei? Magari evitiamo di dire minchiate. Grazie per la cortese attenzione, ci sentiamo più tardi”.
Il giornalista italiano medio invece no, decide di andare avanti con la tranquillità di un elefante strafatto di lsd in un negozio di cristallerie di murano.
Tanto cosa potrà andare storto? Ci sono le immagini.

Le immagini riprendono proiettili traccianti, aerei che sorvolano la città, si sentono rumori di spari.
Sfortunatamente, i traccianti non hanno la tag e quindi non si capisce chi spara a chi; gli aerei che sorvolano la città ma nessuno ha visto la targa, i rumori di spari inspiegabilmente in tv non si vedono.
Per il colmo della sfortuna, i cameramen hanno la strana abitudine di levare giorno e ora dalle immagini, quindi non si capisce che città stanno filmando, e soprattutto se sono in diretta o se stanno trasmettendo i festeggiamenti dopo il terzo posto ai mondiali del 2002.

Ma non importa, a questo punto si fa il giro delle analisi politiche degli esperti.
Perché un bravo giornalista ha sempre il numero di telefono di un esperto pronto ad arrivare in studio in cinque minuti. È un po’ come la pizza a domicilio, non sai mai quando ti può servire.
Per ottimizzare, l’esperto e il ragazzo delle pizze sono la stessa persona.

L’intervista all’esperto si svolge sempre nella stessa maniera:
- Giornalista: qual è la sua opinione su quello che stiamo vedendo?
- Esperto: non so, cosa sta succedendo, esattamente?
- Giornalista: non ne ho la più pallida idea, per quello chiedevo.
- Esperto: perfetto. la situazione è chiaramente fluida ed in evoluzione, bisogna considerare lo scacchiere occidentale e la risposta delle diplomazie a questi avvenimenti che non ho proprio idea di cosa siano ma se io vado avanti a parlare sotto le immagini non è che è importante quello che dico, lei mi interrompa urlando non appena le arriva una velina o qualcosa di simile, anche perché potrei essere il governatore dell’universo ma finché non so che diavolo sta succedendo tanto vale che parli a cazzo; magari ogni tanto dico parole tipo islamizzazione, violenza, Siria, terrorismo wahabita, che forse non c’entrano un cazzo con la Turchia, ma alla fine fanno sempre effetto sullo spettatore. E una margherita e due tonno e cipolle in via Mazzini. 
- Giornalista: grazie, ora è tutto molto più chiaro.

Nel frattempo, gli schermi passano le immagini della tv turca.
Purtroppo alla tv turca si ostinano a parlare in turco (in effetti è davvero strano) quindi in studio in Italia nessuno capisce un cazzo.
Ma poi all’improvviso, ecco una notizia certa: la tv turca è stata presa dai golpisti.
Infatti, due secondi dopo, la tv turca mostra il capo di stato turco che fa un comunicato dal cellulare (tipico dei golpisti, prendi la tv e poi trasmetti un comunicato del tuo nemico. Sono subdoli, i golpisti).
A nessuno viene in mente che magari i turchi hanno più di un’emittente televisiva, ma occhei, l’importante è dire cose a caso.
Finalmente però in studio si rendono conto che il capo di stato turco parla da un cellulare, ma non si capisce dov’è.

Quindi ecco come i giornalisti raccontano la cosa nelle successive due ore (ormai non potevo staccare gli occhi, ero come ipnotizzato):
- Esperto 1: beh, se parla al cellulare, evidentemente non ha più il potere, politicamente è finito.
- Giornalista: Erdoğan è sul mare di marmara.
- Esperto 2: le democrazie occidentali sono caute ma sostanzialmente appoggiano l’azione dei golpisti.
- Giornalista: Erdoğan è su un aereo diretto in Germania.
- Esperto 3: Erdoğan ormai è sconfitto, è una grande vittoria della democrazia popolare.
- Giornalista: Erdoğan è su un aereo diretto a Ciampino (evidentemente la merkel aveva judo).
- Esperto 1: Erdoğan su un aereo è tagliato fuori da tutto, la nazione è chiaramente in mano ai militari.
- Giornalista: Erdoğan è su un aereo diretto a Londra (è ovvio, a Ciampino non ci sono più treni per Roma a quell’ora).
- Esperto 2: finalmente si aprono nuovi scenari nei rapporti di forza del medio oriente.
- Giornalista: Erdoğan è su un aereo diretto in Qatar (evidentemente nessuno gli aveva detto che gli inglesi non sono più nell’unione europea).
- Esperto 3: Erdoğan che invita la gente a uscire in strada è patetico.
- Giornalista: Erdoğan è atterrato a Istanbul (il clima del Qatar, diciamocelo, fa schifo).
- Esperti in coro: Erdoğan ha sempre avuto il controllo della situazione, aveva il sostegno dell’occidente, è una grande vittoria della democrazia popolare.
- Giornalista: il pilota dell’aereo di Erdoğan consegue il primato del mondo dopo aver fatto quindicimila chilometri in meno di due ore.

Immagino siano andati avanti ancora per molto, ma a quel punto ero già steso sul tappeto in preda ad una crisi di nervi e sono definitivamente svenuto.

