sabato 7 giugno 2003

ma torniamo al nostr...

ma torniamo al nostro argomento...scusate se oggi il post è lungo, ma il tempo ecc. ecc.


il principio di non contraddizione
aristotele difende il suo principio con questi argomenti: nessuno può negare questo principio, poiché negandolo si avrebbero opinioni contraddittorie. in soldoni: se qualcuno pretende di dire qualcosa che abbia un significato (uno qualsiasi) non può negare questo principio, altrimenti quello che ha appena detto non avrebbe alcun valore. ossia, per ritornare ai termini del nostro discorso, se non ammettessi che l'ente è incontraddittorio non potrei più esprimere una parola con un significato (che è esattamente ciò che si diceva prima); tutto ciò che direi non avrebbe senso se non pretendessi di dire come stanno realmente le cose.



il principio viene posto come primum logico e lo stesso aristotele dice chiaramente che esso è un postulato, ossia è indimostrabile. si può solo "mostrare" all'avversario che lo nega, che se egli dice qualcosa è in contraddizione, se non dice nulla possiamo pure disinteressarci a lui perché sarebbe simile a un tronco, o a una pianta. ora, aristotele evidentemente non ha detto nulla sul come comportarsi se questa pianta ci tira un pugno sulle gengive, ma questo è un argomento che riveste comunque una certa importanza...



il principio ha in effetti una sua validità, ma una sua validità esclusivamente logica. ossia, è chiaro che in logica esiste un primum irrinunciabile (altrimenti non si darebbe la logica ma un marasma incomprensibile), ma questo autorizza a passare dal piano della logica a quello della realtà?
in sede critica mi sembra opportuno segnalare che anche alcuni logici non sono affatto d'accordo con il principio di aristotele: in effetti la sua enunciazione presuppone il principio stesso (non potrei enunciare il principio se già non lo presupponessi) e ciò, secondo questi autori, lo rende dal punto di vista logico, assolutamente inutile ed infecondo.
uno dei problemi fondamentali è che in logica non può esserci nulla di vago. noi viviamo con quest'idea, che l'ideale deve trovarsi nella realtà; crediamo di che debba essere conficcato nella realtà. l'istanza descrittiva appare sollecitata e insieme oppressa dallo sforzo di leggere nella realtà ciò che noi stessi abbiamo bisogno di scrivervi. in altre parole si predica della cosa ciò che è insito nel modo di rappresentarla.


ecco il paradosso dei logici, quello di voler a tutti costi affibiare la logica all'ente, quasi che questo non possa funzionare diversamente. ma questa non è che l'ennesima forzatura per far rientrare la nostra visione in qualcosa di noto, che si possa in qualche modo controllare e sia, in una parola, estremamente tranquillizzante.
è un modo di forzare ciò che appare dentro uno schema preordinato, pensato a priori da qualcuno.
dunque può darsi che il principio di contraddizione non sia ontologicamente valido ma è logicamente necessario per salvare la comunicazione, quel tipo di comunicazione a cui siamo abituati.


piccolo koan zen


il maestro tai-hui aveva una canna di bambù in mano e disse ai suoi allievi: se la chiamate canna affermate, se non la chiamate canna, negate. ma lasciando da parte ogni affermazione e negazione, come la chiamereste?


risposta per chi non ha letto dall'inizio: siamo sicuri che fosse bambù?


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