giovedì 16 giugno 2016

stavo viaggiando da qualche parte nell’iperspazio, quando vengo attratto da un fenomeno naturale noto ad homo sapiens come “riunione di condominio”.
la riunione di condominio è un evento spontaneo emergente, tipico dell’universo in cui viviamo, che si produce al verificarsi di due condizioni: a) sovrappopolazione b) totale negazione dell’istinto di conservazione della specie.
nel manuale del perfetto pilota di cargo interstellari di jan xropelsberg (edito da theoria) sono descritte le procedure da mettere in atto in caso di un evento spiacevole di questo tipo, che si configurano essenzialmente come: effettuare manovre evasive, attivare idonei dispositivi di occultamento, fingere di perire in un’esplosione intergalattica.
passo il resto del viaggio dietro una comitiva di tedeschi che stanno cercando un posto qualsiasi per vedersi l’europeo che abbia abbastanza riserve di birra da poterli sostenere in caso di un’improvvisa era di siccità del pianeta.
il lato negativo è che vanno a due all’ora per godersi il paesaggio (ma non mi sento di condannarli per questo); il lato positivo è che hanno targhe che sembrano nickname, tipo rott 35, nube 121, lipu 42.
alla fine uno ci passa il tempo.
ultimamente sto viaggiando pochissimo.
mi piace molto viaggiare, e vedere posti nuovi, e camminare un sacco, ma mica sempre si può fare.
mi piace molto il mare perché l’orizzonte è una linea dritta.
il lago, invece, l’orizzonte non esiste*, che hai sempre davanti qualcosa ed è come se ci andassi a sbattere ogni volta.
mi affascinano i grandi spazi, e un giorno mi piacerebbe provare a viverci, anche solo per pochi giorni**.
è interessante notare che io e altri 7 miliardi di homo sapiens intendiamo “grandi spazi” nel senso di deserti, oceani, grandi pianure: tipo boh, l’outback australiano, le steppe orientali, il sahara o il kalahari. ma provate a prendere un autobus fino ad alfa centauri (uno dei pochi autobus dell’universo in cui abbia senso dire “scendo alla proxima”) e avrete solo una vaghissima idea di cosa sono i grandi spazi.
altre cose bellissime di viaggiare sono che nel frattempo puoi leggere un sacco di libri e guardare il paesaggio (che sono due facce della stessa medaglia) e quella sensazione che ti prende quando stai tornando nel posto che chiami casa e, a un paio di chilometri di distanza, la vedi, incastrata nel paesaggio, appena più in basso del bosco, appena più in alto del lago.
non so se esiste un nome per una sensazione del genere, ma dovrebbe.


* lo so che in genere scrivo a caso e poi bisogna correggere, che avrei bisogno di un correttore di bozze, ma anche chissenefrega. però poi quando qualcuno mi dice ehi, ti sei mica accorto che questa cosa qui l’hai scritta sbagliata, allora io poi correggo. questo invece ci ho pensato prima di scriverlo, è un classico anacoluto, occhei?

** per questo motivo aspetto fiducioso le vostre donazioni, che se aspetto di avere dei soldi io, la cosa potrebbe farsi complicata

giovedì 19 maggio 2016

mercoledì mattina giro intorno al mercato officiando una cerimonia votiva in omaggio a una divinità identificata nella cultura locale come “nostra signora del parcheggio”.
devo ammettere, con scarsi risultati.
questo perché una preghiera non è altro che un algoritmo che ha scarsa presa sulla realtà e funziona solo nel proprio cervello. a volte nemmeno in quello.
invece gli algoritmi che hanno forte presa sulla realtà in genere vengono chiamati “scienza”, o “tecnologia”.
ciò non toglie che il desiderio di modificare la realtà sia innato in homo sapiens, specie quando non trova parcheggio, a prescindere dalla tecnologia che ha a disposizione per farlo.
se avete studiato nelle facoltà di filosofia o di psicologia, ora vi starete chiedendo cosa sia effettivamente la realtà, ponendovi le solite domande che hanno a che fare con l’ontologia e con l’esistenza del mondo esterno*. in pratica le domande a cui vi hanno abituato i professori delle vostre università e che, curiosamente, vengono sempre spiegate da gente che ha un reddito annuo pari a dieci il vostro.
le posizioni su cosa possa considerarsi reale (a parte la scala, il germano, e poco altro su cui i linguisti in genere concordano) sono molteplici e variegate.
alcuni gedankenexperiment (come i cervelli in una vasca, il duodeno in una doccia, la rotula in un tinello) sono volti a definire la natura problematica della realtà.
esiste una realtà esterna alla nostra mente? e nel caso esistesse, è possibile una realtà condivisa? (questa dovrebbe valere per i militari e i cambiavalute).
il professor alexander pernenbrod propende per una definizione forse poco elegante ma tecnicamente funzionale: se è indistinguibile dalla realtà, beh, allora è la realtà. fatevene una ragione.
inoltre, la realtà molto spesso è diversa da come ci appare (come vi dicevo prima, homo sapiens ha una tendenza innata a rifiutare la realtà; il che è utilissimo per la maggior parte dei suoi scopi, sia chiaro), ma questo è un altro discorso.
certo, queste informazioni vanno prese con le dovute cautele, altrimenti è un attimo ritrovarsi a cantare flower of scotland fuori dai pub, sdraiati su un muro**.

* se invece siete persone sane potete tranquillamente lasciar perdere la questione.
** io credo di poterlo fare, ma sto ancora attendendo uno studio scientifico che lo dimostri.

lunedì 9 maggio 2016

uno dei problemi più sentiti nell’epoca contemporanea dalle persone colte e sensibili ai drammi dei pianeta (dove per “persone colte sensibili ai drammi del pianeta” si intende ovviamente “io”), è il furto dei bidoncini dell’umido.
in genere funziona così: tu hai un bidoncino dell’umido (dove per “tu” si intende ovviamente “io”) e vivi felice e contento nel tuo universo dimenticato da dio e da tutte le altre divinità sane di mente, mentre i simpatici signori della raccolta differenziata vengono a ritirare l’umido due volte a settimana nei pressi del cancello di casa.
poi arriva la stagione turistica (dove per “stagione turistica” si intende “un paio di giorni di vacanza in cui non piove”) e migliaia di turisti di linguaggio e usanze più o meno compatibili con i tuoi si riversano nelle strade, e improvvisamente il bidoncino dell’umido sparisce.
la prima sparizione è durata una due giorni, e ho pensato che forse i bidoncini dell’umido hanno un festival, un raduno, un evento dedicato, o semplicemente a volte hanno bisogno di un po' di ferie.
la seconda sparizione, in concomitanza con un nuovo periodo turistico (una coincidenza? noi di voyager pensiamo di no) è durata una settimana.
solo che nel frattempo, a meno di non stare io al posto del bidoncino dell’umido (ci ho provato, ma è scomodo, specie quando piove), ho dovuto comprare un altro bidoncino dell’umido che, dannazione, viene 7 euri e 50 (occhei che vivo in posti dimenticati da dio, ma i supermercati esistono pure qui; e comunque ne era rimasto solo uno, rotto. ma l’ho preso lo stesso, per i motivi di cui sopra).
una settimana dopo il bidoncino dell’umido è ritornato dov’era, ligio al dovere come solo i bidoncini dell’umido sanno essere.
qualche tempo dopo, con l’avvento di una nuova stagione turistica, il bidoncino dell’umido sparisce per la terza  volta.
ora, come dicevo prima, nell’economia di una persona colta e sensibile ai drammi del pianeta, questo è un evento che tende a contrariarti (occhei, mai come trenitalia o poste italiane, ma insomma).
specie se ti era venuto in mente di scriverci sopra "non rubare mai mai mai mai, che poi muori, ho detto mai, no, neanche adesso, no, mai, insomma, come te lo devo dire maimaimai neanche per emergenza, neanche per sbaglio, che se lo rubi esplode il pianeta, immanentizzi l'eschaton, l'ecpirosi, il vaso di pandora, hai presente MAI, sennò ti cade in testa un pianoforte, sette anni di sfiga, le cavallette, milioni di cavallette? ecco. quello", ma poi non l’hai scritto, perché in fondo hai fiducia nel genere umano. e poi, diciamocelo, chi prenderebbe ordini da un bidoncino dell’umido?
lunedì scorso, dopo tre mesi di segregazione e isolamento in un posto sconosciuto (che potrebbe essere anche l’india, per quello che ne so io) quando il ponte del primo maggio è ormai volto al termine, ecco che finalmente il bidoncino dell’umido torna a casa.
quindi ho deciso di correre ai ripari.

giovedì 28 aprile 2016

whatsapp

xx: se va bene a tutti, per il compleanno di yy farei un mazzo di tulipani oltre al regalo. che colore i tulipani?
io: io farei un tulipano nero e una stella della senna
xx: sei un cretino

lunedì 18 aprile 2016

se hai raggiunto il nirvana, vuol dire che andava lento

l’universo nasce da una singolarità*.
a pensarci, è molto antisportivo da parte sua. uno impiega millenni a elaborare miti sulla creazione, e poi viene fuori che è solo una questione di energia, peraltro misurabile. insomma, poteva avvertire prima, mettere un disclaimer, qualcosa del genere “nessuna divinità è stata maltrattata per creare questo universo”. homo sapiens avrebbe potuto trovare maniere più creative per dedicare tempo alla propria estinzione.
in ogni caso, detto in altri termini, andando a ritroso nella vita dell’universo ci si imbatte in una singolarità in cui la relatività generale non è più valida, e da cui l’universo come lo vediamo oggi** ha avuto inizio.
tecnicamente, si potrebbe sostenere che tutto ciò che fa parte del nostro universo (spazio, tempo, materia, bancomat e pentole a pressione), abbia origine da quella singolarità.
secondo alcune teorie questo significa che ogni cosa è connessa, che tutto ha un’origine comune, partecipa dello stesso inizio.
quelli che ai non iniziati potrebbero sembrare una serie di eventi disconnessi, in realtà possono essere letti come messaggi di armonia universale, complicate strutture di interconnessione, o segni che preannunciano la fine dei tempi.
(nel caso vi interessi, altri segni che indicano la fine dei tempi sono: la compilazione del 730 online, la foto di mariuccia medici che piange sinalco®, l’arbitro che indica il recupero al quarto uomo).
quindi è fondamentale acquisire consapevolezza. percepire la singolarità che ci aleggia intorno, come la radiazione cosmica di fondo.
è a quel punto che arriva l’illuminazione, quel momento in cui sai che sei connesso all'universo, sai che l’universo sta comunicando con te, e vuole dirti qualcosa.
ma evidentemente non gli funziona la mail, oppure sta in un punto dove non ha campo.


* spesso per comodità divulgativa viene indicata come “big bang”, un termine peraltro controverso, come fa notare il professor alexander pernenbrod, nel manuale “aglio, amuleti ed altri rimedi contro le specie sgradite come ufi crudeli, arpie e giornalisti italiani” edito da theoria.

** in genere la maggior parte delle persone non vede l’universo. è già tanto se riesce a vedersi le scarpe. dicevo così per dire

sabato 9 aprile 2016

"Quarantadue!" urlò Loonquawl. "Questo è tutto ciò che sai dire dopo un lavoro di sette milioni e mezzo di anni?"
"Ho controllato molto approfonditamente," disse il computer, "e questa è sicuramente la risposta. Ad essere sinceri, penso che il problema sia che voi non abbiate mai saputo veramente quale fosse la domanda."
“Ma era la Grande Domanda! La Domanda Finale della Vita, l’Universo e Tutto” urlò Loonquawl.
“Sì” disse Pensiero Profondo con l’aria di uno che sopporta con pazienza gli sciocchi. “Ma la domanda, effettivamente, qual è?”

DNA

martedì 29 marzo 2016

mi sveglio e il mio collo ha una mobilità simile a quello di una giraffa. a patto di seppellirlo in una colata di cemento, dico.
per non dare troppo nell’occhio mi esercito nell’imitazione di amenhotep ii dopo la tumulazione, ottenendo il plauso della critica.
in compenso ho la gola così infiammata che un team di cartoonist (nella fattispecie la pagot-bancoma spa) sta pensando di ambientarci il remake di grisù. non sarebbe neanche male, se non si rifiutassero di pagarmi le royalty.
fra le altre cose, sta anche arrivando la primavera, quindi l’aria si riempie di tedeschi in ferie, ma soprattutto di microspore che invadono l’universo con la stessa noncurante baldanza dei tedeschi.
secondo la scala rast (un esame che puoi fare solo se prima ti sei ingraziato il negus), il mio livello di sensibilità a una sostanza che ora non sto a menzionare ma che confidenzialmente possiamo chiamare cryptonite, si attesta in classe 6, tendente alla classe 7 (le immagini hanno solo lo scopo di illustrare il valore della scala e potrebbero non corrispondere a quelle che avrebbe scelto il negus).
questo produce, in determinate circostanze, una trasfigurazione classificata come del tipo tabor 2.0, mentre da una nuvola di pollini esce una voce che dice “questo è l’antistaminico mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto”.
quando arriva sera provo pervicacemente a smaterializzarmi, ma non ottengo risultati apprezzabili.

giovedì 10 marzo 2016

aaron krophinberg, professore di matematica teorica alla libera università di sorengo (ti), sostiene che gli studi sull’olografia dimostrano che in realtà nell’universo tutto è uno. il che, occorre dirlo, oltre ad essere un mattone scientifico fondamentale a sostegno della teoria olistica, semplifica di molto i calcoli matematici.

è un periodo in cui sono molto impegnato, come tiene a farmi notare il monte di pietà.
nei ritagli di tempo, io e martinanavratilova ci dedichiamo all’esplorazione dello spazio-tempo, e in particolar modo alla ricerca di quel tipo di conoscenza dei varchi dimensionali che si ottiene mangiando dim sum al ristorante full moon di den haag (nl), al 24 di gedempte burgwal*.
studiare le aperture dei varchi dimensionali è molto utile per avere una visione globale della realtà, e soprattutto per non finire inavvertitamente nelle ztl dell’universo.
dopo alcune ore di meditazione trascendentale, otteniamo lo sblocco temporaneo del terzo chakra e mezzo** (essendo in una posizione centrale rispetto ai sette chakra tradizionali – nell'accezione più comune “chakra” è usualmente reso anche con “centro”, e indovinate qual è il centro dei sette chakra? –, riassume le tappe del percorso ascensionale verso la liberazione).
nelle dottrine orientali il terzo chakra e mezzo, detto anche “perplesso solare”, è la sede dell'ego non troppo sicuro di sé, e delle emozioni incerte.
le sue funzioni principali sono il dubbio, l’apertura mentale, l’inazione e la metabolizzazione della birra.
la parola chiave associata è: può essere***
accenni al terzo chakra e mezzo si trovano anche nella filosofia e teologia occidentale nella guida dei perplessi solari (e un po’ pazzi) scritta da moshe ben maimon nel dodicesimo secolo, e nelle opere minori di giovanni di salisbury****.
quando siamo stanchi ci sdraiamo sul tappeto a guardare le repliche di “uanathan, dimensione avventura”, proiettate sul soffitto. anche se devo ammettere che avere le travi a vista disturba un po’ la trasmissione.

* se intendete provate l’esperienza, non è detto che funzioni la prima volta. ci vuole un’adeguata preparazione spirituale
** in genere ci vuole una chiave del 12, ma può variare a seconda delle caratteristiche della persona
*** occhei, tecnicamente sono due parole chiave. ma tutto è uno, ricordate?
**** è il motivo per cui uno dei più grandi varchi dimensionali si trova nella cattedrale di chartres

martedì 23 febbraio 2016

allora, io avevo una vecchia postepei, occhei? occhei.
ora si dà il caso che debba usarla per una spesa minima (tipo 10 euri), da fare online su un sito in cui non si può usare la carta di credito, ma postepei sì (perché questa cosa accada nell’internet del 2016, è un mistero. un po’ tipo “come ha fatto la grecia a vincere un europeo?” o “perché la gente crede ai fantasmi?” oppure “perché duecento persone vanno in palestra la sera a fare attività fisica ma parcheggiano tutte in settima fila a meno di dieci metri dall’ingresso pur di non fare attività fisica?”. non c’è una ragione logica, è così e basta).
dunque, purtroppamente la carta è scaduta.
allora devi telefonare a un numero verde e provi a prendere la linea finché alla fine parli con un call center in cui specifichi che tu sei tu (per specificarlo ti chiedono il numero della carta, il codice fiscale, che lavoro fai, dove abiti, che scuole hai fatto) e alla fine ti mandano una carta nuova. occhei? occhei.
dopo un paio di settimane ti arriva la carta.
dopodiché puoi usarla? ma neanche per sogno.
devi telefonare (è già andata bene, potevano chiedere di mandare un telex) per attivarla (era in letargo? ha un chip a tempo? c’è un unico grosso pulsantone giallo da qualche parte sul pianeta che attiva le postepei? non si capisce bene).
quindi fai nuovamente il numero verde e provi nuovamente a prendere la linea, finché alla fine parli con un call center in cui specifichi nuovamente che tu sei tu (per specificarlo ti chiedono il numero della carta nuova, il codice fiscale, che lavoro fai, dove abiti, che scuole hai fatto, che fai nel weekend. no, dico davvero, mi hanno chiesto cosa facevo nel weekend. caro marco, se sei ancora interessato, alla fine sono andato a camminare nel bosco).
e, come per magia, la tua carta è attivata.
dopodiché puoi usarla? ma neanche per sogno.
deve arrivarti il pin.
anche il pin te lo mandano via posta, ovviamente, quindi potrebbe arrivare dopo due giorni come dopo due ere glaciali (un gruppo di esperti di posteitaliane aveva valutato il piccione viaggiatore, ma la proposta è stata respinta).
ma insomma, prima o poi il pin arriva.
occhei, aspettiamo il pin. (inserire qui il rumore degli eoni passati ad aspettare).
ma ecco che magicamente il pin si materializza nella cassetta della posta, e quindi tu sei il felice possessore di una postepei attiva con tanto di pin.
dopodiché puoi usarla? ma neanche per sogno.
devi abbinare un numero di telefono a quella carta (perché gli esperti di posteitaliane devono poter telefonare alla carta, per sapere se tutto va bene, e se ha indossato la maglia di lana).
occhei, quindi come si fa per abbinare un numero di telefono a una postepei?
DEVI ANDARE FISICAMENTE IN UNA DANNATA POSTA
allora, se volevate competere con trenitalia nella classifica del mio odio, ditemelo subito.
io mi iscrivo ai terroristi e poi mi faccio saltare in aria in un ufficio postale dentro una stazione.
(cara polizia postale, non dicevo sul serio. anche se ammetto che molte volte ho avuto il desiderio)

giovedì 4 febbraio 2016

sono in ufficio, impegnato nello studio di un modello di respirazione olotropica, quando all’improvviso squilla il telefono.
il metodo consiste nell’appoggiare la tempia destra sulla scrivania, avendo cura di interporre le braccia incrociate fra la testa e il ripiano della scrivania, poi chiudere gli occhi e armonizzare il respiro con il clock del computer per il resto del pomeriggio (non avrei dovuto spiegarvelo: poiché la pratica non è ancora stata adeguatamente sperimentata e inserita nelle discipline essoteriche, abbiate cura di eseguirla quando non c’è nessuno con voi in ufficio).
questi esercizi fanno parte di un training aziendale per diventare maestro di fotocopia e cintura nera di scansione, e io cerco di impegnarmi al massimo per ambire ad avanzamenti di carriera, o guidare in prima persona dei seminari di aggiornamento in un prossimo futuro.
ovviamente se il telefono squilla nel mezzo della pratica è oltremodo fastidioso, perché accelera pericolosamente il passaggio degli stati di coscienza.
è molto pericoloso perché, secondo gli accordi internazionali vigenti, per accedere ai diversi stati di coscienza occorre mostrare il passaporto di coscienza, e nella fretta capita che uno si dimentichi e si ritrovi una denuncia per immigrazione clandestina in stati di coscienza sovrani.
ad ogni modo chiamavano per una raccolta fondi promossa da un avvocato di lucerna, a capo dell’associazione internazionale delle vittime di candy crush, a cui ho risposto fingendo di essere una nutria.
diciamo che non è strano che squilli il telefono, mi chiamano quasi quotidianamente i call center di:

- un produttore di olio per una vendita all’ingrosso di olio toscano derivato dall’olio motore esausto;
- un’associazione che raccoglie fondi per gli operai del settore agroalimentare di un pianeta orbitante intorno a sirio;
- operatori telefonici che garantiscono 3 giga di traffico con una connessione telepatica per una somma a partire da 2 euro (per un massimo di 872 euro mensili, in caso di attivazione di alcuni servizi base, tipo usare internet);
- un allevamento di conigli rosa interessato a una sponsorizzazione annuale;
- un editore finanziato dalla polizia di stato che vende una versione del codice civile illustrato da gustav dorè;
- il comitato per lo sviluppo della coltivazione di oloturie che ha incaricati in zona pronti per ricevere una donazione.

finito la pratica esco dall’ufficio mentre il vento mi alesa le orecchie e cerco di arrivare a casa senza dare troppo nell’occhio.
la sera studio fenomeni di aderenza di molecole organiche al tessuto del divano, inserisco l’encefalo nello shaker neuronale, poi mi infilo a letto e scrivo mail, che però rimangono solo nella mia testa e non arrivano mai a destinazione.
essenzialmente perché il mio letto non ha un sistema di videoscrittura e non è connesso a internet (quindi forse ne approfitto qui: ciao manolo, ciao miru, ciao alf).

mercoledì 27 gennaio 2016

kenny skødrupp, ex docente di psicologia sociale presso l’università di eureka (west virginia), nel saggio “dieci, cento milgram: praticamente un dosaggio” sostiene che i gruppi di maggior successo siano quelli che non misurano il successo. e gli alcolici, ovviamente.
questa ricerca ha dato origine a diversi paradossi accademici, oltre che infastidire alcuni teorici calvinisti, ed è il motivo per cui ora skødrupp lavora in un pub di fairmont. in ogni caso, questo sembra avvalorare la sua teoria.
io mi sveglio intorpidito e mi accorgo che qualcuno ha messo l’universo in ghiacciaia.
può essere una buona cosa nel caso qualcuno voglia conservarlo per tempi migliori, ma certo non per chi fa il tifo per l’ecpirosi.
tifare per l’ecpirosi potrebbe apparentemente essere scambiato per un atteggiamento irresponsabile o di noncuranza. io credo invece che sia importante avere obiettivi, nella vita (pure se non si ha una reflex, dico).
a parte l’ecpirosi, io penso che quando sarò grande, non so, diciamo intorno ai 30* anni, la mia più grande ambizione sarà (esattamente come ora): essere lasciato in pace.
se c’è una cosa che mi ha insegnato l’esperienza è che uno dovrebbe non essere bravo in niente, per non rischiare di diventare famoso. a volte però non ci puoi fare niente, e devi accettare di essere bravo in qualcosa.
a quel punto dovresti tenere un basso profilo, non troppo da sembrare incapace, ma nemmeno da dare l’impressione di essere bravo.
perché se qualcuno se ne accorge e si sparge la voce, poi si incasina tutto, e tu ti ritroverai a pensare con speranza all’estinzione del genere umano molto più frequentemente del solito.

* il numero è a solo scopo illustrativo e potrebbe non corrispondere esattamente alle caratteristiche del prodotto

lunedì 11 gennaio 2016

oggi è ufficialmente la giornata internazionale delle cantanti pop statunitensi di facili costumi, e del teriomorfismo.
fonti governative interne al mio mesencefalo hanno già espresso la preoccupazione per la forte probabilità che questa ricorrenza venga replicata in molte altre giornate all’interno del medesimo anno solare*.
per rilassarmi, il giovedì sera vado al corso di cucina quantistica**.
il progetto dell’ultima lezione era un gâteau di patate che, a causa della funzione d’onda generata dal forno elettrico, potrebbe venire bene, ma anche male.
la particolarità di questa ricetta è che, anche calibrando gli ingredienti alla perfezione, è impossibile sapere se il gâteau è venuto bene o male, per saperlo occorre assaggiarlo a fine cottura. questo probabilmente accade anche per le altre cucine tradizionali, ma qui il problema è aggravato dal fatto che, a causa del principio di indeterminazione di heisenberg, se sai che il gâteau è in forno, non puoi sapere contemporaneamente la velocità con cui cuoce.
è il motivo per cui questa ricetta è conosciuta anche come “il gâteau di schrödinger”.
la sera io e martinanavratilova guardiamo un po’ il camino un po’ il footlball americano su prosieben maxx, dove blair walsh fa la figura del cioccolataio in mondovisione (ma se ti chiami come la protagonista di facts of life*** forse sei un predestinato).
dopo qualche ora di sonno, un comitato di esperti sancisce che è nuovamente la giornata internazionale delle cantanti pop statunitensi di facili costumi, e del teriomorfismo.

* o in qualsiasi tipo di anno scegliate di suddividere il vostro tempo.
** la cucina quantistica, chiamata così dalla frase “quanto sale ci vuole?” è nata per evitare i concetti di “quanto basta” che infestano le ricette di cucina. la cucina quantistica misura ogni singolo atomo di ingredienti, misurazione che viene riportata scrupolosamente nella ricetta.
*** in italia è conosciuto come “l’albero delle mele”, che ovviamente non c’entra niente con il film. in pratica è come se i produttori italiani avessero tradotto “lost” con “il postino”, “n.c.i.s.” con “mio cugino vincenzo” e “how i met your mother” con “e alla fine arriva polly”.

mercoledì 9 dicembre 2015

ho un’immagine di me a quattro anni, in cortile, con un cappotto da femmina* e un passamontagna rosso.
fosse stato adesso, avrei potuto essere scambiato per un terrorista islamico nano, con la cintura esplosiva sotto il cappotto. ma erano altri tempi e con tutta probabilità mi scambiavano per una brigatista nana.
credo che l’idea fosse proteggermi dal freddo, come se da un momento all’altro dovessi partire per la campagna di russia, e preservarmi da ogni male.
ovviamente sono diventato uno di quei bambini che, per non sbagliare, prendeva ogni malattia possibile: broncopeste, malaria, tisi, malattie esantematiche, raffreddori cronici, tonsille arroventate, otiti e laringiti a giorni alterni: i virus, probabilmente, tenevano delle riunioni in cui magnificavano i vantaggi che avrebbero ricevuto nel frequentarmi.
questo ha giovato molto alla mia cultura enciclopedica, ma molto meno all’irrobustimento del mio fisico.
nonostante abbia praticato molto sport, universalmente considerato un naturale antidoto alle malattie (non so bene su quali basi), con il tempo, non è che le cose siano cambiate granché: la mia coordinazione motoria è tuttora decisamente superiore alla media, ma il mio fisico resta gracile e delicato, e ho continuato a collezionare nuove e appassionanti sfide con diverse discipline mediche.
per ovviare parzialmente allo stato delle cose, ho dato una svolta netta alla mia alimentazione, passando all’uso dello zucchero di canna.
lo zucchero di canna è diventato per me uno strumento insostituibile per una corretta alimentazione, indispensabile per una vita sana e felice, e per nessun motivo al mondo potrei ritornare allo zucchero raffinato.
l'apporto fondamentale che lo zucchero di canna dà alla mia salute fisica e mentale si può riassumere con un'unica argomentazione: a prima vista, riesco a distinguerlo dal sale.


* quello passava il convento. è quella linea sottile fra l'essere poveri e l'essere trendsetter

mercoledì 25 novembre 2015

ho portato la macchina a rifare la frizione.
la prossima volta la porto da un parrucchiere, che mi costa meno.
due giorni dopo, mentre seguo da non troppo vicino una daewoo targata glarona, nell’abitacolo comincia a sprigionarsi un deciso odore di chiacchiere* e si materializza al mio fianco un’entità pandimensionale travestita da mediano del ferencvàros che mi preconizza l’arrivo di un fronte freddo.
il mattino dopo, mentre sto cercando il raschietto per il ghiaccio sul parabrezza, si materializza la stessa entità, solo che ora ha assunto le sembianze di un inuit ubriaco di birra giapponese che mi indica ridendo e mi saltella intorno continuando a urlare “asahi paraflu”.
io capisco che l’universo non è un luogo ospitale, specie da novembre a maggio.
non è solo una questione di latitudine: secondo pavel izmailov**, docente di strutture dissipative e processi irreversibili presso la pacific university di anchorage (alaska), la vita si è sviluppata in un universo inospitale e si è adattata a delle pessime condizioni solo perché è molto testarda e non è abituata a pensare sul lungo periodo (in realtà non è abituata a pensare affatto). questa mancanza di razionalità iniziale è decisiva, se solo si fosse fermata un attimo a pensare, avrebbe lasciato perdere.
la sera torno a casa, mi metto in spalla in calorifero (i caloriferi a zaino della eastradiator, mi sento di consigliarli), controllo che non ci siano ufi sotto il letto e mi chiudo nell'armadio.


* le chiacchiere non sono quelle che si fanno fra amici: questo blog ha un tasso massimo di surreale che per contratto non può superare. la parola chiacchiere si riferisce ai dolci tipici di carnevale che voi chiamate bugie se venite dalla liguria, cenci o strufoli se venite dalla toscana, cioffi se venite dall’abruzzo, frappe se venite da roma, galani se venite dal veneto, meraviglias se venite dalla sardegna, kwqjyqqerwtrsk se venite alpha centauri (è un dolce molto più comune di quanto crediate).
** da non confondere con l’omonima canzone di mell tillis

giovedì 5 novembre 2015

insomma, è ora di smetterla con questi stranieri, prendiamo atto che non possiamo accoglierli.
ormai siamo al collasso, si accalcano alle nostre frontiere, intasano le nostre strade, occupano i nostri parcheggi.
certo, fuggono dalla tristezza delle loro terre, ma non possiamo farci carico di tutti, basta con questa invasione di svizzeri e tedeschi liberi per le strade oltre frontiera.
che a me gli svizzeri e i tedeschi stanno un sacco simpatici, che, solo per fare un esempio, trasmettono lo sport, ma proprio tutto lo sport, e ci hanno telecronisti intelligenti, tipo nicolò casolini e christoph fuss, e chiunque abbia mai sentito un telecronista italiano sa cosa intendo.
e poi sono quasi tutti educati, mica voglio parlarne male.
però alla fine ti drogano il mercato, che sono disposti a pagare settecento euro un etto di prosciutto crudo e trentacinque euro una bottiglia di vino, e allora nei nostri supermercati i prezzi si adeguano alla domanda.
e li comprano pure se il prosciutto crudo in realtà è fatto con il tamburato della brianza e il vino è imbottigliato da una cantina sociale del burkina faso, così oltre ad avere prezzi proibitivi, la qualità dei nostri supermercati tende leggermente verso il basso.
ma soprattutto sono leeeeeeeeeenti.
che tanto loro stanno in ferie o in pensione, che gli frega.
invece tu arrivi alla cassa (che adesso il carrefour ha fatto questa cosa intelligentissima che la fila è unica, ti dicono loro dove devi andare, e non puoi scegliere tu, perché così “la fila è più rapida e mai più nessuno ti passerà davanti mentre sei in coda”), e ti trovi davanti una coppia del baden-württemberg che ha comprato così tanta roba che la densità nel carrello è tipo quella di una stella di neutroni, e in prossimità del carrello si curva lo spazio tempo.
e non hanno ancora messo niente nel nastro trasportatore della cassa perché non hanno ancora deciso se vogliono dei sacchetti e quanti, ma soprattutto perché non hanno idea di come si dica sacchetti in italiano.
allora la cassiera, che è abituata ad avere a che fare con i turisti stranieri, che qui alla fine ci sono solo turisti stranieri, per agevolarli gli dice "avete mica la tessera?"
loro sorridono, annuiscono, e rispondono "quattro, grazie".
la cassiera, comprensiva, dice "no, la tessera è una sola, possibile che non ce l'abbiate? non è che putacaso vorreste farla?"
e a questo punto inizia un dialogo serrato che può durare anche delle mezz'ore, e tu improvvisamente capisci dove deve aver preso l'ispirazione samuel beckett.
nel frattempo tutti quelli che erano dietro di te nella intelligentissima fila unica hanno già pagato, sono già usciti dal supermercato e alcuni stanno anche già cenando a casa, mentre tu sei lì, dietro i tedeschi, con una confezione da sei di acqua naturale e due spinacine, fino a che le altre cassiere smontano dal turno e il supermercato chiude con te e i tedeschi dentro.

venerdì 23 ottobre 2015

esco dall’ufficio e vago per le vie del paese in cerca della macchina.
da quando sono diventato socio di maggioranza e amministratore delegato di amnesy international, devo mantenere un ruolo istituzionale ben preciso.
durante il giorno alterno tentativi di suicidio mediante freecell con dei cicli di studi su una setta di albigesi medievali, che sopravvissero alle persecuzioni fronteggiando e respingendo le truppe cattoliche e per questo vengono chiamati dagli storici i catari frangenti.
per il resto, mi accorgo che sta arrivando il freddo perché al supermercato un giapponese travestito da inuit cerca di vendermi della birra urlando “asahi paraflu”, e all’ultimo controllo degli esami del sangue mi hanno estratto del freon.
mi sto convincendo di essere diventato ectotermo.
la sera arrivo a casa, accendo il camino, metto sullo stereo i capolavori di astor piazzolla (libertango, lexotango, orangotango) e mi infilo nella lavastoviglie.


leggendo qua e là, sull’internes, mi accorgo che sta per uscire questo libro. io non l’ho ancora letto, ma voi, sulla fiducia, compratene una copia

lunedì 21 settembre 2015

esco sul balcone dell’ufficio mentre i tecnici stanno installando la nuova cascata modello niagara falls, ma hanno un problema con la corrente.
rientro, e c’è philipp kohlschreiber* travestito da nano da giardino che mi sorride da dietro la fotocopiatrice. poteva andarmi peggio.
verso sera chiudo l’ufficio e torno a casa sotto il diluvio, grato all’universo per il clima gioioso ma soprattutto per il fatto di non avere un ombrello.
quindi salgo in auto grondante acqua come neanche nadal dopo una semifinale a flushing meadows**, arrivo sotto casa, spengo lo stereo e rimango in auto, aspettando che smetta di piovere.
dopo tre ore prendo in considerazione l'idea di bagnarmi.
dopo sei ore mi guardo in giro per vedere se trovo noè, e se in caso ha un ombrello da prestarmi.
dopo nove ore provo a farmi crescere le branchie o, in alternativa, trasformarmi in un organismo euribate.
dopo dodici ore mi viene sonno e mi abbiocco sul sedile.
dopo diciotto ore mi sveglio e constato che ancora non mi sono cresciute le branchie
alla fine giro l’auto e torno in ufficio

*per i tedeschi è semplicemente “kohli”, per tutti gli altri “escherichia kohli”
** ma meno ossessivo compulsivo


interno notte. buio. la tv è sintonizzata sulla rsi che trasmette la telecronaca di andrea mangia di fiorentina basilea

andrea mangia: i renani ora sembrano più reattivi
xx: chi sono i renani?
io: dei sovrani molto bassi
xx: …

giovedì 3 settembre 2015

non sarò certo io a dovervi spiegare che spazio e tempo non sono assoluti, ma dipendono dal sistema di riferimento dell’osservatore.
il mio sistema di riferimento insiste che è sabato. da più o meno sei settimane.
secondo alcuni fisici contemporanei, lo strumento matematico che consente il cambio di sistema di riferimento sono le trasformazioni di lorentz (in cui lorentz può assumere i valori di: matematico, giardiniere, numismatico, scoiattolo, mazinga zeta, mazinga altre lettere dell’alfabeto, suricato, divinità egizia, casalinga, rosa luxemburg, re di roma), ma sfortunatamente ora lorentz è in ferie.
però al suo posto c’è clara zetkin che distribuisce opuscoli informativi sulla seconda internazionale, in cui si prevede l’esonero di mancini e una trattativa per acquistare karl liebnecht da far giocare all’ala sinistra.
nel frattempo il mio cervello è impegnato in una sessione di lotta svizzera sul brünig mentre il mio corpo rimane in uno stato quantistico, fino a che non vengo misurato. a quel punto collasso sul divano.
fuori piove da due giorni, alternando temporali a spaziotemporali.
secondo alcune indiscrezioni, non dovrebbe smettere prima di marzo.

mercoledì 22 luglio 2015

io ed alcuni ufi di passaggio stavamo disquisendo dell’utilità di gente come astronauti, fisici teorici, astrofisici, nell’economia del pianeta terra.
voglio dire, tutti quei soldi sprecati per gente che va nello spazio solo perché ancora non è capace di andare nel tempo, gente che passa una vita intera a cercare il bosone di higgs, quando basterebbe stare più attenti a dove si mettono le cose, gente che manda una sonda su plutone quando evidentemente bastava inviare un sms.
insomma, gente che distrae tempo e risorse da quel grande progetto di estinzione della specie che homo sapiens sta portando avanti da secoli con grandi sacrifici. è quantomeno irrazionale.
poi finalmente ha smesso di piovere ed è arrivato il caldo (qui dura una settimana, tipo).
io cammino garrulo per le strade in pantaloncini e maglietta, socializzo con i cavedani durante brevi bagni al lago, e in genere sono felice così (a parte un tardo pomeriggio in cui ho cercato di inumarmi in un fusto della birra. ma non sono del tutto sicuro avesse a che fare con il caldo), perlomeno finché dura.
l’unico problema è che ultimamente non riesco a far capire a piccettino alcune regole base della normale convivenza civile e abbiamo iniziato una disputa sotterranea per la conquista del territorio.
non sono molto certo di poter vincere, anche perché io e un team di esperti comportamentisti siamo convinti che l'autorità, perché sia realmente efficace, non deve essere imposta, ma negoziata.
quindi vado su da www.usefultools.com e mi scarico una subroutine weberiana chiamata "carisma" direttamente nella ghiandola pineale. poi provo a installarla ma mi dà sempre errore di sistema.
per consolarmi la sera giro per le fiere e mi diletto con pratiche divinatorie leggendo il futuro nei fondi dell’autan.

mercoledì 24 giugno 2015

mi sveglio e sono insolitamente felice. forse perché il sole splende, forse perché per un po’ ho finito di farmi bucare varie ed eventuali parti del corpo ma forse anche perché ho passato i quarti di finale ai campionati di bestemmia creativa contro un ragioniere di oslo.
è un ottimo risultato per chi non è competitivo (se sei molto competitivo viene più facile, perché quando stai perdendo in genere ti arrabbi molto).
capisco che ad alcuni animi poco sensibili l’idea dei campionati di bestemmia creativa possa sembrare una cosa orribile, monotona e, in ultima analisi, blasfema.
niente di più lontano dalla realtà: i campionati sono molto vari e divertenti (ci sono moltissime divinità da insultare), si socializza molto, c’è da bere e comunque in genere nessuna divinità se la prende ad essere insultata.
voglio dire, è una divinità, no? mica si fa mettere in crisi da un essere insignificante qualsiasi, sennò che divinità sarebbe?
è un po' come se io sfottessi messi per come gioca a calcio

- leo, il tuo dribbling fa schifo
- oh no, mi hai ferito, ora vado nella mia cameretta a piangere! ma prima farò in modo che tu passi l'eternità in un campo da calcio in asfalto dove subirai falli da pasquale bruno fino alla fine dei tempi

siamo seri, su.
in effetti in realtà moltissime divinità si divertono. insomma, chi può apprezzare la creatività più di una divinità? ognuno di loro si è cimentato con una creazione, prima o poi.
certo, può essere che a volte alcune divinità in effetti se la prendono, ma questo significa solo che devono ancora lavorare molto sulla propria autostima.

ad essere sincero, lo spunto per questo grandissimo exploit (il ragioniere era molto quotato dai bookmakers) me l’hanno dato le persone che sono scese in piazza in difesa della famiglia naturale, così come voluta da dio.
allora ne approfitto per ringraziarli e dire a queste persone un paio di cose.
prima di tutto fate pace con il cervello: o è voluta da dio oppure è naturale. sono due cose diverse, a meno che non sosteniate che dio e la natura sono la stessa cosa. ma se il vostro parroco sa che siete spinoziani secondo me non la prende bene.
la seconda cosa che volevo dirvi è che mi sembra chiaro che su questo pianeta abbiamo un problema con la natura (in effetti chiamiamo “tonno al naturale” una scatoletta, non so se mi spiego).
allora vi farò una breve lista di alcune cose che non sono naturali:
i vestiti, gli occhiali, le automobili, gli ascensori, i computer, i coltelli, i soldi, i matrimoni (ebbene sì: a differenza di quanto credono alcuni, in milioni di anni di processi evolutivi nessuno ha mai visto crescere spontaneamente atti di matrimonio su piante di matrimonio).
se le cose innaturali vi innervosiscono, sono sicuro che troverete alcune caverne di montagna in cui inoltrarvi, coperti di pelli di animali, senza che nessuno vi infastidisca.
volevo però informarvi che la natura è una cosa molto complessa, e prevede la possibilità per gli esseri viventi di accoppiarsi sessualmente (o anche asessualmente) in molte maniere differenti, e che gli esseri umani sono naturalmente attratti da altri esseri umani, indipendentemente dal loro sesso.
quindi forse dovreste prendervela con la natura (o con dio, al limite), e in questo modo vi state tirando doppiamente la zappa sui piedi (zappa che in natura non esiste, comunque, quindi forse è occhei).
l'ultima cosa che volevo dire a queste persone è che, detto questo, preferirei comunque non avere mai a che fare con loro. certo, se mi rispondessero, se provassero a convincermi di aver ragione, forse arriverei alla finalissima molto facilmente. ma nella vita bisogna anche saper perdere.

mercoledì 17 giugno 2015

il meteo di questi giorni (la meteo, se siete svizzeri) alterna piogge a forti temporali con piogge violente, oppure brevi temporali di media intensità con piogge nella norma (un’opera di bellini) alternati a tempeste dove tutto piove in orizzontale (tranne i fulmini, che piovono un po’ come pare a loro), con alcune brevi pause di mezz'ora in cui smette di piovere e l'umidità ne approfitta per bussarti alla porta di casa e chiederti se hai da accendere, e dopo dieci giorni così non vedo l'ora di rifugiarmi in una foresta pluviale per avere un po' di clima secco e soleggiato. (lo so, è un periodo brutto e lungo. in effetti dura da dieci giorni, volevo rendere l’idea).
tutto questo mi ricorda che recentemente ho visitato un nuovo continente, per la precisione il terzo, in ordine di visita.
per chi non lo sapesse: comunemente è accettato che i continenti siano cinque.
gli studiosi in genere concordano di ignorare altre terre emerse o perdute, che alcuni chiamano continenti, come: la zona dei ghiacci australi (antartide), la zona detta dei deagostini (atlantide), la zona delle mucche (mu).
ci sono andato per un convegno su reti internet e autocrazia, organizzato da un gruppo di ufi rotanti* intitolato significativamente “l'header maximo”.
ci troviamo il mattino presso il molo di kadıköy, e usiamo un tool di monitoraggio del trasporto pubblico su nave fra le due rive del bosforo (i ferry del mestiere) per valutare il flusso passeggeri come un sistema caotico che inspiegabilmente si stabilizza intorno ad un attrattore strano a forma di gatto.
nel tardo pomeriggio degli ufi concorrenti mi abducono** una gamba, con il risultato che, ovviamente, cado.
perdere sangue sulle mura di costantinopoli in altri tempi sarebbe valso una medaglia, o per lo meno il comando di una goletta. oggi si vince al massimo del disinfettante e una pomata antibiotica, io ve lo dico.
a causa di questo incidente, decido di ritirarmi dal congresso e passo del tempo a girovagare per la città.
capisco che per la ricerca scientifica questo possa essere un brutto colpo ma, come dice il proverbio, chi è causa del suo mal pianga i primitives.


* è una confraternita esoterica dell’ufismo (in arabo “tasavvuf”).
** non dovete confondere abdurre (italiano) con abduction (inglese). la confusione dei due termini può generare incomprensioni, espressioni da vittima di rapimenti (abduck face), spostamenti di significato che causano l’effetto torre di babele*** (dal nome del re abducodonosor).
*** lo so che molti non se ne rendono conto ma, babele e babilonia, sono la stessa cosa. già non erano d’accordo sul nome, era inevitabile che succedesse tutto quel casino.